10 (parte 2)

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«Facciamo il gioco della bottiglia, coraggio!» urla Reb dal bordo della porta finestra che collega il giardino alla casa.

Non mi ero neppure accorta che lei è Jordan avessero finito di parlare e si fossero separati. Cerco quest'ultimo con lo sguardo, ma non riesco proprio a vederlo.

La maggior parte dei presenti, che sono aumentati a vista d'occhio nel giro di un'ora, si ammucchia sul prato davanti alla piscina, sedendosi a gambe incrociate e chiacchierando tra loro.

Un ragazzo della nostra età arriva da dentro casa con una bottiglia di birra vuota in mano e, ponendola al centro di un cerchio immaginario la quale circonferenza è composta dai partecipanti al gioco, la fa girare, attirando l'attenzione di tutti i presenti che cominciano ad urlare entusiasti. La bottiglia si ferma neanche un minuto dopo e il collo indica una ragazza bassina e riccia, con un top nero, dei pantaloncini molto corti di jeans e la pelle candida. Le amiche che ha accanto prendono a battere le mani e a strillare, mentre lei abbozza un sorriso di imbarazzo. La bottiglia viene fatta girare di nuovo e questa volta si ferma rivolta verso un ragazzo forse più grande di me, alto e muscoloso, con un costume giallo e il torso nudo. I due si guardano per un istante tra gli applausi e gli schiamazzi degli altri. La ragazza scuote la testa più volte come a dire che non vuole, ma il tipo si alza e attraversa il cerchio convinto, raggiungendola per terra. Si accovaccia, le prende con forza il viso tra le mani e la bacia con passione. La ragazza ci sta fino alla fine, quando le loro labbra si staccano e lei resta impalata a fissare l'erba mentre tutti i giocatori ridono di gusto, applaudendo.

Io, da lontano, osservo la scena in piedi. Kyle si è allontanato quasi un'ora fa, ormai, e non ho la più pallida idea di dove sia finito. Credo c'entri il fratello, perché appena è arrivato alla festa, entrambi sono scomparsi dentro casa.

Entro anche io, più che mai decisa a non giocare al gioco della bottiglia, ma anche a non morire dalla noia. Possibile che a queste feste, che dovrebbero far divertire, io prenda solo più coscienza del fatto che non conosca neanche lontanamente il concetto di "divertimento" dei miei coetanei? Voglio dire: leggere un libro che ti piace può essere divertente; guardare una serie televisiva insieme al tuo ragazzo è divertente. Non questo, non uno stupido gioco della bottiglia che ha come solo scopo quello di farti limonare metà degli invitati.

D'un tratto, la mia mente si ricorda di Stefano.

Penso che sarebbe carino scrivergli un messaggio, visto che non ci sentiamo da stamattina.

Ehi.

Prima, questa parola, ci bastava a cominciare discorsi infiniti e divertenti. Mi piace pensare che sarà così anche oggi.

Ehi.

Che stupida parola, adesso che rifletto. Può significare tutto quello che esiste tra te e la persona a cui è destinato, ma può anche essere un bel niente, un grande buco nell'acqua che il mittente riceve dritto in faccia come una mazzata. Come quell'ehi che ti scrivono su Instagram per rimorchiare. Sì, più o meno così.

Trascorrono cinque minuti e il messaggio è già stato consegnato da altrettanti.

Dopo altri cinque minuti, il messaggio è stato letto.

Dopo venti minuti sto impazzendo dalle paranoie che il mio cervello si sta facendo davanti al silenzio di Stefano. Insomma, anche un punto andava bene come riposta. Ma invece, ha scelto di ignorarmi.

«Tutto bene?»

Jordan è alle mie spalle, con le braccia dietro la schiena, che cerca di curiosare sul mio cellulare.

Lo blocco automaticamente e i suoi occhi cobalto si posano su di me come colti in flagrante.

«Scusa. Non volevo spiarti» dice, sorridendo leggermente.

Io sospiro e mi vado a sedere su un enorme divano che sembra non essere mai stato utilizzato da nessuno. Jordan mi segue e si posiziona al mio fianco.

«Non ti preoccupare. Solo che...» mi fermo, titubante se raccontargli o meno di me e Stefano.

Mi posso fidare di lui?

«Solo che?» incalza lui, cercando il mio sguardo.

«Solo che io e il mio ragazzo stiamo attraversando un periodo un po' no» dico tutto d'un fiato. Mi sento come se mi fossi appena liberata di un peso.

Jordan distoglie lo sguardo ed io non riesco a capire cosa pensi. Si passa una mano su una leggera peluria sul viso e poi torna a guardami serenamente.

«Capisco. Ti va di dirmi qualcosa di più?» mi chiede sorridendo.

«Non vorrei riempirti la testa con le mie paranoie...»

«Te lo sto chiedendo io, Mara.»

La sua gentilezza mi mette a mio agio ed io prendo a parlare un po' di tutto in realtà. Potermi confidare con qualcuno dopo così tanto tempo mi rasserena molto. Inevitabilmente, mi rendo conto che io e Stefano avevamo dei problemi già prima che io partissi e che non parlavamo veramente di quello che provavamo da troppo tempo ormai.

Jordan mi ascolta paziente e annuisce ogni tanto, per farmi capire che mi sta seguendo.

Gli mostro anche gli ultimi messaggi che ci siamo scambiati da stamattina e alla fine concludo dicendogli che non ha risposto al messaggio che gli ho inviato mezz'ora fa.

La sua reazione è un sospiro, seguito da qualche minuto di silenzio, probabilmente trascorsi a riflettere su cosa rispondermi.

«Mara, sarò sincero con te» dice dopo altro tempo. Annuisco, attenta a quello che ha da dire.

«Potrebbe essere tutto, come potrebbe essere niente.»

Io lo guardo perplessa. Insomma, potrebbe darsi che in questo momento mi stia tradendo con una bionda con la gomma da masticare sempre in bocca, il piercing alla lingua e una minigonna che lascia ben poco all'immaginazione e della quale avrà un'altra decina di copie identiche nel suo enorme armadio pieno fino a scoppiare, ma anche che stia mangiando un gelato con sua madre. Una cosa vale l'altra, no?

«Stefano ti ama e su questo non ne ho dubbi. Ma fino a che punto la vostra relazione sarà in grado di resistere alla distanza? Io non ci riuscirei!» prosegue.

«Io non credevo che avremmo avuto problemi di questo genere. Ci siamo sempre capiti e supportati. Lui mi ha aiutato a superare un brutto periodo delle mia vita e...»

Mi rendo conto che non so cos'altro dire. Stefano mi è stato accanto anche quando io ero arrabbiata con il mondo intero per quello che ho passato, per quello che mi ha fatto mio padre. L'ho respinto più volte, all'inizio. Credevo di non aver bisogno di nessuno e invece era solo una persona come lui che cercavo. Una persona che mi ascoltasse, che stesse in silenzio quando piangevo la notte dopo il solito incubo e che non mi dicesse soltanto "passerà", perché il dolore non passa, resta per sempre. Ho avuto bisogno di lui anche se non me ne sono mai resa conto e adesso che non c'è capisco che forse sono cresciuta, che forse posso essere forte anche da sola.

Ma se così fosse, il nostro noi altro non sarebbe che un qualcosa di cui necessitavo prima, ma che ora... non mi serve più? In questo caso, non sarebbe lui a tradirmi, ma io a tradire quello che c'è o c'è stato – non lo so più – tra noi.

È questo il punto, adesso?

«Magari sta solo dormendo» affermo alla fine, abbozzando un sorriso.

Jordan mi guarda come se fosse riuscito a leggere tutto quello che mi è passato per la testa, ma resta in silenzio, annuendo con falsa, ma incoraggiante convinzione.

«Io adesso vado a casa. Ci dormo su e sono sicura che domani mattina mi sveglierò con un suo messaggio sul cellulare» rido, forse di me stessa.

«Avverti tu Kyle che sono andata via?» gli chiedo, alzandomi.

«Certo, certo.»

Anche Jordan si alza e mi accompagna alla porta.

Lo saluto con un gesto della mano e sto andando via, quando lo sento urlare, alle mie spalle: «Io ti avrei risposto subito, qualsiasi cosa stessi facendo in quel momento!».

Mi fermo di colpo e arrossisco, senza voltarmi. Capisco subito che, forse, il problema sono davvero io.

La prima volta ti travolgeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora