Epilogo

2.9K 199 51
                                    

-Sei una grandissima testa di cazzo!- urlò Jen, sbraitando per l'ennesima volta contro di lui, attraverso il telefono: cosa che, da quando James era partito per Londra, il mese precedente, era avvenuta praticamente ogni giorno. -Sarei potuta restare io con i tuoi!- 
-Jen…- la rimbeccò Adam, traendo un profondo sospiro. La giovane rimase in silenzio per un paio di secondi, prima di riprendere a parlare, ma senza più urlare.

-Speravo che rimanesse. Ero convinta che tra di voi ci fosse qualcosa di speciale…- mormorò dispiaciuta.
-Nah!- esclamò Adam, cercando di ignorare la dolorosa fitta al petto che lo colse. Si sforzò di ridacchiare. -È stata solo un'avventura. Gran bel sesso, se proprio vuoi saperlo-
-Questo no, avrei preferito non saperlo- 
-Comunque, mi dispiace che tu non sia riuscita a trovare una buona scusa per trattenerlo qui-
-Io l'avevo trovata, Adam. Io l'ho trovata, anche se tu continui a fingere in questo modo, lo sento che stai piangendo- 

Adam si morse un labbro e decise di chiudere quella conversazione con Jen: inspirò ed espirò lentamente, guardandosi intorno.
-Sei qui!- disse il signor Grimaldi, uscendo dal laboratorio, raggiungendo il giovane nel piccolo cortile sul retro della pasticceria.
-Mi scusi, ho ricevuto una telefonata da...-
-Non hai bisogno di darmi alcuna spiegazione, Adam. Abbiamo finito per oggi-
-Okay- rispose il ragazzo, cercando di sorridergli. 

-Perché stai piangendo?- gli domandò poco dopo l'uomo e Adam si strinse nelle spalle. -Magari un dolcetto? Che ne dici? Per tirarsi su di morale?- 
-Prima o poi la mia buona stella mi abbandonerà e diventerò obeso-
-Nel frattempo… torta di frutta e crema?- gli chiese il signor Grimaldi, sorridendo. -È il tuo dolce preferito, o sbaglio? Dovrebbe esserne rimasta qualche fetta-
-La ringrazio, signore, ma in questo momento non ne ho granché voglia-

L'uomo inarcò le sopracciglia stupito. Gli premette una mano sulla fronte, appoggiandosi al suo fianco contro la cisterna dell'acqua. Adam rivolse uno sguardo scettico nei confronti del suo capo, mentre quello si concedeva qualche secondo per cercare di sentirgli la temperatura corporea.
-Sembra che tu non sia influenzato-
-No- confermò il ragazzo, sentendo un nodo stringergli la gola: la sua malattia era di ben altro tipo e sapeva che non ne sarebbe guarito facilmente; nessuno, inoltre, poteva aiutarlo a farlo. 

-Sicuro che non ti vada qualcosa di dolce?- insistette il signor Grimaldi e Adam trasse l'ennesimo respiro profondo, cercando di calmarsi.
-In realtà… ho un po' voglia di cioccolato-
-Tu?!- gli chiese incredulo. Il giovane scosse la testa, sorridendo imbarazzato. Allontanò gli occhi da lui, cercando di nascondergli la propria espressione. 
-Okay- disse l'altro. -Torno subito, ragazzino, aspettami qui- Adam annuì e subito dopo tornò a essere solo.
Si alzò dal suo appoggio, stese le braccia sopra la testa cercando di sgranchirsi. 
Sembrava che la sua vita avesse finalmente imboccato la giusta strada: il lavoro in pasticceria gli piaceva tanto e stava imparando un'infinità di cose, rispondendo agli insegnamenti del suo mentore con entusiasmo e passione. Era faticoso, impegnativo, ma tutto quello lo riempiva di soddisfazione e gioia.

Sua madre, grazie al nuovo piano terapeutico che Adam aveva potuto garantirle con la sua assicurazione sanitaria, sembrava stare un po' meglio, anche se gli episodi di follia improvvisa continuavano a tormentarla, di tanto in tanto.
Johnathon era fiero di suo figlio e Adam lo era di se stesso: rinunciare a James era stato difficile, ancora ne soffriva, ma era quello il suo posto, ne era certo.
Con il tempo, confidava che i suoi sentimenti avrebbero trovato modo di attenuarsi, sino a scomparire del tutto. 

Sentì la porta antincendio aprirsi alle sue spalle, producendo il suo inconfondibile rumore e si volse verso quella direzione, per andare incontro al suo capo.
Ma rimase come pietrificato nel trovarsi faccia a faccia con James Grover.

Rimasero a fissarsi per qualche secondo: Adam percepì la testa iniziare a girare, mentre quella sembrava riempirsi di palloncini. Si portò una mano a una tempia, socchiudendo gli occhi.
Poco dopo percepì il profumo inconfondibile di James riempirgli le narici.

-Non osare svenire, Steel- disse James, afferrandolo per i fianchi e avvicinandolo a sé con una certa violenza, facendo sì che i loro corpi aderissero alla perfezione.
-Che ci fai qui?- mormorò Adam, sentendo le gote iniziare a scaldarsi: il cuore prese a battergli così velocemente che temette stesse per esplodere da un momento all'altro.
-Ho aperto la nuova pasticceria a Londra- lo informò James.
-Congratulazioni- borbottò Adam, sempre più confuso.

James gli sorrise e il giovane spalancò gli occhi per lo stupore: il viso dell'altro sembrò rivelarsi a lui in tutto il suo splendore; luminoso, carico di gioia, arricchito da un sorriso vero, privo di ogni stupida arroganza. 
-Quindi… sono tornato- mormorò il pasticcere, accarezzandogli la punta del naso con la propria.
-In che senso?- gli chiese Adam.
James alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa.

-Lo vedi che mi fai incazzare?- sbraitò, riportando subito dopo il proprio sguardo su di lui. Il rossore sulle guance del giovane si fece ancora più incandescente. 
-Cosa ho fatto stavolta?- mormorò, sentendo gli occhi riempirsi di lacrime. James gli strinse il viso tra le mani.
-Scusami- sussurrò sulle sue labbra. -Non volevo spaventarti. Ma te l'ho già detto una volta, Steel. Tu mi hai sedotto e devi prenderti le tue responsabilità- 
-Ma… non capisco! Sei partito, te ne sei andato! Mi hai lasciato!- urlò Adam, allontanandolo da sé con una spinta e sentendo, tramite quel gesto, la sua pelle come strapparsi, nel perdere il contatto con quella dell'altro. Non l'aveva lasciato: non erano mai stati insieme, ma era stata proprio quella la sensazione che aveva provato, quando l'altro era partito per Londra, lasciandoselo alle spalle con apparente noncuranza. 

James strinse le labbra in una linea sottile, evidentemente incazzato. Lo raggiunse velocemente, trovandosi presto a un palmo dal suo viso. Si tastò la tasca, tirandone fuori un piccolo quadratino: lo scartò con gesti brevi e tremanti, per poi avvicinare la mano alla bocca di Adam. Il ragazzo sgranò gli occhi, rifiutandosi di obbedire, ma riconobbe subito il gusto sulla lingua e si trovò ad addentare il cioccolatino che l'altro gli aveva spinto tra le labbra. Prima che finisse di masticare, James lo baciò e furono di nuovo loro due, si ritrovarono: la stessa armonia selvaggia che li aveva uniti in passato parve tornare a imporsi, calamitandoli l'uno all'altro in un bacio che divenne presto famelico.

Adam perse ogni incertezza, trovandosi ad aggrapparsi alle spalle dell'altro mentre James gli stringeva la vita, tirando la t-shirt che indossava fuori dai pantaloni, infilando le mani sotto la stoffa, accarezzandolo avido.
Il giovane si staccò di colpo da lui, lasciando l'altro con le labbra schiuse ed entrambi con il fiato corto, a respirarsi l'un l'altro e tutti e due odoravano di cioccolato.
James gli sorrise, si morse il labbro inferiore, fissandolo dritto negli occhi.

-Credo che sia il momento di fermarci, prima che al tuo capo venga un infarto: metti che esca per sbaglio dal laboratorio…- disse, ridacchiando.
-Ti stai tirando indietro, Grover?- gli sussurrò Adam sulle labbra, in segno di sfida. L'espressione di James mutò ancora: gli strinse il mento con una mano, avvicinando maggiormente la sua bocca alla propria.
-Dio, quanto mi fai incazzare, Steel- e lo baciò di nuovo.

CHOCOLAT Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora