Quello giusto

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Lei era sul letto, concentrata sui libri, lui le stava appiccicato cercando di distrarla in tutti i modi.
<< Sto cercando di studiare!>> Finse un tono scocciato.
<< Non adesso principessa, ora sta con me.>> Le strusciò la testa addosso imitando davvero un gatto, solo che lo fece sulla sua mascella e la fece arrossire notevolmente.
<< Non credevo avessi così bisogno di attenzioni. A saperlo mi sarei presa un cane.>> Scherzò spostandosi da lui.
<< Così mi ferisce gravemente signorina.>> Disse indignato.
<< Allora comportati bene, sennò ti rimpiazzo.>> Gli disse puntandogli l'indice al petto e fingendosi seria.
A quelle parole non poté non approfittarne per farle capire le sue intenzioni. Gliel'aveva offerta su un piatto d'argento la possibilità di aprirsi.
Le afferrò la mano per impedirle di muoversi e si portò il suo dito alla bocca, chiuse gli occhi e ci passò lentamente la lingua. Proprio come un gatto avrebbe baciato la padrona.
Poi lo baciò come invece avrebbe voluto baciare il suo labbro inferiore.
Aprì gli occhi e la vide paralizzata con gli occhi spalancati. Sorrise beffardo e si avvicinò a lei, sempre con la stretta sulla sua mano. Arrivò incredibilmente vicino al suo volto, più di tutte le altre volte. Sta volta le loro labbra si stavano sfiorando e lei non aveva forza di respingerlo. Le mancava proprio la volontà.
<< Voglio essere l'unico per te, mia principessa. >>
Il suo fiato caldo le sbatté sulle labbra che si aprirono poco, rispondendo al richiamo eccitante che era stata la sua voce.
Tutto questo non poteva finire bene. Cosa era preso a quel gatto? E perché lei si sentiva paralizzata?
<<ChatNoir io...>> Cercò di ribattere ma lui si spinse ancora di più contro il suo corpo, ormai quasi completamente steso sul letto.
<< Voglio solo sapere a cosa pensi quando sei sola. Se pensi a me. >>
Sussurrò di nuovo sul suo viso. Gli occhi da gatto la tenevano incatenata, ma doveva reagire in qualche modo. Non poteva lasciarlo fare indisturbato.
Si fece forza e gli sgattaiolò da sotto, via dal letto. Ora era in piedi davanti a lui che si stava alzando. Aveva lo sguardo serio, ma rilassato. Come se non fosse accaduto nulla.
<< Cosa ti prende Chat? Non essere così serio.>> Fece un passo indietro, cercando di sorridere per alleviare la tensione che sentiva accumularsi intorno a lei.
<< Ma sto parlando seriamente. In questi giorni insieme mi veniva spesso da chiedermi se quando sorridevi lo facevi per me. Quando arrivavo e ti trovavo a pensare sul balcone e a sorridere, era per me?>>
Si avvicinò ancora.
<< Cosa stai cercando di sapere in realtà?>> Si mise le braccia piegate sui fianchi. Si stava innervosendo e, lo sanno tutti, la miglior difesa è l'attacco.
<< Ho paura di aprirmi, ho paura che tu possa scappare via da me, sono terrorizzato perché magari sto affrettando le cose o le sto facendo più serie di quanto siano in realtà. Mi sento così stupido, principessa. >> Arrivò ad afferrarle la mano ma lei la ritrasse, quasi scottata. Sembrava davvero confuso, come se stesse chiedendo aiuto a lei per aprirle il cuore. Aveva solo paura di soffrire ancora.
<< Voglio essere davvero l'unico per te, voglio essere quello giusto. Ricordi il discorso dell'altra volta? Voglio tutto, non voglio rinunciare a nulla, voglio te. Lasciami essere...>>
<< ChatNoir, noi due siamo amici.>>
Abbassò lo sguardo così come la testa, non aveva il coraggio di guardarlo in faccia. Sapeva che se solo l'avesse fatto quegli occhi l'avrebbero lasciata senza difese e avrebbe ceduto ai colpi del suo cuore che martellava incessante.
Anche lui provava qualcosa per lei e, ovviamente, avventato ed incosciente, non aveva pensato affatto alle complicazioni.
Doveva cercare di mandarlo via, di allontanarlo. Per l'ennesima volta.
<< Non mi sono mai sentito così prima e sono sicuro che anche a te è venuto da chiederti se siamo più che amici.>>
Aveva ragione, anche lei se l'era chiesto spesso e la risposta sensata era che effettivamente erano più che semplici amici.
Tutte quelle risate insieme, le loro fotografie che avevano rimpiazzato quelle di Adrien sul muro, quel maledetto ballo sulla terrazza e la radiolina che avevano dovuto buttare perché era stata lasciata sotto la pioggia.
Ma lei non poteva permettersi di sentirsi in quel modo.
<< Non possiamo Chat...>> Le veniva da piangere. Lo stava deludendo di nuovo ma sta volta ricambiava i suoi sentimenti.
<< Cos'è che non possiamo? Si che possiamo, se solo tu mi dicessi che vuoi essere mia io...>>
Si bloccò vedendola scoppiare a piangere.
No, non era questo quello che voleva accadesse. Lei doveva essere felice e avrebbe dovuto baciarlo.
Si avvicinò a lei che si copriva il volto con le mani. Se la strinse a sé.
<< Mi dispiace Marì. Lo so che è complicato, che sarà difficile, che non potremmo parlarne con nessuno. Non voglio metterti in pericolo. Voglio solo stare con te e non doverti più vedere con quel tipo.>> Le diede un bacio sui capelli scuri e se la coccolò stringendola poco di più.
Ovviamente l'eroe sapeva di Luka e lei aveva capito la poca simpatia che nutriva nei suoi confronti, ma non credeva sarebbero mai arrivati a questo punto.
Lui alla fine quella ragazza l'aveva lasciata, si era dimostrato meglio di lei.
Ma per tutte le bugie dette, per l'inganno di una LadyBug che non era riuscita a stargli vicino e per tutti i motivi detti a Tikki...
<< Non possiamo...>> Lo allontanò premendo i palmi contro il suo petto.
Era devastata dal dolore di quelle parole. Mai come in quel momento il suo cuore sembrava essere andato in frantumi.
Perché niente era semplice?
E pensare che solo fino a qualche minuto fa stavano scherzando sul letto. Non sarebbe potuto essere sempre così? Senza stupide dichiarazioni d'amore, senza doverseli dire quei sentimenti. C'erano e si vedevano, ma nessuno dei due ne parlava o gli dava troppo retta.
L'espressione di lui era indecifrabile, tanto gli doleva il cuore. Si sarebbe voluto accasciare a terra e lasciarsi andare, aspettare che Papillon si accorgesse del suo dolore e lo costringesse ad operare  per lui. Ma forse a quest'ora della notte neanche lui aveva voglia di essere il cattivo.
Forse lui, che si approfittava delle debolezze altrui, era il più triste e debole di tutti. Forse poteva capirlo.
Prese il viso di lei tra le mani e se lo avvicinò a lui.
<< Solo per sta notte, principessa.>>
La baciò.
Fu un bacio umido, per via delle lacrime, bisognoso e disperato. Proprio come lui.
Ci riversò tutto ciò che aveva vissuto in questo ultimo periodo. Fu intenso.
Talmente tanto che lei si sentì trasportare in uno spazio tempo solo loro.
Per quella notte, poteva andare bene così.
Contraccambiò il bacio stringendo le mani ai lati del ragazzo, afferrandogli la stoffa della tuta.
Sarebbe mai potuto bastare?
Preso dal momento riuscì a prenderla per le cosce e a mettersela in braccio con le gambe ai suoi lati. La poggiò con la schiena al muro per aiutarsi a sorreggerla meglio. Non aveva intenzione di staccarsi dalle sue labbra.
Se lei ricambiava i suoi sentimenti, perché gli aveva detto di no?
Sentì le sue mani aggrapparsi ai capelli all'attaccatura del collo.
Portò una mano sulla parete, vicino alla testa di lei e premette ancora di più corpo contro il suo. Voleva sentirla addosso per tutte le volte che non avrebbe più potuto farlo.
Continuava a baciarla come se da questo dipendesse la sua vita. Non credeva sarebbe stato così il loro primo bacio. Aveva sempre e solo pensato alla dolcezza del momento, ma oltre a quella c'era desiderio e bisogno. Da parte di entrambi. La sentiva contro di sé, lo sentiva da come ricambiava quei baci appassionati.
La afferrò di nuovo con tutte e due le mani, voleva stare più comodo, la portò nel primo posto in cui poterla mettere seduta.
Trovò la scrivania.
Una volta poggiata lei strinse le gambe intorno ai suoi fianchi e se lo sbatté più vicino, lui percorreva tutto il suo corpo con mani sicure. Le accarezzò le cosce, i glutei e i fianchi. Si intrufolò sotto la maglietta ma si bloccò. Cambiò direzione andandole ad accarezzare la schiena.
Infondo era pur sempre un galantuomo e se lei non si fosse esposta tanto lui non avrebbe affrettato i tempi. 
Ma non gli bastava. Voleva di più. La sollevò di nuovo e lei gemette lamentandosi. ChatNoir sorrise tra le sue labbra a quel versetto.
Si chinò per lasciarla sulla chaise longue e gli si sdraiò sopra. I loro corpi aderivano perfettamente, le gambe di lei erano ancora piegate attorno ai suoi fianchi che si muovevano ad un ritmo scomposto. Neanche lui sapeva cosa stesse facendo e per quale motivo.
Non credeva che avrebbe lasciato dare sfogo a questo tipo di esigenze.
Lei alzò la testa per staccarsi dalle labbra del ragazzo, ma solo per riprendere fiato e lui ne approfittò per baciarle il contorno dolce della mascella e scendere fino al collo. La sentì produrre uno strano sospiro. Quasi riconducibile ad un gemito.
<< ChatNoir...>> Le sue mani lasciarono in pace i capelli del gatto nero e iniziarono anche loro a vagare per il corpo cercando un lembo di pelle scoperta a cui aggrapparsi per non impazzire. Ma non ne trovò. Era frustrante.
Entrambi sapevano di doversi fermare. Stavano davvero andando troppo oltre, non potevano lasciarsi andare a tutto quel desiderio.
Ma era più facile a dirsi che a farsi.
<< Marinette...>> Riaprì gli occhi e cercò di intercettare i suoi. Aveva il fiatone mentre cercava di riaccendere il cervello. Certo che lei e la sua espressione e le sue labbra ormai rosse e gonfie, non aiutavano.
<< Dovremmo fermarci.>> Le disse continuando però con i stessi movimenti e a darle baci sconnessi sulle labbra che lei lasciava separate per lui.
Era tremendamente difficile perché lui sarebbe arrivato fino in fondo, sarebbe arrivato a farla sua, ad essere il primo a prendersi tutto di lei, ma temeva che la ragazza potesse pentirsene e non voleva che una cosa talmente bella potesse essere vista come una vergogna. Una macchia da voler cancellare.
A quelle parole lei sembrò tornare in sé e si irrigidi fermando la corsa delle sue mani sulla schiena dura di lui.
<< Che cosa stiamo facendo?>> Si nascose il volto con le mani. Si stava vergognando da morire.
Il ragazzo si mise in ginocchio davanti a lei e le liberò il viso da quella gabbia di vergogna che aveva costruito. La guardò dolcemente e le sorrise per rassicurarla.
<<Non abbiamo fatto niente di male, Marinette, ma non andremo oltre se non te la senti.>>
Lei strinse le sue mani e si tirò su con il busto.
<<Non so neanche il tuo vero nome.>>

Scusate ma dovevo:

Scusate ma dovevo:

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