Capitolo 2. Battaglia navale

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«C'è una palestra da queste parti?»

Sentendo la voce di Charles, appoggiai il libro contro il petto, aperto sulla pagina che stavo leggendo, e lo guardai. Io ero spaparanzato sul divano, mentre lui in piedi davanti a me, con le braccia incrociate al petto e l'espressione seria. 

«Ciao anche a te Charles, io sto bene grazie e tu?» risposi ironico. Lui allora si girò e fece per uscire dal soggiorno, però io lo fermai in tempo, riprendendo a parlare. «La palestra più vicina è a Sarzana. Devi prendere il pullman per andarci. Dovrei avere gli orari in camera mia, da qualche parte».

«Il pullman?»

«Esatto, è quella cosa simile ad una macchina ma leggermente più grande e con molti più sedili...solitamente scomodi e sudici».

«So che cos'è un pullman!» disse spazientito. «Puoi darmi quei dannati orari?» chiese subito dopo, quindi io mi alzai e gli andai vicino, rimanendogli di fronte. Lo guardai fisso negli occhi e lui resse il mio sguardo per tutto il tempo, ma fu anche il primo a sbattere le palpebre.

«Dovresti essere più gentile».

«Con te? E perché mai? Mi tratti di merda da quando sono arrivato, come se ti avessi fatto qualcosa. Ammetto di aver fatto lo stronzo con molte persone nella mia vita, ma non credo tu sia su quella lista».

«Hai una lista?» chiesi ridendo. «Già il fatto che tu abbia una lista di persone che hai trattato di merda mi sembra un buon pretesto per essere trattato di merda a tua volta».

«Quindi non hai intenzione di darmi i stramaledetti orari?»

«Vieni», dissi oltrepassandolo e andando verso le scale. Mi fermai sul secondo gradino, guardandolo mentre si girava e veniva verso di me, seguendomi su per le scale.

Aprii la porta della mia camera facendola scricchiolare, quindi entrai e la stessa cosa fece anche Charles. Mentre lui si cominciò a guardare in giro, io cercai il foglio nel disordine generale che mi faceva compagnia ogni giorno. Non sono mai stato molto ordinato e mi andava bene così, perché nel disordine trovavo il mio personale equilibrio.

  «C'è davvero qualcuno che legge Kant?» chiese improvvisamente Charles, facendomi girare. Me lo ritrovai davanti con uno dei miei libri in mano, per la precisione Critica della ragion pura.

«Quello, ammetto che non mi piace, ma devo leggerlo», dissi ritornando a cercare nel cassetto del mio comodino. C'era davvero di tutto lì dentro, fuorché quel dannato foglio. Trovai addirittura una scatola di preservativi, che per la cronaca non sapevo nemmeno di avere. Un po' imbarazzato, li spinsi in fondo al cassetto, chiudendolo.

«La mia prof. di filosofia è fissata con Kant e vuole che lo leggiamo prima dell'inizio della scuola», gli spiegai alzandomi dal letto e avvicinandomi a mia volta alla scrivania. Spostai alcuni libri, trovando ciò che stavo cercando.

«Vai ancora a scuola?»

«Sì, sono al quinto», dissi porgendogli il foglio. Lui lo guardò, prendendolo. Nel farlo, le nostre mani si sfiorarono e non so se fu per questo o per la mia risposta, però lui sorrise. 

Analizzò gli orari, sbuffando subito dopo. Io rimasi a guardarlo con un sopracciglio inarcato e le labbra socchiuse, pronte a proferir parola. Charles però mi precedette. 

«Il prossimo pullman è alle sei». Ah già, mi ero dimenticato di dirgli che i pullman passavano ogni morte di papà, inoltre erano terribilmente lenti perché la strada era tutta curve, quindi ci potevi mettere anche un'ora a raggiungere la città.

«Oh, che peccato!», dissi alzando le spalle.

«Già, un vero peccato», sussurrò e il modo in cui lo disse, non so per quale strana ragione mi spinse a fare qualcosa di cui mi sarei sicuramente pentito l'indomani.

Serendipity in Love || Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora