Lancio un'occhiata svogliata alla finestra, guardando la pioggia che cade indisturbata a terra, poi appoggio di nuovo la fronte sul banco, nascondendo la testa fra le braccia, sperando che la lezione finisca al più presto.
Il professore sta parlando interrottamente da non so quanto e io sono troppo stanca per capirci qualcosa: non ho dormito nemmeno tre ore, questa notte, tormentata da quella dannata foto e il suo mittente sconosciuto. E mi costringo a non pensarci proprio in questo momento, consapevole che mi verrebbe un'emicrania pazzesca, con la stanchezza che sento addosso.
Tiro giù le maniche della felpa che indosso oggi: maculata marrone chiaro e scuro, lascia la pancia scoperta; l'ho abbinata a dei pantaloni larghi sempre marroncini con una cintura nera, e degli scarponcini neri.
Appena suona la campanella raccolgo velocemente la borsa ed esco fuori prima di tutti gli altri, visto che non ho nemmeno aperto i libri: non avrei concluso nulla di concreto con questo umore. Raggiungo la classe di Jake, trovandolo in piedi davanti alla cattedra che parla col professore. Mi appoggio alla parete di fronte alla porta aperta per aspettarlo, ignorando le continue occhiate curiose che mi lanciano le persone, e quando arriva ci incamminiamo in silenzio assieme verso la mensa. A quanto pare entrambi siamo di pessimo umore.
Una volta seduti al tavolo, la situazione è stranamente... tesa. Parliamo a stento, le ragazze sembrano di umore più nero del mio e Ethan sembra nervoso e preoccupato.
E' strano, e mi mette una strana inquietudine. Che cosa diamine è successo a tutti?
Avete presente quel campanello d'allarme che suona quando tutto sta per andare a puttane? Beh, vivendo per anni con uno scemo come Chris io ne ho dovuti avere circa cento, e in questo momento stanno suonando tutti. E mi sto preoccupando, in realtà, non ho una bella sensazione.
Stiamo mangiando tutti assieme, Damian escluso ovviamente, quando la cara cuginetta di Robinson viene verso di noi: non degna di uno sguardo Jake, sembra molto incazzata a dire il vero, e oggi non è timida come al solito, anzi.
-Sono qui per ricordarti della serata di beneficenza che si terrà fra due sabati- mi informa stizzita -"La Serata Delle Lanterne". Fammi sapere quante ne vuoi prendere il prima possibile, intesi?- chiede brusca, prima di, senza aspettare la mia risposta, voltarmi le spalle e camminare a passo di marcia fuori dalla sala.
Sono. Scioccata.
Nessuno mi parla in questo modo, nessuno che non voglia guai, perlomeno. La Hale sa quando il mio caro papà sborsa in donazioni per la nostra scuola, visto che ne è rappresentante, e non è così stupida da parlarmi con quel tono. Dev'essere incazzatissima, furibonda, per perdere il controllo così.
Mi giro immediatamente verso il mio fratellastro, che in questo momento ha un'aria da funerale mentre fissa il punto in cui è scomparsa Emily.
-Che hai combinato?- chiedo, osservandolo. Lui fa una smorfia, prima di riportare lo sguardo annoiato sul tavolo.
-Abbiamo solo discusso, niente di che- risponde indifferente, senza guardarmi, cosa che mi fa preoccupare un po', visto che questo comportamento freddo è inusuale per Jake.
Sembra in modo preoccupante... Damian, in effetti. Sembra Damian.
E Damian è Damian, si sa, ma Jake è quello che infastidisce costantemente tutti come se questa fosse la sua unica ragione di vita.
A quanto pare, comunque, il famoso compito che Emily e lui dovevano fare insieme si è trasformato in qualcosa di più, e hanno incominciato a vedersi molto più spesso. Lei, secondo quello che ho capito, non vuole che si sappia, per ora, ma questo non intacca il loro rapporto, visti i sorrisi dolci che ha Jake in faccia quando parla di lei, e, considerato anche che diventa meno fastidioso, Emily sembra essere una molto bella influenza su di lui.
-Avete solo discusso?- chiedo piano, incerta, ma lui fa spallucce, come se questo non avesse l'importanza che invece ha. Basta guardare la sua faccia.
-Lei è sotto pressione- risponde Jacob, giocherellando con la forchetta -A quanto pare quel coglione del cugino sospetta qualcosa, e lei sta cercando in tutti i modi di convincerlo che tra noi due non c'è nulla- fa un sorriso privo di divertimento -Sai, non può far sapere in giro che sta frequentando Jacob Scott- dice sprezzante -E io non sono dell'umore per sopportarlo. A dire il vero non sono dell'umore per sopportare nulla. Ci sentiamo dopo- si alza, andando dritto dalla parte opposta in cui è uscita lei.
Wow.
Il fatto è che vedendo la tristezza di Jake sarebbe facile essere di parte, ma non posso condannare il comportamento di Emily: la mia famiglia ha cercati sempre di restare fuori dai pettegolezzi, ma la famiglia di Emily... beh, la sua famiglia vive di facciate. La madre di Calum Robinson, e quindi la zia di lei, è una giornalista bravissima, devo ammetterlo. E' avida di qualunque gossip, ed era una delle migliori amiche di mia madre, per capire, ma hanno litigato e da allora ha iniziato una persecuzione nei confronti dei suoi figli, in attesa di qualche segreto sconvolgente che rovinerebbe la carriera a tutti.
Non ha mai preso di mira Caroline perchè è troppo vicina a mia madre e quest'ultima scatenerebbe una guerra per non rovinare - e rovinarsi - la reputazione, ma ha sempre tormentato me e Chris. Me in particolare, a dire il vero: credo che la mia somiglianza con mia madre, e il mio carattere, ovviamente, l'abbiano resa proprio agguerrita e avversa nei miei confronti.
Io non dico che Emily non stia sbagliando, perchè secondo me ognuno è assolutamente libero di amare chiunque voglia e nessuno ha il diritto di negare i diritti altrui, ma la capisco e, per questo, non la condanno. E non osanno nemmeno Jake, a dire il vero, perchè era consapevole di questa problematica in tutti questi mesi e ora non può prendersela solo perchè sta passando un brutto periodo, ma capisco anche la sua voglia di viversi la sua storia alla luce del sole.
Che razza di casino.
La campanella suona nuovamente, facendomi tornare alla realtà.
Le ore passano troppo lentamente, ma finalmente, dopo altre tre lezioni pomeridiane, sono libera di fuggire da qua, però prima di uscire prendo un meritato caffè e un antidolorifico per il mal di testa.
Una volta in strada il cielo piange ancora, grigio di paura e solitudine, furioso di rabbia.
Sto camminando sotto l'ombrello, cercando di bagnarmi il meno possibile, quando una macchina si accosta a me, abbassando il finestrino.
-Sali-
Scoppio in una risata sprezzante.
-Scordatelo, Damian- ribatto, senza degnarlo di uno sguardo, mentre supero una pozzanghera nera dall'aria radioattiva.
-Sali- dice nuovamente, irritato.
Lui è irritato?
Lo ignoro e continuo a camminare, mordendomi la lingua per evitare di fare una scenata qui in mezzo alla strada.
Razza di coglione. Non si fa vivo per giorni e adesso ha la faccia tosta di dirmi di salire nella sua fottuta macchina.
-Puoi salire, per piacere?!- ringhia lui da dentro la macchina -Sta diluviando, Charlene, non fare la stupida!-
-Che faccia tosta!- strillo di scatto, voltandomi verso di lui -Io mi comporto da stupida?! Io?!-
-Puoi entrare in macchina?- sbotta, passandosi una mano fra i capelli con fare frustrato.
Lo ammazzo, giuro che lo ammazzo. Se lui è frustrato io che dovrei essere, dannazione?
-Bene!- strillo ancora, furente, sbattendo poi lo sportello con rabbia una volta dentro la macchina. Vedo con la coda dell'occhio che fa una smorfia, ma non commenta e parte immediatamente. Stiamo in un silenzio carico di tensione, ma poi lui fa' per parlare -Se apri bocca scendo immediatamente!- sibilo tagliente, scoccandogli un'occhiata di fuoco -Perchè ti sei fermato qui?!- chiedo acida quando accosta al parchetto dove siamo venuti tempo fa' con Tyler -Damian, perchè diamine ti sei fermato qui!?-
-Non credi che dovremmo parlare?- chiede di rimando lui, infastidito, girandosi verso di me.
-Vuoi parlare!?- rido senza divertimento -Ora tu vuoi parlare?!- chiedo, incazzata nera -Dov'eri quando ero io a volerti parlare, eh!? Dov'eri quando ti ho fatto mille chiamate in preda alla preoccupazione!?-
Lui stringe la mascella.
-Sei incazz...-
-Sono ferita!- strillo con voce acuta, interrompendolo -Tu mi hai ferito, Damian! Il tuo comportamento del cazzo mi ha ferito!-
E non mi importa, non mi importa se in questo momento mi vede vulnerabile. Non mi importa se sento un magone nello stomaco.
Perchè anche se fuori piove, io riesco solo a sentire la tempesta che porto dentro.
-Non mi sembra che io ti abbia mai promesso nulla!- sbotta lui -Sapevi esattamente chi fossi da sempre, Charlene! Non so cosa ti aspettassi da me!- le sue parole mi arrivano dentro con la potenza e il dolore di una pallottola.
Perchè, alla fine di tutto, questa è la realtà: io sapevo esattamente chi avevo davanti. Mi sono illusa, nel sperare? Mi sono illusa, nel credere che lui fosse qualcosa in più, oltre la maschera che porta?
Però mi vengono in mente tutti i baci, tutti gli abbracci, le parole, gli sguardi. Vi prego, ditemi, come potevo non sperare che ci fosse qualcosa in più, se lui mi guardava in quel modo? Come potevo non crederlo?
E, nonostante tutto, nessuno mi ha mai guardata come mi ha guardato lui. E nessuno, nessuno io ho sentito dentro come ho sentito lui.
Damian mi ha sconvolto. Mi ha travolto come un treno senza freni, come un fiume in piena.
-Mi aspettavo che restassi- la mia voce trema.
Nei suoi occhi, per un attimo, c'è il panico di quando rischi di annegare, senza ossigeno, e vi giuro, vorrei provare a capirlo e a scusarlo, ma mi fa solo più incazzare. E poi, nei suoi occhi... il niente.
-Io non ti devo nulla- dice lui, senza alcuna emozione -Non siamo fidanzati. Non ti devo assolutamente niente-
Vorrei urlargli contro, provare a fargli male quanto lui ne sta facendo a me, e invece mi volto di scatto verso il finestrino, guardando la pioggia che cade, il cielo che urla, poi chiudo forte gli occhi, perchè sta succedendo di nuovo.
-Voglio andare via- sussurro senza voltarmi, con voce strozzata, ma lui non parte, e sento che mi osserva, sento i suoi occhi guardarmi -Portami via, Damian, non voglio restare con te un solo secondo in più!- strillo, lasciando che la mia voce si porti via un po' del panico dentro.
Non farlo, Charlene. Non farlo. Non farlo. Non ti azzardare. Tu non crolli, capito?
Tu non crolli.
Tu. Non. Crolli.
Scappo via dalla macchina appena si ferma di fronte al cancello della villa.
Poi vado in camera, chiudendo a chiave la porta alle mie spalle, come se questo potesse tenermi al sicuro, quando invece quello che mi sta facendo sanguinare è dentro.
E scivolo per terra, abbracciandomi le ginocchia. La gola mi si chiude e brucia, come bruciano gli occhi, che chiudo di scatto.
Tremo.
Tremo perchè sto per piangere.
Io non crollo, ma stringo la targhetta fra le mani come se fosse l'unico appiglio per non farlo.
Combatti.
Combatti.
Combatti.
Combatti.
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-Perchè vuoi inciderci "combatti"?- chiedo curiosa, rigirandomi tra le dita la targhetta, sdraiata comodamente sul letto di Chris.
Lui, seduto sul davanzale della finestra, gioca con una pallina, lanciandola contro il muro per poi farla rimbalzare verso di lui, prendendola successivamente al volo.
-Per ricordarmelo, probabilmente- ribatte lui, facendo spallucce -Per ricordarmi di combattere quando tutto crolla-
Mi mordicchio le labbra, alzando lo sguardo su di lui.
-Non credi che, ad un certo punto, sia meglio smettere?- chiedo invece -Ad un certo punto devi smettere di combattere, no?-
-A quel punto non ne varrà più la pena- ribatte semplicemente -Combatti finché la varrà. Anche se nessuno crede in te, anche se sembrerà tutto perduto. Anche se non c'è più nulla per cui combattere, e quel nulla ne vale la pena, se merita ferite, lacrime di sangue amaro, allora tu combatti, perchè non puoi fare altrimenti: è la nostra guerra e va combattuta-
-Anche se poi la perdi?-
-Perdi soltanto quando chini la testa-
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Un Porto Sicuro.
Romance"Perdere te, dopotutto, è stato perdere me" La morte prematura del fratello maggiore ha sconvolto totalmente la vita di Charlene, così come la presenza della nuova compagna del padre, madre degli acernimi nemici nel campo di football di Christopher...