Le sedie sono sopra i tavoli, le uniche luci accese sono quelle a led, dietro al bancone.
Con una mossa agile Caleb salta dall'altra parte e prende due bicchieri ed una bottiglia di Jack Daniels. Era da tanto che non bevevo alcolici, anzi da quando sono tornata non ho neanche visto una bottiglia, nemmeno da lontano. E pensare che a New York ogni venerdì sera, ed ogni altro giorno della settimana essenzialmente erano ottimi giorni in cui ubriacarsi ed essere felici, o perlomeno questo è ciò che Cassy credeva.
«Quindi era questo il tuo piano?» mi chiede Caleb dopo aver alzato il bicchiere come ad accennare ad una sorta di brindisi.
«Essenzialmente sì. Fare vergognare i miei genitori è già un bel passo avanti» sorrido cercando di riprendere fiato «E sapendo come sono pudici i miei, ho senz'altro fatto centro» dico appoggiandomi al bancone con gli avambracci. «Anche se so che tornando a casa, farò la fine della principessa rinchiusa nella torre».
Versa il liquore nei bicchierini spingendone uno verso di me, l'altro lo butta giù con una facilità tale da far sembrare quel liquido ambrato acqua.
Poi si ferma a guardarmi, come se stesse ponderando varie opzioni che gli frullano nella testa dopo ciò che gli ho appena detto. Mi guarda con una luce strana negli occhi, poi esordisce con un «Non è detto. E se scappassimo?»
Lo guardo confusa. Dice sul serio? «Caleb Wilson, credevo reggessi molto meglio l'acol, non mi aspettavo iniziassi a sparare certe idiozie dopo un solo bicchiere di Whisky»
«No, dico sul serio. Prendiamo il mio pick-up e ce ne andiamo fino a che non inizi l'università» versa un altro bicchiere, per poi poggiare la bottiglia e tornare a guardarmi.
«Cosa ti fa pensare che io voglia scappare con te?» alzo un sopracciglio «Il semplice fatto che ti abbia baciato e per giunta solo per un'infantilissima ripicca contro uno dei tanti comportamenti ingiusti di mia madre nei miei confronti?» Quello che mi ha appena detto mi riporta alla mente ciò che è successo prima che me ne andassi. Non vorrei ma ora ho paura.
Mi guarda come se fosse affranto. C'è la possibilità che le mie parole possano averlo ferito, e non credo mi dispiaccia nemmeno. Non so da quando sono diventata così incurante dei sentimenti e delle emozioni altrui, e non so nemmeno se questa sono davvero io.
Fa per parlare ma lo fermo subito «Io rimango qui, nonostante questa cittadina sia per me un luogo in cui mi manca l'aria, ma sarà per poco ancora. Sopporterò le torture dei miei genitori, e solo e se diventeranno insostenibili, me ne andrò...» sospiro «Da sola» aggiungo infine.
Lo sguardo di Caleb è confuso e accigliato. Rimane con le mani appoggiate al bancone come se non riuscisse a capire il motivo per cui ho avuto questo cambiamento repentino «Ed ora scusami ma è già tardi, devo andare».
Scendo dallo sgabello e raggiungo la porta. Sento le falcate di Caleb, che aggira il bancone con un salto e mi afferra per un braccio. Di istinto lo ritraggo spaventata, e con l'altra mano gli sferro uno schiaffo in pieno volto.
«Ma che diavolo ti prende Ronny?» mi chiede portandosi la mano sulla guancia ferita.
Balbetto cercando il modo per scusarmi «Io... Io... scusami!» sussurro e con le lacrime agli occhi correndo via. Non m'importa di risultare pazza, o bipolare. Ed è qui che realizzo, con i muscoli che fanno male, e i polmoni che bruciano tra fiamme di ossigeno per lo sforzo. Nessuno sa davvero cosa mi è successo! Hanno infangato tutto. Solo per mantenere una stupida reputazione! La rabbia da ancora più carburante ai miei muscoli e corro sempre più veloce.
«Non so il perché ma non potrai scappare per sempre, prima o poi dovrai affrontare i tuoi demoni Miller!» mi urla dietro.
Giunta al porticato di casa mia mio padre mi attende fuori con mia madre.
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LAST
ChickLitOgni gioco prima o poi viene guardato con occhi diversi. Da piccoli è tutto innocente, poi si cresce e quell'innocenza non c'è più. Voleva giocare al gioco della mela, come si faceva da bambini... Quel gioco mi ha distrutta e mi ha cambiata per sem...