VII. One world, it's a battleground One world, and we will smash it down

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Malcom stava finendo il giro intorno al campo per spegnere le luci, mettere a posto i materiali, raccogliere una felpa dimenticata da chissà chi: non era particolarmente tardi, ma in quella stagione il sole tramontava presto e le ombre si erano allungate. Quel pomeriggio c'erano stati i primi allenamenti post partita, i ragazzi erano ancora galvanizzati dalla vittoria contro i Cardinals ed era stato arduo tenerli a bada per le raccomandazioni tecniche e per il ripasso dei nuovi schemi tattici. Li aveva salutati ed erano usciti vocianti e scatenati come al solito già da un bel po'. Anche Jamal era dentro, nei locali dell'Effra e lo stava aiutando a mettere a posto. Quando Malcom lo raggiunse, gli disse che avrebbe finito lui e che poteva andare. Gli piaceva quel ragazzo: era silenzioso e serio, capace di farsi rispettare con un solo sguardo con un'autorevolezza che era davvero rara alla sua età. Ormai era circa un anno che lo aiutava come commissario tecnico, gli aveva raccontato che quando era più piccolo aveva provato a giocare, ma non era molto veloce. In compenso, aveva notato Malcom, Jamal aveva una memoria prodigiosa per gli schemi e un colpo d'occhio globale davvero notevole, quasi alla Cruijff. Era fondamentale per la squadra tanto quanto i giocatori. Malcom era sovrappensiero mentre stava uscendo dall'Effra Social, con una mano in tasca giocherellava col portachiavi della macchina, rilassato. Quando girò l'angolo dell'edificio si accorse che uno dei suoi ragazzi era attorniato da due giovani più grandi. Avevano pantaloni da hiphop calati sui fianchi, grosse scarpe da ginnastica e il cappuccio delle felpe alzate. Lo stavano incalzando chiudendolo sempre più contro il muro. Era Allen, lo riconobbe l'allenatore, parlottava con voce rotta gesticolando e cercava di uscire dall'accerchiamento, ma uno dei due lo prese per la felpa sbattendolo contro il muro. Malcom fece un passo in avanti e gridò loro qualcosa: per sua esperienza sapeva bene cosa stesse accadendo.


- Fatti i cazzi tuoi!


Berciò uno della gang, ma Malcom senza farsi intimidire, si mise in mezzo, liberò il ragazzino dalla morsa degli altri due e gli ordinò di tornare dentro. Uno dei ragazzi si tolse un coltello dalla tasca e glielo mise sotto gli occhi con un sorrisetto da maniaco. La lama brillò minacciosa riflessa dagli dalle pupille dilatate degli occhi lucidi:

- Sei già brutto di tuo, magari mi diverto un po' con la tua faccia.- Non mi fai paura, stronzo.


Una zaffata di alito gli arrivò alle narici, c'era un qualcosa di speziato nel fiato del ragazzo che Malcom non riuscì ad individuare. In quel momento un vociare distrasse i ragazzi, Allen che si era fatto piccolo piccolo dietro alla schiena di Malcom, era sgusciato via appena i due teppisti si erano distratti. Era andato a cercare aiuto e in quel momento intervennero Jamal e Ramsay. Vedendosi in inferiorità numerica i due bulli tagliarono la corda minacciando ritorsioni con toni smargiassi. Malcom si appoggiò al muro, piegato sulle ginocchia con le mani sulla faccia.


- Cazzo, c'è mancato poco.- Non ci sai proprio stare lontano dai guai, eh?


Ramsay era preoccupato, ma cercò di alleggerire l'atmosfera, teneva Allen vicino a sè e gli diede una ruvida carezza sulla zazzera bionda. Gli fece cenno di tornare dentro. Jamal si scrocchiò le dita delle mani:


- Gliel'avrei fatta pagare io, Mister.


Malcom sorrise dandogli una pacca sulla spalla e Ramsay alzò gli occhi al cielo:


- Eccone un altro. Voi non farete proprio niente, fatemi parlare con Forster. Ricordate che farsi giustizia da sé non porterà da nessuna parte. Forza, ora leviamoci di qui.

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