Niente dura per sempre

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Quassù era meraviglioso. Non ero mai salito fino al tetto di un palazzo così alto. Gli edifici più alti formavano una specie di montagna artificiale piena di puntini gialli come le stelle nel cielo che pian piano si accendevano. Solo una figura si stagliava davanti a loro, nascondendo la loro lucentezza: Aria.

Si era avvicinata al bordo con i pugni serrati, talmente stretti da fare diventare le nocche bianche. Guardava come ipnotizzata in basso. Era davvero strana. Lei era per metà umana e per metà uragano. Una metà che viveva per distruggere e una metà che cercava di sopravvivere.

Mi avvicinai di qualche passo e notai che stava tremando. Sembrava così fragile in quel momento. Come un pezzo di vetro già crepato. Bastava un tocco, un leggerissimo tocco e si frantumava. Cadeva in mille piccoli pezzi ed era impossibile ricostruirlo come prima, si sarebbe vista la differenza e ad ogni caduta sarebbe diventato più fragile e molto più difficile da ricostruire. Io volevo aiutarla a non rompersi più.

"Aria?" Chiamai. Sussultó girandosi verso di me. I suoi occhi azzurri in quel momento sembravano un mare in tempesta, onde immense si infrangevano contro gli scogli, si ritiravano e si infrangevano sempre più forte, a fare da compagno al vento fischiante.

Da quello sguardo capii che aveva bisogno di amore. Di qualcuno che le volesse bene, che la supportasse e che l'aiutasse. Dovevo fare qualcosa, così di getto senza neanche pensarci e seguendo l'istinto, la abbracciai. Le mie braccia avvolsero quel piccolo e fragile corpo come un'armatura. All'inizio credevo fosse confusa e non sapesse cosa fare perché rimase rigida. Ma poi si lasciò andare con la testa sulla mia spalla e le sue braccia strinsero delicatamente la mia vita.
Gli abbracci sono la cosa più bella di tutte. Mentre abbracci qualcuno puoi sentire il battito del suo cuore, per un momento tutto sembra così calmo e ti senti come se niente e nessuno potesse farti del male. Ecco, io volevo che lei si sentisse così, sicura tra le mie braccia.
Le massaggiai lentamente la schiena per farla tranquillizzare.

Dopo un periodo che mi è sembrato infinito si staccò dall'abbraccio e disse sorridendo e sedendosi sul parapetto con le gambe a penzoloni:"Grazie".

Credo fermamente che il sorriso sia l'accessorio più bello che una donna possa indossare. E il suo era meraviglioso, illuminava tutto quanto,  era ancora più luminoso delle luci dei palazzi lì vicino. Non riuscivo a distogliere lo sguardo, mi ipnotizzava.

Mi sedetti vicino a lei, un pò lontano dal bordo e chiesi:"Allora... Come mai ti chiamano Blackstar?"

Scosse le spalle e disse:"Ero stufa di farmi chiamare ladra"

"Solo questo? Credevo ci fosse una storia dietro o che magari fosse il tuo cognome"

Sospiró e girandosi chiese:"Ma perché lo vuoi sapere? Tu mi odi"

"Io non ti odio. È solo che mi fai arrabbiare per tutte le cavolate che fai. Dai racconta, voglio sapere di più su di te"

Era vero, volevo sapere chi era, cosa nascondeva. Era un mistero per me e io volevo scoprirlo tutto, come una sfida da superare.

"Va bene, ma poi dovrai rispondere alle mie domande" Disse risoluta e con un sorriso furbo.

Accettai e lei subito cominciò:"Ci sei andato molto vicino. Anche se non hai i genitori l'orfanotrofio ti deve dare un cognome e poi i genitori adottivi potranno decidere se cambiarlo nel loro o tenere quello. Bene, a me avevano dato il cognome Star perché ho una voglia sulla spalla che assomiglia ad una stella" Si abbassò la manica della felpa e della maglia che indossava, lasciando intravedere la pelle rosea con una macchia a forma di stella a cinque punte.

"Sai, fare il ladro non è mai una scelta. I miei genitori erano morti e non mi era rimasto nulla. In qualche modo ho dovuto cavarmela" Abbassò lo sguardo e quando credetti che non sarebbe andata più avanti lei continuò:"Erano dei bravi genitori, mi avevano adottata quasi subito, a qualche mese dalla nascita" Un sorriso le increspó le labbra, subito sostituito da uno sguardo triste.
Continuò:"Mi volevano bene, ma niente dura per sempre. Quando avevo 3 anni mio padre morì per un tumore e restammo da sole. Andammo avanti per un anno ma lei stava cambiando. Era sempre più stanca, non giocava quasi mai più con me e beveva, beveva tanto. Ogni giorno quando tornava da lavoro si buttava sul divano con qualche birra in mano e se le scolava tutte. Perse il lavoro molte volte e alla fine non lo cercò neanche più"

Cavolo! Non avrei mai immaginato un passato del genere. Un passato così oscuro e senza un'infanzia.
Le strinsi la mano per farle capire che le ero vicino.

"A volte vorresti solo farla finita, ma non ne hai il coraggio. Vorresti che nulla sia contro di te, ma ti sembra solo un alibi. E io non facevo eccezione. 
Siccome non arrivavano molti soldi dovetti cavarmela da sola. Avevo appena compiuto 7 anni quando iniziai a commettere piccoli furti nei negozi. Prima un braccialetto, poi una collana, un giocattolo, fino ad arrivare ai soldi, direttamente dalla cassa. Tornavo a casa sempre con qualche mucchietto di roba nelle tasche dei pantaloni. Poi iniziarono delle vere e proprie rapine, verso i 12 anni, nelle banche o nelle gioiellerie più fornite. Uscita sempre illesa da ogni furto.
Vedevi nei giornali sempre gli stessi titoli a caratteri cubitali: Ladra minorenne non identificata; Furto in banca; La ladra colpisce ancora. Ed è stato lì che volevo essere riconosciuta e temuta, così mi feci chiamare Blackstar".

Finì lasciandomi col fiato sospeso. Avevo tante altre domande da farle. Ma ora toccava a lei farmene una.

"Come mai vivi con dei vampiri? Dove sono i tuoi genitori?" Chiese incuriosita.

Sospirai. Nella mia famiglia era una specie di segreto. Nessuno doveva saperlo, tanto meno una ragazza appena conosciuta. Ma di lei potevo fidarmi, avrebbe capito.

Mi misi una mano nei capelli e dissi:"Sono degli amici dei miei genitori e vivo con loro perché i miei genitori sono via. Appena tornano ritorno a casa mia" Mi fermai lì, avrei potuto continuare ma non ce la facevo. Sperai non mi chiedesse altro ma le mie preghiere non furono ascoltate.

"E dove sono?"

Sospirai, potevo davvero dirle la maledizione della mia famiglia? Avevo paura. No, non dovevo dirglielo, o almeno non ora. Magari un giorno, ma non ora, così risposi con nonchalance:"Lavoro".

"Va bene... Ora tocca a te"

Non ci aveva creduto, ma decise comunque di continuare questo "gioco" rispettando il mio volere.

Le chiesi:"Come mai vivi per strada?"

"È da qualche anno che decisi di non avere più una famiglia. Da quando avevo 14 anni e mi accusarono di aver ucciso un bambino, il mio fratellino".

Rimasi scioccato. Non avrei mai pensato ad una cosa del genere. Come poteva una ragazzina sopportare tutto questo? Tutto questo dolore? La sua vita è stata un inferno.

"Da lì puoi immaginare che nessuno mi volle più, tutti mi credevano un'assassina"

Ricominciò a tremare, non potevo dire se per il freddo della notte che si stava avvicinando o per i brutti ricordi, ma le misi un braccio attorno alle spalle e le dissi in un sussurro:"Shh, tranquilla. Non andare oltre. Andiamo a casa, che ne dici?"

Annuí impercettibilmente e in un lampo la portai alla villa dei Bartholy.
Arrivati davanti alla sua porta le lasciai la mano e mentre stavo per entrare nella mia stanza lei mi fermò chiedendomi:"Dormi con me?"

Non mi aspettavo per niente una richiesta del genere, ma mi faceva piacere. Così accettai sperando di portare un pò di luce nella sua vita buia e dolorosa.

NOTA AUTRICE
Buona sera!
Vi è piaciuto il capitolo dal punto di vista di Luke?
Di che maledizione stava parlando?
Cosa ne pensate del passato di Aria? (Lo so, sono stata troppo crudele con lei 😂)
Alla prossima!

𝐁𝐥𝐚𝐜𝐤𝐬𝐭𝐚𝐫 - 𝐁𝐫𝐨𝐤𝐞𝐧 𝐒𝐨𝐮𝐥Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora