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Io e la nonna usciamo di casa prima che la mamma si svegli. Ieri sera è tornata da lavoro intorno alle otto di sera, stanca a tal punto da non voler toccare neanche un boccone prima di andare a letto. L'ho sentita dalla mia stanza, prima di crollare in un sonno profondo, ma poco ristoratore, dire che non vedeva l'ora di buttarsi sul letto e dormire fino a mezzogiorno del giorno dopo. Ed io so perfettamente che quando dice così, lo farà sul serio.

Fred mette in moto e guida in silenzio per la strada deserta di questa mattina. Io e la nonna sediamo dietro e guardiamo entrambe fuori dal finestrino.

Non so davvero cosa pensare di quello che sto per fare. Non credevo che avrei mai voluto fare una cosa del genere. Anzi, se mi avessero detto che un giorno io avrei chiesto alla nonna di portarmi a vedere la tomba dell'uomo che ha reso la mia infanzia l'incubo dal quale scappo tutt'ora, avrei riso fino allo sfinimento. E invece, oggi, eccomi qui.

Non so cosa sia cambiato. Forse io o forse assolutamente niente. Eppure, non credo che questo "niente" mi sarebbe mai bastato per farmi prendere questa decisione.

Magari ho solo bisogno di farlo. Non per la nonna, non per la memoria dell'uomo che non mi piace definire "padre", ma per me stessa. Dopo che Stefano mi ha tradita e ho vissuto di nuovo la brutta esperienza di essere ferita da una persona che avrebbe dovuto volermi bene, ho capito che devo affrontare i miei fantasmi il prima possibile, perché altrimenti, tutte le ferite che questa vita mi sta gentilmente regalando, mi faranno affogare in un mare di sangue. E purtroppo per me, mio padre è il primo fantasma che devo affrontare.

Il paesaggio fuori dal finestrino cambia rapidamente. Le ville, molto simili l'una all'altra, che si susseguono lungo la via principale, adesso che siamo più in periferia, in una stradina asfaltata, si sono dimezzate fino a un paio scarso, che si intravede a stento, ogni tanto, dietro enormi cancelli vecchi.

La vegetazione si fa più fitta e Fred si immette in una laterale sterrata. L'auto prende a ondeggiare sopra ai sassi e al terreno crepato dalle radici degli alberi che costeggiano i lati della strada. Poi torniamo sulla strada principale ed io immagino che la stradina appena percorsa fosse soltanto una scorciatoia. Qualche metro dopo, Fred accosta lungo un marciapiede.

«Grazie, Fred. Magari, ti fermi qui oggi. Non ti conviene tornare a casa: io e Mara saremo di ritorno in una ventina di minuti.»

La nonna scende dall'auto indossando un paio di occhiali da sole neri, e io la seguo fuori. L'aria è fresca e sono contenta di aver scelto di indossare una felpa pesante sopra la maglietta, questa mattina.

La nonna si avvia verso la fine della strada e svolta a sinistra. Quando la raggiungo, il cimitero si estende davanti ai miei occhi.

«Sei sicura di sentirtela?» mi chiede, entrambe ferme all'entrata.

Annuisco convinta e attraversiamo un piccolo tratto di erba tra due file di lapidi sporche e vecchie.

La tomba di mio padre si trova quasi in mezzo all'intero cimitero e mi ritrovo a pensare che nella sua vita, gli ultimi tempi, non ha fatto altro che scappare da tutte le persone che tenevano a lui, ferirle e restare solo, con le sue bottiglie di birra sempre vuote. E adesso eccolo qui: in mezzo a così tanti altri cadaveri, che provo una certa invidia nel costatare che alla fine non è solo e che la sua tomba non rispecchia per niente quello che era, ben curata e pulita e piena di fiori che vengono sicuramente regolarmente innaffiati. No, la sua vita non era tutto ciò e adesso la sua morte sembra non appartenergli. O almeno, sento che non dovrebbe farlo.

«Ovviamente, il suo corpo non è qui, tu lo sai. Avevo solo bisogno di avere un luogo dove andare a trovarlo. Lui era...»

La nonna si inginocchia sulla pietra fredda e passa un palmo su della terra che copriva leggermente il nome di mio padre, interrompendosi.

La prima volta ti travolgeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora