|| 6 Chapter ||

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I giorni passavano, arrivando ad diventare settimane.
L'inverno pian piano si scioglieva, per far spazio alla nascita della primavera, la stagione degli inizi. Il profumo della pioggia inizia a farsi sentire con il vento brezzo, con il calar del buio risveglia le lucciole per far risplendere il cammino alle creature della foresta, i boccioli iniziano ad aprirsi pian piano rilasciando attorno a loro il proprio profumo iniziando a richiamare le api, risvegliandole da un lungo sonno, lasciando poi dietro di sé il proprio tipico ronzio.

Durante i giorni soleggiati, il ragazzo trascorreva le sue giornate passeggiando tranquillamente tra le piccole e poco affollate vie del villaggio; quasi sempre accompagnato da una ragazza: Alehandra, che aveva l'incarico di occuparsi di lui.

Era una semplice ragazza. Essa era la sorella dell'Alpha, una giovane beta uguale al fratello: presentava una carnagione bronzea, baciata dal sole, capelli scuri e ricci, morbidi al tatto e vellutati come seta, gli occhi come la corteccia degli alberi presenti attorno a loro; quest'ultimi, il fratello gli aveva di un verde intenso, uguali alla pietra malachite, e quest'ultima la portava come ciondolo al collo.

Essa, aveva il compito di seguire il ragazzo, conoscerlo più a fondo e cercare di instaurare un amichevole rapporto di fiducia e di lealtà, se per caso avrebbe preso in considerazione l'entrare a far parte del branco come un definitivo membro di esso.

Un nuovo giorno arrivò e con esso un piccolo e minuscolo pezzo di puzzle si formò e si agganciò insieme ad altri, tremanti; e tra un granello e l'altro, la clessidra continuava ad andare.

Quel giorno l'omega era solo.
Prima di lasciarlo andare a osservare come al suo solito e gironzolare per le strade, la beta lo avvertì di avere un certo impegno, urgente, non possibile da rimandare. Dopo averlo raccomandato, come di sua consuetudine, su alcune regole non molto essenziali ma comunque da rispettare e seguire, corse via come una furia verso il centro del villaggio. Al centro di esso c'erano gli esclusivi alloggi dei precedenti Alpha capobranchi, e di quello attuale; ognuno con le rispettive famiglie fuori da quella zona solo per pura protezione verso esse.

La giornata passò tranquilla. Gli abitanti del villaggio svolgevano tranquillamente le loro mansioni, mente lui passeggiava indisturbato tra le varie vie. Ammirava ogni particolare dai vari chioschi e bancarelle, colorati e profumati, alle case sia quelle di legno a quelle di pietra, rimanendo ogni volta sorpreso di come le rifiniture ben intagliate, rendevano ogni casa unica nel suo genere rendendola elegante e raffinata.

Arrivata la sera, quando il sole con i suoi raggi lasciavano il proprio posto nel cielo all'adorata Luna, si avviò per andare in piazza ove si teneva ogni sera del falò. Attorno a esso si radunavano tutte le persone: quelle che preferivano stare quegli ultimi momenti della, lunga e pesante, giornata fuori a riposandosi al contatto con la natura; certi preferivano andarci per semplice compagnia anche per scambiare di tanto in tanto qualche chiacchierata; altri invece ci andavano per prendersi un po' di fuoco per le proprie case.

Mentre osservava le fiamme scoppiettanti davanti a sé, producendo quel tanto di calore di cui lui vi fu privato per tutta la sua esistenza, tutta la sua vita gli passò avanti, in particolare gli venne in mente quel strano periodo in cui stava vivendo tranquillo.
In quei giorni, scoprì molte cose su se stesso, tra cui quella di essere come tutti quelli del villaggio: licantropi, esseri mutaforma che potevano variare il loro aspetto da quello di un essere umano a quello di un lupo, di cui predisponevano di varie gerarchie, tra cui uno di essi faceva parte lui stesso.
Un paio di giorni successivi, dopo essersi ripreso per quella notizia, iniziò la sua vita da zero. Trovò una piccola casetta accogliente, conobbe Alehandra, che gli insegnò molte cose del mondo attorno a loro lasciandolo ogni volta meravigliato e sorpreso per tutto quello che lo circondava. Iniziò di nascosto, ad allenarsi sia nella sua forma umana sia quella canina, o almeno provava a mutare la propria forma, ma per quel momento sapeva fare solo le cose basi.

A distrarlo dai suoi pensieri fu una mano sulla spalla.

Immediatamente si rannicchiò per terra, le braccia a coprire la testa, il respiro accelerato, le pupille aumentate, il costante tremare, le orecchie bianche abbassate sul capo mimetizzate tra i capelli, il fremere del petto, la testa  pesante e l'uscire dalla gola pianissimi suoni tipo uggiolii diventando sempre più udibili. Quel comportamento significava solo una cosa.

"mi sta venendo una crisi come quella volta... No. Ti prego non farmi male..."

Gli uggiolii divennero quasi insopportabili a sentire. Continuavano ad aumentare e ad essere più insistenti.

A rinsavirlo dai suoi pensieri fu una voce bassa e mascolina.

<<Hey, hey. Tranquillo. Non ti faccio nulla, non ti toccherò più. Ti chiedo scusa se ti ho spaventato, non era mia intenzione. >> lo aiutò ad rialzarsi in piedi.

Occhi negli occhi. Il giovane si perse ad ammirare quelli dell'Alpha, così chiari ma allo stesso tempo così scuri, anche loro con addietro un passato.

<<Ehm... >>le gote gli si tinsero di rosso, volse i suo sguardo altrove, pur di non affogare in quelli bicolore del ragazzo.
Sentendo degli sguardi curiosi puntati su di loro, lasciò la presa dal polso e dalla vita, e si allontanò di qualche passo per dar spazio all'omega.
Notò che rispetto alla prima volta in cui si incontrarono, fosse meno ripugnante e pauroso verso il contatto fisico.

Una volta definitivamente in piedi, si rigirò verso il fuoco.
Gli altri tornarono alle loro cose, lasciandoli indisturbati.

Pace e armonia, gli aleggiava attorno.

Dopo qualche minuto, assorto nella beatitudine della tranquillità, l'uomo iniziò nuovamente a parlare con quel suo tono virile che faceva vibrare qualcosa all'interno del suo petto.

<<Come ti chiami?>>semplice domanda, ma che lui non poteva rispondere.

La persona di fianco continuò a parlare, puntando anch'esso lo sguardo sulle fiamme.

<<Sai, é da un po di tempo che sei nel mio branco, ma non hai mai spiccato una parola o rivelato la tua identità... E mi chiedevo il perché>>

Rimase in silenzio, in sottofondo il scoppiettante fuoco e le voci di altre persone che come loro due si godevano l'armonioso suono delle fiamme insieme al suo calore.

Dopo qualche secondo, ad attendere la risposta, proseguì.

<<Lo so che alcune cose sono nuove per te ma->> decidendo di spostare il suo sguardo sul ragazzo, si interruppe immediatamente nell'esatto istante in cui lo vide con le mani tenersi il collo, con un'espressione disperata e triste.

La testa si muoveva da un lato all'altro, annuendo negativamente, facendo volteggiare i candidi capelli creando delle scie luminose come piccoli diamanti incastonati tra quei lunghi fili di capelli morbidi e profumati.
L'Alpha rimase imbambolato a guardarlo, ammaliato da una bellezza così pura ed innocente; gli occhi verdi lo fissavano con una scintilla particolare, mai provata prima.

Cos'era quel strano sentimento? Disagio, o forse qualcos'altro mai provato prima?

Il ragazzo vedendo lo sguardo persistente sul proprio volto, lasciò cadere le braccia ai fianchi, sentendo pervadersi il corpo di un'immensa vergogna, umiliazione e tristezza.

Avrebbe tanto voluto dire qualcosa, comunicare le sue frustrazioni a qualcuno, il potersi confidare con una certa persona, una persona che si guadagnò una parte del suo puzzle.

Scappò via correndo, per quanto gli permettessero le cicatrici. Un passo dopo l'altro di allontanava dall'uomo che gli diede una possibilità.

Rintanato a casa, diede sfogo a tutte le sue frustrazioni accumolate in tutti quegli anni.

Il mattino dopo si svegliò con il cuscino ancora bagnato, il collo con ancora i segni delle proprie mani e il naso gocciolante.

Nuovo giorno. Nuovo pezzo. Un altro granello.

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