Mi sveglio. Nonna non c'è. Lei si alza presto tutte le mattine per occuparsi del bestiame e dei cavalli. Deve avermi semplicemente cullata per un po' ed essersi defilata nella notte.
Vado in bagno lavandomi la faccia con acqua fresca per cercare di svegliarmi ed alleviare il gonfiore degli occhi dato dal pianto di ieri sera. Mi lego i capelli in una treccia laterale che finisce all'altezza del mio seno. Ho i capelli molto lunghi, e riesco a mantenerli così da quando nessun parrucchiere ossessionato dalle doppie punte ci mette le mani sopra.
Indosso un top di cotone con le bretelle sottili e un paio di jeans. Gli stivali sono al piano di sotto così scendo. Afferro dalla cucina un pancake ed esco alla ricerca della nonna.
Fuori trovo Liz e Georgia che si stanno occupando delle mucche da portare al pascolo, nonna invece è nella stalla dei maiali a dare loro la pastura.
«Nonna» la chiamo.
«Alla buon ora tesoro» sorride girandosi.
«Scusa, ho preso i ritmi newyorkesi» ammetto grattandomi la nuca «C'è qualcosa che posso fare?» dondolo sui miei stivali sperando che mi dica di no, così da potermi occupare di Thunder, il mio bellissimo puro sangue bianco. Da quando me ne sono andata ho ricevuto solo qualche foto, e mi si è stretto il cuore sapendolo da solo.
«Dovresti occuparti delle galline, dare loro il margine, e poi puoi andare da Thunder» sorride pronunciando il suo nome. Sa benissimo quanto io tenga a quel cavallo.
Salto in aria battendo le mani per la concessione di nonna, che infine era anche prevedibile perché loro sono in piedi dalle quattro di mattina per occuparsi del Ranch. «Grazie nonna» trillo abbracciandola e dandole un bacio sulla guancia paffuta.
Corro dove teniamo le galline e con un secchio lancio loro il mangime al mais. Noto delle uova depositate sulla paglia, così entro per prenderle e metterle nelle solite scatole di cartone che teniamo sempre nei paraggi per poi portarle in casa. Le lascio sulla mensola di legno dalla quale le veniamo a prendere al bisogno. Ed ora corro da Thunder, con la pelle frizzante come scossa da elettricità.
Eccolo lì, bello, nel suo box. «Quanto mi sei mancato» esclamo quasi con le lacrime agli occhi mentre gli poggio una mano sul muso e la mia fronte sulla sua. Lo sento respirare tranquillo, mentre io dentro sono emozionata ed agitata al tempo stesso di rivedere il mio cucciolo. Sospinge il muso contro il mio viso per mostrarmi che è felice, e una lacrima mi sfugge davvero
«Hai visto? Non ti ha dimenticata» sento dire. La voce è di zia Veera.
Mi volto e le sorrido «Chi si è occupato di lei quando non c'ero?» domando continuando ad accarezzarla.
«Io principalmente. Lo portavo al pascolo, gli facevo fare i suoi giri di trotto e galoppo, lo pulivo e lo sistemavo nel suo box tutte le sere» mi dice avvicinandosi ed accarezzandogli il collo.
«Mi è mancata tantissimo» ammetto.
«Anche tu sei mancata a noi Ronny» dice avvolgendomi un braccio attorno alle spalle.
Sento un nodo alla gola così cerco di cambiare conversazione. Voglio andarmene da qui «Posso portarla a fare un giro?»
«Ma certo. Vuoi che ti aiuti a prepararla?»
«No, ce la posso fare da sola, grazie» dico sorridendole, mentre mi tocca una spalla con fare apprensivo e se ne va, lasciandomi da sola con Thunder, l'unica che non mi avrebbe mai abbandonata.
Prendo il sotto sella, la sella di pelle, le redini e i para stinchi. La preparo di tutto punto parlandogli come se fosse una mia amica che non vedo da tanto, anche perché sotto sotto è così.
«Sai a New York stavano cercando di farmi diventare una di quelle modelle super unte e liscia che vedi nelle riviste patinate quando non vai dalla parrucchiera» ridacchio tra me e me «Non c'è stato giorno in cui non pensassi a te, a cosa stessi facendo, se papà ti aveva venduto solo perché eri il mio cavallo...» a questa ipotesi nitrisce. Mi metto a ridere perchè è come se mi avesse capita.
«Allora è vero che te ne sei andata perché avevi bisogno dello strizza cervelli»
Sussulto. La voce ormai la riconoscerei da lontano «Wilson, che diavolo ci fai qui?»
«Sono venuto a portare il fieno» dice appoggiandosi con le braccia conserte alla porta di legno del box del mio puro sangue.
«Bene, hai fatto? Puoi andartene»
Con un sorriso impertinente rimane lì, a fissarmi. Roteo gli occhi e sbuffo, apro la porta con un calcio e lui si ritrae mostrando di avere i riflessi pronti.
«Calmati Miller, ero solo passato a fare un saluto» sorride, alzando le mani in segno di difesa.
«Saluto non gradito» ribatto con un sorriso falso, facendo uscire Thunder dal box.
«Che c'è, lo strizza cervelli non ti ha insegnato anche le basi della socializzazione?» ghigna.
Mi avvicino ad un centimetro dalla sua faccia ed incazzata ringhio «Tu non sai un cazzo di me, perciò vedi di farti gli affari tuoi!» mi volto facendo sbattere la treccia sulla sua faccia. Con uno slancio monto in sella, do due piccoli colpetti di tallone a Thunder e ce ne andiamo verso le steppe qui vicino al nostro Ranch.
Adoro la libertà che sento quando sono a cavallo, il vento tra i capelli, la pelle che si rinfresca sotto al sole cocente estivo, la mente che non pensa ad altro se non ai paesaggi meravigliosi che ti sfrecciano accanto.
Mi fermo vicino ad un piccolo laghetto per far bere Thunder mentre anche io riprendo fiato, e lo accarezzo complimentandomi per la corsa. É tutto così tranquillo e meravigliosamente silenzioso.
Mi erano mancati i paesaggi così verdi, la quiete, gli uccellini che cinguettano e le cicale che si fanno sentire ma non vedere.Ero solita venire qui per scrivere sul mio diario, per non pensare a niente e lasciare defluire i pensieri dalla mia mente.
Quando torniamo indietro, dopo una lunga passeggiata vedo ancora Wilson, piantato dentro al box di Thunder a sistemare il fieno.
«Potevo farlo tranquillamente io» dico stizzita mentre porto il mio bellissimo stallone nella sua camera di legno.
Lo sento sbuffare e non rispondermi. Non ho intenzione di rivolgergli la parola nemmeno io, così svesto velocemente Thunder, decidendo che tornerò a pulirlo quando questo odioso essere decerebrato se ne sarà andato dal posto in cui gradirei rimanere da sola.
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LAST
ChickLitOgni gioco prima o poi viene guardato con occhi diversi. Da piccoli è tutto innocente, poi si cresce e quell'innocenza non c'è più. Voleva giocare al gioco della mela, come si faceva da bambini... Quel gioco mi ha distrutta e mi ha cambiata per sem...