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«Credi che tutto questo sia possibile?» gli domando, sussurrando.

Sono stesa sulle sue gambe da ormai mezz'ora, mentre lui se ne sta poggiato con la schiena sul vetro freddo della finestra e mi accarezza dolcemente i capelli.

Fuori la festa prosegue rumorosamente, ma la sola idea di uscire da questa stanza e rompere l'incantesimo che si è creato tra noi, mi fa stare male.

Traccia la linea del mio profilo con un dito e poi sospira, portando lo sguardo davanti a sé.

«Fino ad ora lo è stato, mi sembra» ribatte, a mezza voce.

«E dopo?»

Sospira di nuovo e questa volta mi guarda. Sul suo viso spunta un piccolo sorriso, che poi posa sulle mie labbra con un bacio.

«Non sono mai stato bravo a pensare al "dopo"» dice alla fine, con una certa mestizia nella voce.

«Ti riferisci a Zara?» oso domandare, torturando una pellicina del mio pollice.

Un senso di colpa opprimente mi ricorda che persona orribile io sia e che non potrò evitare per sempre il pericolo che c'è là fuori. Dunque sono anche una vigliacca, perché mi nascondo nel buio di un'aula insieme a BB come se nulla fosse, ignorando il male che proverà non appena incontrerà Zara. Posso sempre sperare che se ne vada prima che riesca a vederlo, ma comunque la mia coscienza resterà sempre macchiata di qualcosa di terribile, qualcosa che, di proposito o no, ho causato io.

«Anche» è la sua risposta alla mia domanda.

Annuisco come a dirgli che ho capito, anche se mi riferisco più al fatto che ho capito che non voglia parlare di lei, piuttosto che a cosa si riferisca. In fondo, io non conosco che una minima parte della loro storia e non so come siano andate le cose secondo il suo punto di vista. Tutto quello di cui sono a conoscenza sono le parole di Zara, non quelle di BB. E anche se muoio dalla voglia di sapere cos'ha provato lui, cosa prova tutt'ora e il vero motivo per cui si rifiuti in questo modo di rivedere la sua ex – anche se posso immaginarlo – non voglio che questo momento venga rovinato dai ricordi. Non ora almeno, non subito.

«Prof, cosa...» prendo a dire, ma mi interrompo quando lui fa un verso strano e poi chiude gli occhi, lasciando cadere la testa all'indietro, contro la finestra, in maniera teatrale.

«Oh, ti prego non farlo!» esclama, con tono disperato.

Cerco di raddrizzarmi sulle sue gambe per guardalo meglio.

«Non fare cosa?» domando, perplessa.

«Chiamarmi "prof", "professore" o usare qualsiasi altro appellativo che mi faccia sentire mostruosamente grande e sottolinei quanto sia folle tutto questo» ribatte, quasi disperatamente, come se fosse la cosa più palese e al contempo assurda di questo mondo.

«E come dovrei chiamarti, scusa?» gli chiedo, leggermente divertita.

«Non so. Con il mio nome, ad esempio. Oppure come sei solita chiamarmi nella tua mente.»

D'un tratto, una vampata di calore mi investe in pieno viso ed io spero vivamente che al buio non si notino le mie guance divenire paonazze. Faccio finta di niente e torno a stendermi sulle sue gambe, ignorandolo.

«Allora?»

«Allora cosa?» sbotto, pensando alla sua incredibile capacità di sapere sempre a cosa io pensi, ma credendo che no, non è possibile che sappia anche che io lo chiami BB. Sarebbe impossibile. O no?

«Come mi chiami quando pensi a me?»

Anche se non lo vedo, oserei dire che stia sorridendo divertito e questa cosa mi irrita notevolmente. Cerco di non darlo a vedere mentre faccio spallucce.

La prima volta ti travolgeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora