CAPITOLO DODICI.

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12.

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Nella mia storia e in quella di Simon c'è di sicuro qualcosa ci avrebbe fatto incontrare e non sono le nostre malattie o il fatto che siamo rinchiusi nello stesso ospedale; è qualcosa di più, un qualcosa che va oltre le battute, l'umorismo, le risate, le carezze timide. Credo che siano gli occhi, il modo di guardare gli altri, di stare attenti alle piccole cose, di soffermarci su dettagli che non tutti notano.

O almeno io credo che sia così.

Posso notare come quelle gemme di un verde smeraldo sguizzano da un punto all'altro velocemente per intrappolare più dettagli possibili, che sia un capello sottile e impercettibile davanti alla faccia, il colore dello smalto mangiucchiato appartenente a una ragazza seduta poco lontano da noi, la fiamma accesa di qualche candela sparsa per la stanza, le pagine di un libro che vengono girate dalle dita di un ragazzo intento a leggere.

Io lo so.

Perché le ho notate anche io tutte queste cose.

Sono piccoli momenti quotidiani della vita di una persona qualsiasi che catturano la nostra attenzione anche per pochissimi secondi.

Pochissimi secondi che ci fanno distrarre dalla nostra situazione, che ci fanno smettere di pensare al prossimo medicinale che dobbiamo prendere, alla prossima terapia da seguire, alla prossima visita con i medici.

Pochissimi secondi che sembrano significare tanto per noi.

«Da piccola cosa sognavi di diventare?» Mi chiede di punto in bianco, facendomi distrarre dai miei pensieri.

Lo osservo mentre sta mangiando una caramella appiccicosa a forma di orsetto.

«Una veterinaria.» Confesso, «Anche se mi alternavo nel desiderare di essere un'eroina con dei super poteri.» Scherzo.

Lui ruota gli occhi divertito mostrando delle fossette adorabili ai lati della bocca e inizia a prendermi in giro.

«E tu, mister "sono meglio di tutti"?» Alzo il sopracciglio sinistro, in segno di sfida.

Anche se non sembra, sono davvero curiosa di sapere quali fossero i suoi sogni da bambino, chi volesse diventare, cosa aveva in mente per il suo futuro.

Ho così tanta voglia di conoscerlo, di sapere ogni singola cosa di lui e non ne capisco nemmeno il motivo.

Forse perché è così bello stare in sua compagnia? Perché mi fa sentire libera da ogni pesantezza? Perché sembra che a lui importi qualcosa di me? Perché mi fa sentire più leggera, più fiduciosa?

«Pff.» Sbuffa al nomignolo, afferra con le dita affusolate un altro orsetto dalla busta, questa volta di colore blu. «Sognavo di diventare un astronauta, poi un cantante, poi un cowboy e alla fine sono diventato un giocatore di football.» Morde la sua seconda caramella.

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