25.

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La fine di ottobre era ormai alle porte e i due piccioncini avevano fatto tesoro di ogni istante che veniva loro concesso prima del grande evento. La sicurezza iniziale di Camila per la riuscita del suo piano era andata dissipandosi, e più il giorno fatidico si avvicinava, più era in ansia. Per alleviare il peso che le stringeva il petto, la giovane faceva affidamento sul suo migliore amico, che era anche il suo ragazzo. Si aggiravano per i corridoi del collegio, in mensa, o in giardino, mano nella mano, rubandosi baci furtivi e sorrisi confortanti. Erano arrivati al punto in cui non erano più interessati del giudizio dei loro compagni, che non avevano fatto altro che spettegolare e prendersi gioco di loro. In fin dei conti i loro commenti non erano altro che un brusio di sottofondo diventato quasi impercettibile. Inoltre, senza nemmeno volerlo, grazie al loro nuovo status di coppia, Camila e Shawn si erano creati un'ulteriore copertura. Difficilmente qualcuno poteva destare sospetti sulle loro passeggiate in solitudine, infatti tutti pensavano che fosse solo un modo per passare del tempo da soli. 

I due però, tra un bacio e l'altro, si stavano preparando a scappare. Dalla rimessa per il giardinaggio erano riusciti a procurarsi un tronchese di piccole dimensioni. Quando il sole stava calando, andavano sul punto dal quale sarebbero fuggiti e, poco alla volta, allargavano lo squarcio nella rete. Per il 28 ottobre, vigilia delle loro fuga, l'apertura nella recinzione era abbastanza grande da poterli far passare comodamente con uno zaino in spalla. Quella notte Camila non dormì molto. Lei avrebbe voluto chiudere gli occhi, riposarsi ed accumulare energie per l'impresa del giorno seguente, ma la paura - che era poi mutata in ansia - glielo impedì. Si rigirò e rigirò per tutta la nottata, e quando le luci dell'alba illuminarono pigramente la sua stanza, Camila capì che aveva sprecato la sua occasione.

Poi, come da programma, dopo che la sua pessima compagna di stanza l'aveva lasciata sola, Camila aveva preparato uno zaino con un paio di felpe pesanti per superare il freddo della notte e un paio di barrette che era riuscita a sgraffignare durante uno dei suoi servizi in cucina. Mentre chiudeva la zip vide quanto le tremassero le mani e sperò  che nessuno facesse caso al suo nervosismo sospetto. Il resto della giornata passò in un battibaleno. Prima che se ne potesse rendere conto era arrivata l'ora di fuggire dall'inferno del Saint Jude. Mano nella mano con Shawn passeggiò per il cortile come avevano fatto durante le settimane precedenti. Stavano aspettando che il sole si nascondesse dietro l'ammasso informe e scomposto della foresta che circondava il collegio, per poi filarsela. 

«Stai tranquilla, Mila. Il tuo piano è ben escogitato, è praticamente impossibile che venga mandato a monte» disse Shawn per rassicurarla mentre tempestava di piccoli baci le nocche gelate della sua ragazza.

Camila aveva il cuore che batteva a mille. «Lo so Shawny, ma ho questa strana sensazione che mi chiude la bocca dello stomaco. Probabilmente è solo paura, ma se non fosse così? Se qualcosa andasse storto?». Era ironico pensare che fino a qualche settimana prima i ruoli erano invertiti, ed era Camila che tentava di convincere Shawn in quell'impresa. 

«Non possiamo farci prendere dal panico. Se non vuoi più farlo, siamo ancora in tempo per tirarci indietro, ma una volta che avremo attraversato la rete, saremo liberi Mila. Liberi!» Shawn parlava con uno sguardo sognante e colmo di speranza. Finalmente dopo quasi due anni sarebbe tornato libero. 

A vedere l'entusiasmo del suo ragazzo, Camila non ebbe il coraggio di chiamare ritirata. «Hai ragione. Possiamo farcela» affermò stringendogli più saldamente la mano. 

Erano le sedici e dieci. Gli ultimi raggi di sole della giornata erano scomparsi tra gli aghi dei sempreverdi ed era arrivato quindi il loro momento. Si erano posizionati davanti allo squarcio, Shawn aveva tenuto premuto la rete per far passare prima gli zaini e poi Camila, infine lei fece lo stesso e i due erano finalmente fuori dal confine del collegio. Avevano i palmi sudati e il respiro corto, e diedero un'ultima occhiata al luogo che li aveva tenuti in trappola come topi. E poi iniziò la corsa. Con passi lunghi e veloci guizzarono tra gli alberi, provando a mettere più distanza possibile tra loro e l'istituto. Corsero e corsero, continuando imperterriti anche se i loro polmoni bruciavano e le loro gambe dolevano. Nell'oscurità, il tonfo dei passi veniva attutito dal sottobosco, che però era scivoloso. Molto spesso cadevano, imbrattando i loro vestiti di fango, oppure inciampavano su qualche ramo caduto, graffiandosi e ferendosi la pelle fino a farla sanguinare. Il freddo era difficile da sopportare, ma l'adrenalina che scorreva nelle loro vene anestetizzava la loro sofferenza. 

Camila faticava a stare al passo di Shawn, che con le sue gambe chilometriche era sempre più avanti di lei. Dopo quelle che le sembrarono ore, Camila rallentò. Sapeva che sarebbe potuto diventare un problema, ma il suo fisico non era più in grado di sostenere lo stesso ritmo. «Shawn!» chiamò con il fiatone. «Ti prego... rallenta...» si piegò sulle ginocchia e fece dei respiri profondi. La testa le girava un po' e la fatica le aveva fatto venire la nausea.

Shawn si fermò e tornò indietro. Aveva le guance arrossate e il suo respiro usciva con delle nuvolette bianche di condensa. «Camila, stai male?». Lei non si mosse, scrollò la testa quasi impercettibilmente. «Mila, non possiamo fermaci adesso o potremmo non farcela. Pensi di riuscire a continuare a camminare?» nel tono di Shawn c'era una certa urgenza.

«Posso... provarci...» rispose a fatica. Shawn la prese per mano e la tirò avanti. Camminarono in silenzio per molto, molto tempo. Avevano percorso circa una dozzina di chilometri all'interno dei boschi e avrebbero dovuto marciare ancora a lungo. Era tardo pomeriggio, ma l'assenza di luce donava l'impressione che fosse notte fonda. Nell'oscurità era impossibile mantenere la stessa velocità dell'inizio della loro fuga e per questo motivo non avrebbero potuto fermarsi. Avevano bisogno di acquisire più distanza possibile e questo significava che non si sarebbero fermati per la notte. 

Camila era sull'orlo delle lacrime. La sforzo fisico l'aveva stremata e aveva incasinato le sue emozioni. L'assenza di sonno della notte precedente, la stanchezza e la paura non erano un mix vincente. Di notte il bosco era inquietante e ogni minimo rumore faceva saltare un battito cardiaco alla povera ragazza. Camila non si stava pentendo di essere fuggita, ma doveva ammettere che durante l'ideazione del suo piano non aveva calcolato quei fattori. Le sembrava di star vivendo uno di quegli incubi in cui sei costretto a muoverti a rallentatore e non riesci a raggiungere la meta, e senti che non potrai mai farcela e che il tempo che hai a disposizione sta per scadere, e questo ti manda in paranoia. Ecco, Camila stava vivendo tutto quello sulla sua pelle. E come se non bastasse, la pessima sensazione che l'aveva accompagnata per tutta la giornata non se n'era ancora andata. 

E poi ricevette una risposta per il suo sesto senso. Si erano fermati per un paio di minuti perché Camila aveva freddo. Avevano aperto gli zaini ed indossato un'altra felpa per aumentare la loro temperatura corporea. Avevano deciso di fare una breve pausa e mangiare una barretta, magari bere un po' di acqua. E poi in lontananza si sentì un brusio minaccioso, che si avvicinava sempre più velocemente. I guai stavano arrivando.

«Camila, corri!»

E lei fece ciò che Shawn le aveva domandato: corse. Ma i suoi piccoli piedi non potevano seguirlo con la stessa velocità. Sentì dei cani avvicinarsi, abbaiavano furiosi come segugi a caccia, e loro erano le prede. Li avvertì dietro di lei e fu in quel momento che gettò la spugna. La sua vista si annebbiò e riuscì ad attirare l'attenzione del suo ragazzo un'ultima volta prima di cadere a terra, esausta, inerme. Prima che tutto attorno a lei diventasse più nero della notte, fu in grado di cogliere lo sguardo di timore ed infine di sconfitta di Shawn e il suono di alcune voci che li intimavamo di fermarsi.

Saint Jude Institute || ShawmilaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora