Solitudine

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Ora che aveva capito che lei era l'unica che avesse mai realmente amato, l'aveva persa, forse per sempre.
Non la vedeva da un mese e il suo umore comunque non era migliorato.
Il silenzio che lo circondava durante tutte le sue giornate era assordate, ma aveva davvero bisogno di stare solo. Accettava solo la compagnia di Plagg.
Continuava a fare il suo lavoro da modello e si teneva impegnato con le tremila cose che il padre gli organizzava. Ormai aveva raggiunto il doppio della fama, ma questo non era servito a fargli dimenticare lei.
Non aveva dimenticato nulla, nemmeno una singola frase che si erano detti. Quel bacio ancora lo teneva sveglio notti intere.
Si chiedeva spesso come stesse lei, se lo pensava mai, se piangesse di nascosto sognando lui al posto di Luka.
Anche se non si vedevano da tanto lui la sentiva sua, senza alcun diritto, ovvio, ma non riusciva proprio a capacitarsi di come potesse appartenere ad un altro e lui, d'altro canto, si sentiva inesorabilmente suo. Non sarebbe mai stato di nessun'altra, le apparteneva, anima e cuore. E più pensava a ciò che aveva scoperto quella sera, più gli scappava una risata ironica. Ciò che lo faceva scaldare tanto era la gelosia, ma lei amava lui. Adesso che stava con un altro si sentiva solo gelare.
Si chiese se avesse mai pensato al fatto che la sua scelta di allontanarsi era per lei, per non interferire ancora nella sua vita.
Si sentiva continuamente come se stesse per crollare da un momento all'altro o come un bambino che guarda volare via il suo prezioso palloncino, senza possibilità di recuperarlo, con il cuore stretto perennemente in una morsa dolorosa che a volte stringeva poco di più la presa, quando cercava di aprirsi e usciva fuori solo caos. Per questo preferiva la solitudine, talmente tanto da averla fatta diventare abitudine.
Quella sera non aveva voglia di rimanere tra le mura della sua camera, voleva scappare via da quella monotonia invadente.
Chiese a Plagg di trasformarlo, era da un po' che non accadeva, tanto che il Kwami aveva preso in considerazione l'idea di tornare dal guardiano e cercare una soluzione insieme, quindi accettò, anche se non era per sconfiggere il male, ma magari gli avrebbe fatto tornare un po' di spirito d'avventura.
Sgattaiolò fuori dalla finestra ed iniziò a girovagare per i tetti. Ne trovò uno su cui potersi sedere in tranquillità ed iniziò a guardare la notte vivere, con tutte quelle stelle e quella luna che non erano niente se paragonate ai suoi occhi.
Doveva smetterla di cercarla in qualsiasi cosa. Non si stava aiutando.
Sono a pezzi, se provassi a pensarlo più forte mi sentiresti?
Ovunque mi giro ti vedo, nel buio più assoluto sei la sola cosa che mi appare davanti.
S

ono completamente solo ad aspettare di riavere il tuo cuore, principessa.
Non mi sono più avvicinato a te da quella sera, non avrebbe avuto senso tornare, poi per dirti cosa? Non riuscivo nemmeno a guardarti negli occhi, pensa se ti avessi mai detto che quando lui apre le sue braccia per stringerti non è giusto, perché io ti amo molto più di lui e anche tu mi ami.
Se mi immagino lui che ti fa sdraiare su quel letto, milady, nelle notti che passate insieme, potrei morire.
Mi chiedo se, vedendomi di nuovo, ti lasceresti ancora andare tra le mie braccia, se saresti ancora disposta a salvarmi, come quella volta con l'akuma o come quando mi sono presentato per la prima volta sul tuo terrazzo senza sapere chi fossi.
Perché poi mi hai lasciato andare?
Il suo sguardo fu catturato da due figure che camminavano vicine e scherzavano tra di loro.
Per i suoi occhi da gatto era impossibile non riconoscerli.
Lui la prese per la mano e se la strinse tra le braccia.
Il ragazzo si sentì improvvisamente più debole, se fosse stato in piedi sarebbe crollato in ginocchio, come a pregare per la fine di quel dolore insopportabile.
Distolse lo sguardo. Non era masochista fino a questo punto.
O forse sì, perché alla fine cedette alla curiosità di seguirli con lo sguardo per vedere dove stavano andando.
Quando scoprì che la stava semplicemente riaccompagnando a casa, gli balenò per la mente l'insana idea di avvicinarsi di più a lei.
Se la conosceva bene, e credeva di sì, si sarebbe affacciata sulla terrazza prima di andare a dormire.
Aspettò, seduto sul comignolo più alto che si trovava dietro il balcone.
Dopo qualche minuto la vide salire ed avvicinarsi alla ringhiera. La sentì sospirare, sembrava triste.
Se fosse sceso avrebbe avuto il coraggio di abbracciarla e chiederle di nuovo di restare?
Gli era mancata come l'aria.
Guardò il cielo, come lei. Guardò la luce delle stelle e pregò che, anche lei guardandola, potesse pensare a lui.
Non riuscì a trattenere il sospiro e si maledisse portando le mani sulla bocca. Come poteva essere tanto stupido?
Lei si guardò intorno, ma non sembrava spaventata o confusa, solo sorpresa.
Sperava forse di vederlo?
<< Chat?>> Domandò timida.
Lui si gelò sul posto. Cosa doveva fare adesso? Scappare e fare finta di niente? O scendere da lei rischiando ancora di farsi più male. Marinette non avrebbe lasciato Luka ed era da egoisti cercarlo come se volesse veramente vederlo ancora. Cosa pretendeva ancora da lui? Non aveva più pezzi di cuore da darle. Si sentiva peggio di quando stava per essere akumizzato.

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