Paure

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La prima cosa che Hermione percepì fu un doloroso mal di testa e con ancora gli occhi chiusi tastò con una mano la superficie su cui era sdraiata, trovandola gelida e dura. Cercando di ricordare dove fosse e il motivo per cui si trovasse a terra, socchiuse gli occhi non riuscendo a vedere però nulla a causa dell’oscurità. Lentamente si mise a sedere e notando vicino a sé una forma indefinita la toccò con cautela per comprendere cosa fosse. Quando riconobbe la sensazione del legno e comprese che si trattava di uno scaffale capì di trovarsi in biblioteca. E in quell’esatto momento ricordò tutto, la porta che si apriva, l’ombra che l’aveva inseguita, il suo terrore e infine il buio. Dedusse che doveva essere svenuta per la troppa agitazione e solo allora si rese conto di quanto avesse avuto ragione il Medimago quando raccomandava di farla stare tranquilla. Si alzò in piedi con lentezza riuscendo a malapena a controllare il senso di vertigine che l’aveva appena assalita. Quando si sentì meglio cominciò a riflettere su ciò che le era successo. Una parte di lei le suggeriva che l’ombra fosse stata un’allucinazione ma un’altra temeva invece che non lo fosse, alla luce di ciò che le era accaduto. Ipotizzò quindi che essa fosse reale e che avesse causato lo spegnimento della candela, l’apertura e la chiusura della porta e del cancelletto dato che non riusciva a spiegarselo in nessun altro modo. E se fosse stata quell’ombra a produrre il suono dei passi e la risata che aveva sentito in precedenza? Rabbrividì e, non volendo ancora rimanere lì sentendosi esposta, cercò con le mani la porta sperando irrazionalmente che non fosse chiusa. Quando riuscì a trovarla, nonostante temesse che fosse ancora sigillata, provò ad aprirla con tutte le sue forze non avendo altre idee o alternative. Inaspettatamente  la porta si spalancò con una facilità così sottovalutata che per la sorpresa per poco non si sbilanciò rischiando di cadere nuovamente. La luce emanata dal fuoco dei bracieri, che percepì più intensa a causa dell’oscurità a cui si era abituata la sua vista, la costrinse a chiudere e socchiudere gli occhi più volte. Scese le scale, sostenendosi poggiando una mano sul muro alla sua destra, con le gambe tremanti che minacciavano di cedere da un momento all’altro. La testa non smetteva di pulsare dolorosamente nemmeno un attimo. Percorse tutto il corridoio confusa e terrorizzata non sapendo se parlare dell’accaduto a Draco o ai suoi amici. Mentre lo attraversava, però, fece il madornale errore di voltarsi verso le grandi finestre. Esse le rimandarono la sua immagine riflessa come se fossero degli specchi ed Hermione poté osservare con sgomento il proprio stato. Aveva un’espressione esausta, esasperata e terrorizzata, delle profonde occhiaie spiccavano sul volto pallido e dimagrito e i capelli avevano perso la loro lucentezza. L’unico tocco di colore più acceso era la ferita che aveva riportato alla tempia destra probabilmente a causa della caduta in biblioteca. Per quanto già il suo aspetto indicasse che c’era qualcosa che non andava furono i suoi occhi a colpirla. Erano terribilmente spenti come non li aveva mai visti e capì con una stretta al cuore che una parte di lei stava morendo lentamente, silenziosamente. Quegli stessi occhi le si velarono di lacrime. Esse però non riuscirono a dar loro più vita di prima, anzi, sembrarono simboleggiare il preludio della fine.

Non riuscendo più a sopportare quella vista smise di osservarsi e continuò a camminare con un peso sul cuore. Aveva cominciato a scendere la scala marmorea, non avendo una meta precisa, quando udì delle voci tra cui una femminile. Hermione si fermò di scatto. Capì che doveva trattarsi di qualche ospite e conscia di ciò che le aveva detto il padrone di casa sentì l’impulso di nascondersi per far credere di non essersi ancora svegliata.

Nascondersi.

Hermione aveva sempre odiato quella parola e il solo pensarla la portò a chiedersi per quale motivo le importasse così tanto l’opinione e il desiderio di Malfoy da indurla a comportarsi in un modo, a suo parere, così codardo. Cominciò di conseguenza a scendere i primi gradini, non avendo intenzione di farsi intimidire da nessuno, mentre ricordava la motivazione di Draco della sua richiesta. Sapeva bene che i giornalisti erano davvero fastidiosi e invadenti, ne aveva avuto esperienza, eppure non le sembrava un motivo valido per impedirle di vedere altre persone, anche perché non era detto che queste diffondessero per forza la voce. Pensò che in fondo non le importava molto che scrivessero su di lei, non sarebbe stata di certo la prima volta, poteva gestire e sopportare il fatto di essere la notizia del mese per tutto il mondo magico… A quel pensiero però si fermò e capì qualcosa a cui non aveva forse pensato nemmeno il biondo, un’implicazione che la fece desistere dallo scendere ancora i gradini davanti a sé. Se tutto il mondo magico fosse venuto a conoscenza del suo risveglio questo voleva dire che anche il suo aggressore l’avrebbe saputo e fu sicura che sarebbe prima o poi tornato al Manor. Per quanto ne sapeva anche l’ombra stessa che l’aveva attaccata poteva essere collegata al suo aggressore e di conseguenza tutta quella cautela era inutile. Però quest’ultima era solo un’ipotesi e non poteva permettersi di commettere errori, doveva cercare di far sapere di sé il meno possibile. Si accorse solo in quel momento di stare tremando e di avere il battito del cuore impazzito. Aveva paura ma non per se stessa, realizzò con sgomento. Aveva paura per Draco, per ciò che poteva accadergli a causa della sua permanenza al Manor. Se gli fosse successo qualcosa la responsabilità sarebbe stata solo sua e sapeva che non si sarebbe mai perdonata per questo.

Il filo rosso del destinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora