Quinto capitolo

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Dopo Manchester, un'intera giornata di imbarazzo è ciò che basta perché le cose tornino alla solita frustrante normalità.

Louis non portava più la fede nuziale, ma Harry finge di non averlo notato. Il più piccolo aveva pensato che anche nel caso in cui glielo avesse chiesto – anche se significava che Louis stesse rinunciando definitivamente al suo matrimonio o meno – non avrebbe ricevuto comunque nessuna risposta.

Ciò che era accaduto in quella camera d'hotel a Manchester e che aveva reso il suo professore solitamente taciturno, così colloquiale e vulnerabile, era qualcosa che sicuramente non si sarebbe ripetuta. E ad Harry stava più che bene.

Avrebbe persino detto che preferiva così.

Alla vigilia del suo compleanno si sveglia con il riscaldamento troppo alto, e quella giornata è quindi praticamente segnata. Quel senso di sonnolenza non lo abbandona per tutto il giorno, ma nonostante questo, cerca con tutte le sue forze di concentrarsi sulla lezione di Louis e sul corso.

Inutile dire che Louis lo capisce subito.

Il pisolino che si concede in biblioteca va terribilmente male. Si sveglia d'assalto e trova la bibliotecaria in piedi a fissarlo.

''Stiamo per chiudere, caro,'' gli dice lei, il che non può essere vero. La biblioteca chiudeva alle sei e non poteva essere così tardi, giusto? Ad ogni modo, come se avesse letto la sua mente, la bibliotecaria indica l'orologio a muro.

Mancavano due minuti alla chiusura.

''Grazie,'' risponde allora Harry, mentre recupera tutti i suoi libri. ''Buona serata.''

Sono le sei e un quarto quando arriva all'ufficio di Louis, senza fiato e con il sudore freddo appiccicato sulla pelle.

''Sei in ritardo,'' gli dice il maggiore, non appena lo vede varcare la porta. Il professore era appoggiato all'angolo della scrivania, come una sorta di uccello raro e prezioso.

''Mi dispiace,'' ansima Harry. ''Ho perso la misura del tempo in biblioteca.''

Louis allora si allontana dalla scrivania. Indossava un completo color blu marino, delle scarpe marroni in pelle e una camicia bianca. Dal suo aspetto impeccabile, non si direbbe mai che gli capiti di non svegliarsi in tempo, o comunque, di non essere in tiro e perfetto. (Harry aveva visto abbastanza da sapere che invece non era affatto così).

Ad ogni modo, Harry si aspetta un rimprovero o la solita ramanzina.

''Non esserlo,'' dice Louis, facendo un passo in avanti, verso di lui. ''Ti senti bene?''

La luce in ufficio è fioca, con solo la lampada della scrivania a illuminarlo, il maggiore è a pochi centimetri di distanza da lui, e la sua voce è abbastanza delicata da adattarsi alla lieve distanza che li separava.

Mancavano quattro mesi per Harry ad Oxford, e tra il suo Master e il resto, o tra lui e la sua libertà personale, aveva a malapena del tempo. Non potevano esserci altre serate come quelle a Manchester. Non potevano ripetersi. Niente di vagamente rievocativo poteva accadere di nuovo.

Harry annuisce velocemente.

''Sto bene,'' dice. ''Sono pronto quando lo sei tu.''

Louis si trattiene di fronte a lui, continuando a fissarlo.

''Giusto, dovremmo sbrigarci,'' dice poi, superandolo ed entrando nel corridoio. ''Vado a prendere l'auto.''

Serate come quella trascorsa a Manchester non avrebbero dovuto ripetersi. Harry doveva smetterla con le distrazioni, le fantasie e tutto ciò che riguardava Louis. Sapeva che era sbagliato. Sapeva che era un'illusione. Sapeva che non doveva lasciarsi andare.

Come as you are [Larry Stylinson || Italian Translation]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora