La notte è fatta di sogni che non ricordiamo e di sogni che raccontiamo confusi al mattino, credendo di riuscire a rammentarne ogni singola scena, ma di fatto ormai già poco nitidi nelle nostre menti.
La notte è fatta anche di incubi. Incubi che potrebbero rappresentare la realtà, ma che fortunatamente non lo sono, perché è così che funziona, perché è questo che qualcuno ha scritto per noi.
E quelli che invece lo sono. Sono la realtà.
La notte io non sogno. O per lo meno, se lo faccio, non lo ricordo quasi mai al mattino.
La notte io faccio incubi. Anzi, uno in particolar modo. Sogno il mio passato che, ad oggi, è l'unico incubo che posso definire realtà e che rammento perfettamente.
Quella sera, la nonna preparò il polpettone. Lo ricordo bene, il suo polpettone, anche se ormai non lo cucina più. Eravamo tutti felicissimi, poiché papà stava meglio quella mattina.
Infatti, si alzò pimpante, perfino prima di noi, e prese a urlare per tutta casa la nuova notizia: aveva trovato un lavoro!
Corse nella mia stanza e mi svegliò dolcemente, per poi prendermi in braccio e saltellare con me dalla gioia. Io risi e mi sembrò tutto bellissimo. Finalmente, dopo tutti quei giorni trascorsi all'ombra della tristezza, del dolore e della paura, vedevo un po' di serenità. La nonna corse a vedere quello che stava accadendo ancora in vestaglia. Sembrò spaventata e pronta a qualsiasi cosa. Ma lei non sapeva che quella mattina era diverso: tutto sembrava stare per risolversi.
Lo sguardo della nonna mutò in confusione e perplessità, ma poi prese a ridere anche lei per il buonumore di papà.
Andammo a svegliare la mamma, che si rigirava nel letto agitata. Mi sembrò strano: come mai non si era svegliata nonostante tutto quel baccano?
La chiamammo tutti e lei spalancò gli occhi terrorizzata, balzando seduta in mezzo a letto, e ci guardò come se non ci riconoscesse. La nonna la mise al corrente della buona notizia e lei sorrise a stento, gli occhi stanchi e la pelle pallida, macchiata qua e là di violaceo. Non sembrò felice quanto noi. Probabilmente non era riuscita a mantenersi abbastanza in forza per quel giorno. Io, invece, sapevo che prima o poi sarebbe arrivato, anche se ero molto piccola e i miei compagni non sembravano saperne niente di quello che stavo passando io. Non ero uguale a loro. Tutte le famiglie sono diverse e la mia aveva vissuto situazioni che le altre non potevano nemmeno vedere la notte, in un incubo.
Ecco, la mia vita era l'incubo di cui vi dicevo prima.
Ma io non gli affibbiai questa definizione. Io credevo veramente in una svolta positiva, solo perché ero troppo piccola per non farlo.
Ma la mamma no. La mamma non la stava vedendo neppure in quel momento, la luce.
Quella mattina facemmo colazione tutti insieme con i pancake e poi papà uscì di casa dopo tanto tempo con il suo vestito migliore e la ventiquattro ore che gli aveva regalato la mamma troppi anni prima. Solitamente lui si alzava da tavola molto tempo dopo di noi o spesso non si sedeva neppure, troppo occupato a scolarsi la prima birra della giornata.
Quel giorno a scuola sorrisi nell'osservare i miei compagni venire accompagnati dai loro papà in giacca e cravatta, pronti ad andare a lavorare. Anche se io ormai andavo a scuola da sola la mattina, quel giorno anche io potevo immaginare il mio papà tornare a casa stanco, togliersi la cravatta con una sola mano e buttarsi sul divano, chiudere gli occhi e riposarsi cinque minuti prima di cena. Era proprio questo che volevo vedere.
Così, non vidi l'ora che arrivasse la sera. Chiesi l'ora alla maestra ogni volta che ne ebbi l'occasione e proposi alla nonna, quando mi venne a prendere a scuola quel pomeriggio, di far cucinare un buonissimo polpettone per cena, che avremmo mangiato tutti insieme serenamente dopo tanto tempo. La nonna fu talmente entusiasta di quell'idea che decise di cucinarlo ella stessa, perché era il piatto che le veniva meglio e si divertiva molto a prepararlo.
Ma la sera giunse e di papà non vi fu alcuna traccia fino a tardi. Pensai che era giusto così: era il suo primo giorno di lavoro, doveva dare il massimo.
Trascorsero le otto, le nove e anche le dieci di sera ed il polpettone era ormai freddo sul tavolo quando la porta di casa fu aperta e richiusa sbattendo. La mamma, seduta sul bordo del divano con l'orlo della gonna tra le mani e lo sguardo chino, scattò in piedi spaventata. La nonna mi rivolse un sorriso, ma anche lei sembrava preoccupata.
Io, invece, non avevo capito un bel niente.
Balzai in piedi e corsi alla porta. Mio padre era seduto per terra, con la schiena appoggiata al muro e una bottiglia di birra quasi vuota in mano. Non ce l'aveva, la cravatta, e quello fu l'unica cosa che mi importò veramente e mi fece capire che eravamo ben lontani dalla luce.
Lo chiamai, ma lui non mi guardò. Si alzò e andò al piano di sopra. Io lo seguii, ma arrivati davanti alla porta della sua camera, me la sbatté in faccia, lasciandomi fuori.
Non avrei dovuto fare quello che feci dopo. So solo questo. È l'unica certezza che ho in mezzo a tanti ricordi brutti e confusi.
Entrai nella stanza senza bussare. Era buio ed io non vedevo assolutamente niente. Poi, nell'unico fascio di luce che entrava dalla porta, lo vidi.
Mio padre era in piedi rivolto verso di me e riflettei quanto era molto più grande e grosso rispetto a me. Capii subito che era ubriaco, perché barcollava e sembrava non riuscire a mantenersi in piedi a lungo. I miei compagni non sapevano neppure che cosa significasse la parola "ubriaco". Io sì, l'avevo imparata da un anno ormai.
Lo chiamai ancora. Forse pronunciai il suo nome per due o tre volte. Non ricordo. Lui sembrò destarsi e prese a urlare a squarciagola, come quando litigava con la mamma o come quella sera di più di un anno fa, quando rincasò ubriaco per la prima volta, dicendo che era stato licenziato. Aveva di nuovo perso il lavoro?
Si abbatté su di me e poi divenne tutto buio. Non il buio normale, perché quello c'era già.
In quel momento, la mia vita divenne il buio della mia stanza la notte, quello che mi terrorizza come un incubo.
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La prima volta ti travolge
RomanceLa copertina è stata gentilmente realizzata dalla bravissima @NuvoleMagiche "Due braccia mi avvolgono completamente ed io poso la testa sul suo petto, afferrandomi a lui con entrambe le mani, come se potessi crollare da un momento all'altro. Per l...