CAPITOLO SETTE.

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7.

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Alcune volte vivi perché qualcuno ti concede di vivere, non perché sei tu a deciderlo.

L'ho capito il giorno in cui ho visto il mio pesciolino rosso morto nella bacinella di vetro.

Riposa in pace Oscar.

Avevo solo cinque anni e già stavo iniziando a comprendere la vistosa complessità della vita.

E la mia teoria è stata confermata quando è morto il mio secondo animale, un coniglietto bianco. Deceduto quando m'era scappato di casa e un uomo l'aveva investito. Davanti ai miei occhi.

L'avevo chiamato Bian Coniglio, proprio come quello di Alice Nel Paese Delle Meraviglie.

Ancora tutt'ora mi manca. Nonostante l'abbia tenuto con me per pochi mesi.

Questa è la vita, funziona così.

Nasci, cresci e muori.

La maggior parte delle volte per mano d'altri.

O per volere di Dio (se ce ne fosse davvero uno), in alcuni casi.

Ma è vero che vivi perché c'è sempre qualcuno che ti concede di vivere.

«Diana, mi stai ascoltando?» Mi richiama mia madre.

Saranno minuti che mi parla a raffica senza fermarsi.

Ma io sono semplicemente seduta sulla poltrona della stanza e guardo l'esterno, gli alberi, le foglie, le nuvole, il sole e l'orizzonte.

Chissà quante storie ci sono là fuori e chissà quanti amori saranno sbocciati proprio adesso e quanti saranno morti per mancanza di attenzioni.

E chissà quanti incontri sono avvenuti per caso, all'improvviso.

Chissà quante persone staranno vedendo questo magnifico tramonto, da mozzafiato.

E chissà quante persone staranno ammirando gli alberi al di fuori della loro finestra.

«Mamma, dovresti smetterla. Ero con un amico, basta. Capisco che fossi preoccupata, non ho nemmeno risposto ai tuoi messaggi e alle tue chiamate, ma non avevo linea in mensa. Adesso sono qui, sana e salva e soprattutto viva.» Dico voltando la testa e guardando la figura di mia madre.

È in piedi, con i capelli raccolti, le unghie mangiucchiate dall'ansia, il mascara un po' sbavato e una maglia a righe che copre le sue forme.

Sbuffa e si siede sul letto. «Sì, hai ragione.» Si allenta l'elastico fra i capelli, evidentemente troppo stretto.

«Il tuo amico... Era quel ragazzo di prima?» Mi chiede con un piccolo sorriso sulle labbra.

La guardo per un po' prima di risponderle.

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