Capitolo 18 "Conversazioni notturne, té e confessioni"

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Come avevo previsto, una volta arrivati al castello ci fu ben poco da fare per convincere Levi a non farci pulire tutto da cima a fondo, appunto per questo motivo giusto una cinquantina di minuti dopo indossavo un fazzoletto bianco in testa e uno davanti la bocca e passavo uno spolverino su una vecchia polverosa libreria.
Mentre mi lamentavo come era mio solito fare quando ero costretta ad assecondare le sue manie, dei passi veloci mi raggiunsero e si fermarono alle mie spalle.
«Non provo nemmeno a passarci il dito sopra perché l'alone di polvere è visibile da un metro. Diamine mocciosa ma è possibile che dopo un'ora non sei riuscita nemmeno a spolverare una cazzo di libreria?!»
Non serve che io dica chi fu a parlare, alzai gli occhi al cielo e mi girai a guardarlo incrociando le braccia.
«Se sono così incapace fallo tu no? Invece di lamentarti faresti qualcosa di utile»
Gli allungai lo spolverino e lui con un ringhio frustrato invece mi afferrò l'avambraccio che teneva l'oggetto e iniziò a muoverlo bruscamente dal mio braccio sul ripiano, come a mostrarmi come si facesse.
«Tanto complicato?»
«No ma è faticoso...» borbottai mentre egli mi strappò lo spolverino dalle mani sbattendomelo in testa.
«Ahi!»
«Combatti i giganti, che cazzo ti lamenti di pulire una stanza?! Muoviti!»
Senza dire altro mi schiaffò lo spolverino in mano uscendo dalla stanza facendo risuonare come al solito il suo "Tsk" di classe.
Dopo aver finito di tirare a lucido la vecchia ed immensa teca di libri di Erwin, camminai con lo straccio sotto i piedi fino alla porta per evitare di lasciare sporco. Raggiunsi la mia squadra che si trovava a pulire il seminterrato mentre Levi ed Eren non ho idea di dove fossero.
«Come state messi?»
Mi avvicinai mettendo un braccio sulla spalla di Gunther, egli si abbassò il fazzoletto sorridendo timidamente come fece successivamente il resto della squadra che mi salutò con un cenno della mano.
«Ma... Ci manca tutta la mensa e il secondo piano.» disse la ramata riflettendo.
«A me è toccato il tempio di libri di Erwin... Avete idea di pulire quella marea di libri uno per volta?»
I ragazzi scoppiarono a ridere quando mi videro accasciarmi con fare teatrale sulla poltrona, appoggiandomi una mano sulla fronte.
«Eren?» chiesi poi io.
«A pulire il bagno» disse Erd, indicandomi con la testa il piano di sopra.
«Dovreste scusarvi con lui, lo sapete?»
Dissi pacata io, ricevendo uno sbuffo da Oruo che si fermò da pulire una cella aperta, girandosi verso di me..
«Quel moccioso?»
Oh. Guai a chi mi tocca Eren.
«Non chiamarlo moccioso Oruo, hai solo quattro anni in più!»
Lo rimproverai io, facendo ridacchiare gli altri.
Egli sbuffò di nuovo, morendosi la lingua mentre cercava di dire una frase; tutti noi scoppiammo a ridere.
«Non sei divertente quando imiti Levi!»
Disse piccata Petra, mentre io le battei il cinque. Finito il momento di scherzo continuai il mio discorso.
«Davvero, dico sul serio. Siete stati un po' aggressivi.»
«Lei e il capitano non avete avuto giudizio, vi sareste potuti fare del male.»
Disse apprensiva la ramata. Per quanto le volessi bene, odiavo chi mi dava torto quando ero sicura di avere ragione.
«Se non avessimo fatto così ora quel ragazzino nemmeno sarebbe vivo. Il giudizio c'è stato eccome, cara. È normale che ora sia confuso, penso che ognuno di voi dovrebbe mettersi nei suoi panni. Ora vado, iniziò a dare una lucidata alla mensa, così voi vi concentrate sul resto. Chi lo sente poi il nanetto?»
Conclusi ironicamente, mentre uscivo dall'ala, risalendo i sotterranei.
Iniziai a camminare nel corridoio, incrociando Eren nel tragitto.
Era scosso, lo vedevo dal suo sguardo attento ad ogni mio movimento.
I tratti spigolosi e le occhiaie marcate.
Aveva dormito quel ragazzo?
Qualcosa mi diceva che era meglio lasciarlo in pace, quell'altra cosa mi suggeriva di comportarmi da adulta e di aiutarlo.
«Eren»
Sobbalzò, bloccandosi sul posto facendomi sentire un peso sul cuore.
Sembrava un cucciolo indifeso: gli occhi spalancati, il labbro inferiore tremolante, le mani chiuse a pugno e la pelle sbiancata.
«Si, capitano?»
Mi avvicinai a lui, mettendogli una mano sulle scapole, passandoci sopra le unghie.
«Ti senti bene?»
«S-si...»
Mi venne da sorridere, non lo feci.
«Quante volte mi dovrai ancora far ripetere che devi rispondere come meglio credi e non come mi fa comodo? Non te lo chiederei se non fossi davvero interessata.»
Egli si girò verso di me con lo sguardo basso, un verso di rabbia gli uscì dalla bocca e si inginocchiò sulle scale, mi sedetti accanto a lui un po' sbigottita.
«Diamine, sperano tutti in me! Io ho paura di deludervi, ha visto cos'è successo ieri?!»
Il pugno della mano davanti agli occhi, ci appoggiai le mie mani sopra, stringendole attorno al suo pugno.
«Eren, ascoltami... Tutti noi abbiamo dei momenti deboli. Pensi che io o il malato delle pulizie siamo nati così? Nati imparati? Forti e imperturbabili? -indugiai un secondo, guardando il suo sguardo che si puntava al mio- No, non è così. Ci vuole esperienza, tempo, pazienza. Quella che ti manca. Eren lo sappiamo che hai quindici anni e non ci aspettiamo che i risultati vengano subito e sia io che Levi ci siamo confrontati con Erwin e per tutelarti abbiamo deciso di portarti qui. Ti proteggeremo fino a che potremo farlo, gigante o umano. Tu devi fidarti di noi, e anche la nostra squadra ieri non voleva fare ciò che ha fatto, ha solo avuto tanta paura. Per un attimo  siamo stati colti di sorpresa, ma ciò ci ha aiutato a scoprire tante cose. Sbagliando si impara, mh?»
Mi guardò e sorrise lievemente. Gli tirai un buffetto sulla guancia, alzandomi e sorridendogli a sua volta.
«Forza, alzati! Raggiungi gli altri che i batteri ci aspettano!»
Gli scappò un risolino e corse via.
Un ragazzino proprio.
Il tempo successivo passò veloce, lucidai tutto il refettorio per poi aspettare che il mio collega controllasse tutto da cima a fondo.
A parte qualche battibecco con egli arrivò l'ora di cena e ci riunimmo intorno al tavolo.
Io e Levi parlottavamo di faccende militari mentre gli altri erano stranamente taciturni.
Di punto in bianco i ragazzi, tranne il castano, si alzarono in piedi interrompendo il discorso che io e il nanetto stavamo facendo.
Levi li guardò confuso, loro si morsero la mano.
«Ma che?-»
«Scusaci Eren, non dovevamo attaccarti.»
Il citato arrossì di colpo, dicendo che non faceva nulla alle parole della ramata.
Io e il corvino ci scambiammo uno sguardo fugace e io mi lasciai scappare un sorrisetto complice guardando i ragazzi della mia squadra.
Egli sbuffò e dopo una mezz'ora ci demmo la buonanotte, dirigendoci ognuno nelle proprie stanze.

"That rose blossomed in the ice" 🌹[LevixReader] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora