Il Giardino Abbandonato

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Sbatté la porta dietro di sé. La pioggia battente bagnava tutto. Ma tanto non fa differenza. Pensò lei. Con le lacrime agli occhi, corse il più velocemente possibile verso la sua bicicletta. Marley alzò la testa, per capire cosa stava facendo la sua padroncina. Vieni Marley, disse lei tra un singhiozzo e l'altro. Montò sulla sella, e pedalò il più velocemente possibile, come per sfuggire dalle situazioni, emozioni e delusioni. Il mondo era buio, avvolto da questa coltre bagnaticcia e triste. L'autunno era alle porte e Wendy aveva ancora litigato con i suoi genitori. Aveva la vista annebbiata e il gelido vento non l'aiutava a stare positiva. Marley le correva dietro, impaziente di sentire cosa le avrebbe detto questa volta. La piazza era vuota e gli alberi parevano del tutto spogli. La coltre di foglie ingiallite sopra le mattonelle fredde creavano un tappeto variopinto. Wendy tremava e la rabbia contro i suoi genitori aumentava sempre di più. Le lacrime amare che le ricadevano a rivoli sul volto, oramai facevano parte della fitta e insistente pioggia. Posò i piedi per terra. Wendy arrivò a destinazione: il giardino abbandonato dove la accompagnavano sempre i suoi veri genitori, dove lei era solo un innocua e felice bambina, quando non conosceva ancora il loro dolorante futuro. Una fredda mattinata di febbraio, morirono in un attacco terroristico a Vienna. Lei divenne un orfana e tutto il suo mondo di gioia, vivacità e spensieratezza, perì. Le furono attribuiti dei genitori "falsi" (come li definiva) e da quel giorno in poi scacciò nel lato più remoto della sua mente i pensieri e i ricordi più belli passati con la sua famiglia.

Wendy ammirò le rose ormai appassite. Quel luogo le emetteva un senso di pace. Si sedette sulla panchina di metallo e Marley le balzò sulle gambe. Cominciò ad accarezzarlo e guardò un punto fisso nel vuoto. Sentiva le emozioni scorrergli via. La sua mente era vuota. Marley, accucciato, si stava per addormentare. Oh, quando ti voglio bene. Sei la mia ancora di salvezza, non voglio per nulla al mondo lasciarti. Noi due siamo come fratelli... E lasciò la frase in sospeso, abbracciandolo. La pioggia piano piano smise di scendere. Stava lasciando il posto all'oscurità. Le cicale cominciarono a cantare una canzone strascicata e le lucciole illuminavano il tutto come piccole fiaccole. L'aria era frizzantina e la luna stava per sorgere. Wendy prese dal suo piccolo zainetto il flauto di Pan e cominciò a suonare una melodia soave. Suonava quella canzone che le era sempre rimasta impressa in testa, quella canzone che amavano i suoi genitori. Il suono flautato era come fatato. Amava quel suono. Wendy aveva comprato il suo flauto di Pan con gli spiccioli che a volte trovava vicino alle bancarelle. I suoi "falsi" genitori erano ricchi, ma non le concedevano niente, pensavano solo a loro.
Wendy suonava e le preocuppazioni scivolavano via. La mente rimaneva sgombra e in quel momento si voleva bene.

By detectiveT

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