Parte 11

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Alle 8:30 esco di casa per andare all'obitorio, non voglio rischiare di arrivare in ritardo. In realtà sono già tre anni che lavoro con il prof a questo tipo di analisi. Sono stata io a suggerire di passare al 1,8 diazo-9-fluorenone o DFO perché avevo trovato in una ricerca che le impronte evidenziate con questo composto permangono più a lungo a differenza di quelle trattate con l'ormai sorpassata ninidrina. Ho messo anche a punto un nuovo metodo a gradiente per i metaboliti di alcune sostanze d'abuso all'HPLC, quindi non sono proprio una novellina. Però non sono mai stata all'obitorio. E non ho mai visto il corpo, il morto insomma il cadavere. Un po' questo mi terrorizza insieme alla lontana possibilità di incontrare il capitano. L'altra sera sono stata proprio scortese, anche se quello che ho detto lo penso sul serio. Quell'uomo è complicato. Disse la psicopatica che prima fa le piazzate e poi dice che non potrebbe mai interessarsi a lui perché è irritante. Che poi per carità di irritante è irritante sul serio. Ma si era scusato. Sì lo so, anche io non sono proprio semplicissima, ma lui è Dr. Jeckyl e Mr.Hyde. Freud se lo avesse incontrato si sarebbe suicidato, dichiarando il suo un caso non risolvibile.

Sto veramente impazzendo, non credo che sia normale fare congetture sulle possibili nevrosi del capitano. Arrivo davanti all'obitorio. Respiro profondamente. Il mio primo incontro ravvicinato di terzo tipo con un morto non è cosa da poco.

« Buongiorno» dico entrando sperando di attirare l'attenzione di qualcuno che possa rispondere e non dei morti.

Una voce dall'oltretomba, che scelta poco felice da parte mia, dice :« Sono qui, venga pure.»

Mi incammino nel corridoio buio come nei peggiori cliquè e lo percorro fino a raggiungere l'origine della voce, mi trovo in un ufficio devastato credo da un tornado e dei capelli arruffati che spuntano da dietro un monitor.

Bene, niente morti per il momento.

Mi avvicino. «Buongiorno. Dottoressa Barberini. Sono ...»

«Buongiorno mia cara, so benissimo chi è lei. La stavo aspettando, Andrea.»

Certo, penso io, ci siamo sentiti ieri al telefono.

«Antonio mi ha parlato spesso di lei e devo dire che l'ha descritta proprio bene.»

«Il professore Corelli le ha parlato di me. Spero bene?» ridacchio

«Benissimo in effetti. Mi auguro sarà all'altezza delle aspettative.»

Aspettative, che brutta cosa. Perché poi dovremmo farci delle aspettative sulle persone, non lo capirò mai. Le persone sono quello che sono e devono avere modo di mostrarsi agli altri senza temere il loro giudizio. Siamo invece ancora legati a pre-giudizi e pieni di pre-occupazioni prima di fare qualcosa o di conoscere qualcuno.

«Ha ragione cara, non è carino avere delle aspettative.»

Spalanco gli occhi e la bocca, sono sicura di non aver proferito parola. Questa strana dottoressa non leggerà per caso la mente, non è una cosa carina da fare, io ho un sacco di pensieri strani, non proprio condivisibili.

« Mi scusi, ho interpretato il suo sguardo e trovo che ha perfettamente ragione. Nessuno dovrebbe essere giudicato in base a delle aspettative che noi ci facciamo. Antonio aveva ragione, lei è proprio in gamba.»

Io non ho aperto ancora bocca. Sta facendo tutto da sola. Forse è così che si finisce a furia di avere a che fare con i cadaveri. Nel frattempo si è alzata e mi viene incontro. Io sono rimasta ghiacciata davanti alla porta. È una bella donna, non molto curata, di quella bellezza che viene da dentro. Di quella bellezza che viene dalla consapevolezza di sentirsi bene nella propria pelle. Quella bellezza che mi piacerebbe avere. Quella di chi non si preoccupa dell'apparire, troppo presa a vivere e ad essere vera.

Questione di chimicaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora