Capitolo 9

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"Ciao mamma, io esco."
"Ciao tesoro, a dopo."

Esco di casa velocemente.
Come ho già detto Michael non ama aspettare.
Lo vedo proprio di fronte casa mia, girato di spalla.

"Ciao Mich-"
Si gira verso di me e non riesco a finire la parola perché mi blocco alla vista di un Michael Clifford con dei nuovi capelli rossi fuoco.

Non ero riuscita a vederli prima, perché ha un berretto, però ora da vicino si vedono eccome.

La cosa peggiore è che li stanno dannatamente bene.

Rimango a fissarlo incantata, perché per quanto possa essere acido, stronzo e antipatico, è davvero un bel ragazzo.

"Che c'è? Se vuoi una foto basta chiedere." dice il rosso con un ghigno.
Abbasso lo sguardo imbarazzata.
"Comunque ciao anche a te, Belle." continua lui sempre con quel maledetto ghigno.

Ci incamminiamo e io non riesco a smettere di guardare le mie scarpe.

Poi mi ricordo.

"Michael, ma vieni alla festa sabato?
"Ho già detto che non lo so." dice alzando le spalle.
"Ma perché? Cioè hai qualcosa da fare?" chiedo.
"No, semplicemente non so se ho voglia di venire o no."
"Strano, io seriamente pensavo fossi un tipo da feste, musica e alcool."
"E ti ripeto che pensavi male."

Vabbè lasciamo stare.

"Beh, che mi dici? Com'è andata oggi a scuola?" chiede il tinto.
"Bene."

Sinceramente non mi va di parlare.

"Tutto bene? Sei silenziosa."

Certo, fai tanto il gentile solo perché sei costretto e non perché ti interessa seriamente, ma va tutto bene non preoccuparti.

Forse era meglio non dire così, anche se era la verità.

"Si, tutto ok." rispondo semplicemente.
Per il resto del tragitto non diciamo niente, io continuo a guardare davanti a me e lui si limita a guardarmi.

"Michael perché mi stai fissando?" sbotto io fermandomi.
"Perché sei strana, di solito non sei così."
"Certo, perché tu sai come sono, giusto?" chiedo io ironicamente.
"Belle, ti conosco da quando avevi 5 anni, certo che ti conosco abbastanza bene."
"Ah si? Strano perché anche io ti conosco da quando eri piccolo, però non riesco mai a capirti. Prima sei stronzo, poi dolce, poi triste, poi di nuovo dolce." dico io veloce.

In tutta risposta lui alza gli occhi al cielo e riprendiamo a camminare.
Dopo altri 5 minuti di silenzio arriviamo alla gelateria, ma ancora non è arrivato nessuno.

È ovvio, mi è venuto a prendere mezz'ora prima e la gelateria dista solo 15 minuti da casa mia a piedi.
"Ci sediamo?" chiede.
"Ma non sono ancora arrivati." dico.
"Cosa vorresti fare allora? Stare in piedi per altri 15 minuti?" chiede ironico.
"Non è colpa mia se qualcuno è venuto a prendermi mezz'ora prima."

"Non è colpa mia se di solito sei lenta come una lumaca a camminare, ma oggi sei stata più veloce."

Okay, è vero, però comunque non è colpa mia.

Non rispondo e rimango appoggiata al muro della gelateria.
"Senti io mi siedo." dice lui sedendosi in un tavolo da due, che sta qui fuori.
Per quanto vorrei sedermi anche io, decido di aspettare i miei amici.
Per fortuna arrivano dopo un paio di minuti e ci salutiamo con un abbraccio di gruppo.
O meglio abbraccio di gruppo senza la testa colorata.

"Michael non fare l'antipatico e vieni qui ad abbracciarci." dice mio fratello.
Lui alza gli occhi al cielo e borbotta qualcosa come un vaffanculo e si alza venendo verso di noi.

My medicine || Michael Clifford Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora