Dopo la mattinata che definisco piena di sorprese ed intensamente emozionante, passo il pomeriggio con mia mamma in giro per la casa, cercando di apprendere più che posso per illudere al meglio quel troglodita che mi ritrovo come padre.
Indosso abiti meno succinti e perfino un grembiule cercando contemporaneamente di correggere il mio linguaggio più di due volte ogni tre secondi, tant'è che ormai ho perso il conto delle volte in cui ho preso in considerazione il mordermi la lingua e contare fino a dieci... se necessario anche trenta, prima di parlare.
«Ora» esclama mamma dopo avere riposto la teglia di biscotti in forno «Devi dirmi se per te va bene che io definisca come tuo presunto futuro sposo Caleb Wilson» sorride.
«Cosa? No! Mamma ti prego non proprio lui!» la supplico.
«Non possiamo sceglierne altri, ieri sera sono stati scelti tutti e presentati alle famiglie» fa spallucce.
«Cosa?» sono incredula. Aggiro il tavolo per andarle vicino e rendere la supplica più efficace.
«Gli unici che sono rimasti sono quelli che hanno deciso, e che per loro fortuna sono riusciti a convincere i genitori, di andare al college. Per di più tuo padre adora il signor Wilson» sta cercando di non ridere. Sì, molto comica come situazione. Faccio una smorfia di fastidio mista a sarcasmo.
«Stamattina il signor Wilson e il figlio si sono recati in chiesa per chiedere scusa della bravata. Tuo padre lo ha perdonato, esordendo con il fatto che sapeva che l'idea era stata tua e che lui non c'entrava nulla» e con l'ultima affermazione lo sguardo le si incupisce.
«E immagino che non ha perso occasione per evidenziare il fatto che un uomo non deve farsi trasportare così da una donna, deve essere lui "l'Alpha"» dico facendo la voce grossa mentre pronuncio "alpha" e virgoletto in aria con le dita.
«Ronny...» mi ammonisce mia madre guardandomi di sottecchi, avvicinandosi al lavabo per poter sciacquare alcuni piatti e utensili sporchi, infilandosi i suoi guanti in lattice gialli.
Sbuffo «E Caleb sia... Oramai tanto ci sono dentro fino al collo» mi abbandono al muro con fare teatrale «Ha venticinque anni mamma. Insomma non si è laureato, lavora nel ranch di famiglia e non penso vorrà mai andarsene da qui» faccio una smorfia agguantando un cucchiaio sporco di cioccolato «A parte l'ultima affermazione, siamo sicuri che a mio padre vada bene tale messere?» domando leccando via la crema marrone.
«A te cosa cambia, in fondo è finto no?» ghigna, guardandomi con la coda dell'occhio.
«Sì ovvio» mi affretto a rispondere. È sicuro che sia finto. Come l'ottone.
«Perfetto perché vengono a cena questa sera» ride piroettando verso la lavastoviglie.
«Come?» lagno.
«Ti aiuterò a renderti presentabile, e se tuo padre vorrà potrete uscire per un film, il che ti concederà di stare fuori fino a mezzanotte» mi punta un dito contro «E detto tra noi, tuo padre non può effettivamente sapere se voi sarete al cinema o meno, visto che la maggior parte dei ragazzi lo usano come scusa solo per fare più tardi» ammicca.
«E tu come lo sai?» domando con la bocca aperta dalla sorpresa.
«Bandera è un paesino. Sappiamo tutto di tutti e si da il caso che la proprietaria del cinema sia una mia più cara amica. Lei sa chi entra e chi no» fa spallucce.
«Proprio per questo non credi che sia un problema?» le ronzo attorno come una mosca per cogliere sul suo viso ogni cosa che potrebbe nascondermi a voce.
«Se fino ad ora i ragazzi continuano a farlo è perché evidentemente Rose era una ribelle come te, e perciò copre chiunque in questa città» ammette con nonchalance.
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LAST
ChickLitOgni gioco prima o poi viene guardato con occhi diversi. Da piccoli è tutto innocente, poi si cresce e quell'innocenza non c'è più. Voleva giocare al gioco della mela, come si faceva da bambini... Quel gioco mi ha distrutta e mi ha cambiata per sem...