Capitolo tre

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Le volte successive in cui Draco si presentò fu sempre maniacalmente in orario. In alcuni casi anche in anticipo. Era in trepidazione, con Potter si sentiva stranamente in sintonia, come se in ogni caso e in ogni situazione potesse comprenderlo. Si incontravano sempre allo stesso orario, al Lago Nero, anche se non sempre si rivolgevano verso il capo da Quiddich. Passavano gran parte del tempo a parlare, anche se non sempre occorreva utilizzare davvero le parole. Volare liberi sopra la struttura di Hogwarts, stringere tra le mani la scopa legnosa, memore delle sfide che li avevano visti protagonisti. Spesso si ritrovavano a parlare di vecchie partite di Quiddich, ogni pensiero inopportuno lontano dalle loro menti. Anche l'aria sembrava entrare con più potenza in quei giorni, come se in quei momenti potessero davvero respirare.
«Potter, posso farti una domanda?» disse, Draco, girando lentamente il capo nella sua direzione. Erano entrambi distesi sotto un albero nella foresta proibita. Incredibilmente non erano più spaventati da quel luogo, che inconsciamente, li aveva resi più forti e più uniti. Vide con la coda dell'occhio il capo di Harry muoversi su e giù, rispondendo affermativamente alla domanda. «Certo, però ad una condizione, Malfoy» disse, mettendosi steso sul fianco, per guardarlo meglio. Nel buio della sera era ancora più difficile distinguere le sfumature degli occhi chiari di Draco, eppure ancora una volta provò a carpirne ogni pagliuzza. Il biondo lo imitò, parandosi di fronte a lui. «E quale sarebbe, sfregiato?» chiese, il sopracciglio destro inarcato ed un sorriso malizioso sulle labbra. Quella sera Draco gli era sembrato diverso, e aveva un buon motivo per farlo: il ragazzo si stava comportando in modo più sciolto, non più rigido nella posizione eretta. Era il suo tentativo di mostrare fiducia al ragazzo, ma c'era una motivazione ben diversa, nascosta tra le viscere del ragazzo, che non avrebbe mai ammesso a nessuno. Draco Malfoy, dal loro primo incontro, si era sentito sempre più bisognoso di rivederlo. La pace e la comprensione che aveva ritrovato nella compagnia di Potter erano insoliti e sconosciuti al ragazzo, eppure in un certo senso anche tremendamente giusti. Come se Draco fosse destinato a sentirsi a suo agio con Harry, come se fossero fatti per trovare l'uno nell'altro un punto di tranquillità. Per questo motivo si lasciava sempre più spesso guidare dall'istinto, che una volta tanto non gli gridava di correre via. Harry sorrise all'adorabile nomignolo che il biondino gli aveva affibbiato, più perché sapeva non vi era nessuna traccia di offesa che per aaltro. «Voglio che inizi a chiamarmi con il mio nome, Draco» sussurrò, avvicinandosi ancora di più al corpo dell'altro. Erano da una spanna di distanza, ancora una volta, e i loro respiri si condensavano insieme nel freddo di quella nottata.
D

raco lasciò uscire un piccolo sbuffo dalle sue labbra, per poi concedergli quella piccola soddisfazione. «Allora, Harry, mi chiedevo... perché hai deciso di rendere quest'incontro un appuntamento fisso?» chiese, non lasciando neanche per un attimo i suoi occhi. Voleva saperlo, doveva saperlo.
«Perché mi sono trovato bene con te, Draco. Inspiegabilmente. Sento di poter essere me stesso con te, fino in fondo» ammise, Harry, arrossendo per l'imbarazzo che quella piccola confessione gli aveva causato. Vide distintamente un dolce sorriso aprirsi sul volto del biondino, come se si sentisse pienamente d'accordo con lui. «Sai... da quando sono tornato in questa scuola, più volte mi sono chiesto se avessi fatto la scelta giusta. Certo, Blaise e Pansy sono degli ottimi amici, però io-» si fermò, guardando un punto lontano come se stesse cercando le parole giuste per esprimere il suo pensiero.
«Ti sei sentito intrappolato, come se nessuno sapesse realmente chi fossi» continuò per lui, Harry, lasciandolo senza parole. Sospirò, girandosi nuovamente con la schiena contro le radici dell'albero. Si lasciarono cullare dal silenzio della notte, rischiarati dalla luce della luna. Erano in pace, come se in quell'attimo le loro anime si fossero congiunte per raggiungere un luogo lontano dalla realtà.

*

I

loro incontri erano diventati periodici, un tentativo giornaliero di sfuggire dalla realtà. Certo, non sempe avevano la fortuna di incontrarsi costantemente, di fuggire e rifugiarsi l'uno nella comprensione dell'altro. E quando ciò accadeva, gli attimi che li separava dal prossimo incontro erano difficili da afferrare. Il tempo sembrava scorrere lentamente, dilaniando e annientando nel profondo i due. Per questo motivo, quando Harry avvisò Malfoy che i loro incontri sarebbero cessati per un po', a causa degli allenamenti di Quiddich, Draco si era sentito un po' morire dentro. «Certo, tranquillo, capisco» disse, con un tono più freddo e distaccato del solito. Sapeva, razionalmente, che Harry avesse ragione: era il capitano, doveva essere concentrato al cento per cento. E Draco, d'altra parte, era fuori dalla squadra sfidante, per una sua volontaria scelta, non c'erano scuse che spiegassero la sua presenza sul campo. Eppure il ragazzo si era sentito ugualmente offeso, ferito, anche se non lo avrebbe mai ammesso pubblicamente. Sfortunatamente per lui, Harry aveva capito la motivazione del suo malumore, e aveva cercato di rassicurarlo, fallendo miseramente.
«Potrei... potremmo incontrarci dopo gli allenamenti, anche se sarebbe difficile spiegare-» fu fermato dalla mano di Malfoy che si era alzata, per poi posarsi sulla sua bocca, zittendolo. «Non sono incapace di stare da solo, Potter. Posso sopravvivere senza vederti per un paio di giorni» e senza neanche lasciare ad Harry la possibilità di replica, se ne andò, lasciandolo da solo sulla riva del Lago Nero. Non erano riusciti neanche a passare quell'ultima serata insieme, ponendo fine ad essa ancora prima che iniziasse. Harry si trattenne dal corrergli dietro e trattenerlo ancora un po'. Sapeva quanto Draco fosse ferito, e sapeva ancora meglio che un Malfoy ferito, era più pericoloso di un Malfoy arrabbiato. Per questo motivo si lasciò deprimere dalla situazione, in generale, rimanendo lì fermo, a guardare le acque del Lago Nero.

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