Lily
Quando torno a casa ho paura che non mi voglia più vedere per quello che gli ho detto.
Entro e lui è seduto sul divano, così mi avvicino e lui alza gli occhi:
"Avevo paura che non saresti tornata." Dice.
"Perché? " Chiedo io.
"Per le cose che ti ho detto: ti volevo chiedere scusa. Ti ho trattata troppo male e non riesco a perdonarmi. Scusami."
Quando ero tornata avevo intenzione di fare un po' l'arrabbiata per fargli capire quanto avevo sofferto, ma dopo quelle parole semplicemente mi butto addosso a lui stringendolo forte.
"È stata anche colpa mia. Ho solo paura che mi ti portino via." Sto piangendo ora.
"No, no, non accadrà mai amor mio." Risponde lui poggiando la sua mano sulla mia testa.
"Mai?"
"Mai."
Dobbiamo cominciare a preparare tutto, dato che tra un mese dovrà partire: andiamo su internet per vedere le temperature e cerchiamo informazioni sul posto dove dovrà andare.
È pieno di bambini malati, bambini che muoiono mentre nascono, mamme che muoiono mentre partoriscono... malattie, fame... ho paura di vedere Alec laggiù, sapendo che basta uno starnuto per ucciderlo, e lui sarà così lontano per così tanto tempo...
Mi ricorda la morte di mio padre, a stento io e Lucy siamo riuscite a perdonarlo: io e Lucy siamo state ignorate, odiate e siamo arrivate a pensare al suicidio: lei era bulimica, con la madre che le diceva sempre che era grassa e lei cercava di dimagrire a tutti i costi.
Io ero autolesionista.
Ho cominciato a dieci anni: il primo taglio è stato sull'incavo del gomito. In tre anni ero tutta ricoperta di cicatrici, non potevo mettere magliette e pantaloncini, non potevo andare al mare... molto spesso, quando prendevo il coltello, ero tentata di salire sulle vene, ma avevo paura. Quando finiva lo spazio sul mio corpo, un taglio al giorno, quindi circa ogni tre anni, ricominciavo e passavo il coltello sulle vecchie cicatrici, che si riaprivano.
Ho smesso a diciassette anni; la sera del giorno in cui conobbi Alec non mi tagliai, qualcosa mi trattenne.
Gli confessai tutto dopo che ci eravamo fidanzati, ma lui già lo sapeva perché aveva visto tutto quando mi controllò la schiena nel nostro primo incontro.
Le cicatrici non sono ancora guarite, e forse non guariranno mai, ma sono felice ora.
Sono con una maglietta in mano, in camera da letto di Lucy, e la sto aiutando a mettere a posto dei nuovi acquisti per distrarmi.
"Ehi? Terra chiama Lily... Prontoooo?... Lily... LILYYYYY!"
"Che ti urli?!" Salto io, una mano sull'orecchio sinistro.
"Ti ho chiesto se secondo te questa maglia va nel mucchio delle bluse colorate, delle bluse bianche, delle bluse scure, delle maximaglie o delle maglie?"
Alzo gli occhi al cielo. Non passa secondo senza una domanda del genere quando sono con lei.
"E se la metti nel mucchio STAI ZITTA E NON DISTURBARE IL MIO EGO FILOSOFICO?"
"Uff, tu e il tuo ego... rilassati un po', lasciati andare!" Dice lei.
"Ho troppi pensieri per rilassarmi." Rispondo io, lasciandomi cadere sul letto.
Lei abbassa le braccia, lascia cadere i pantaloni che stava ripiegando e mi si siede accanto.
"Ma tu e Alec non avevate fatto pace?" Mi chiede.
"Sì ma... ho paura di quello che gli potrebbe succedere lì."
"Ascolta: tu hai paura, è vero, ma devi anche dargli un po' di fiducia. Non è così stupido da ammalarsi."
"Neanche nostro padre era stupido, ma si è ammalato ed è morto." Lei mi guarda per un po', poi dice:
"Senti, nostro padre non so perché si sia ammalato, ma Alec è diverso. Papà si vergognava di quello che ci aveva fatto, era come se aspettasse qualcosa che lo portasse via. Ma Alec ha una figlia, ha te... lui ti vuole bene, ti ama. Sono sicura che starà attento, però tu devi anche avere fiducia. Ok?" Annuisco, incapace di parlare.
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C'è una casa a Londra...
Fanfiction- Una donna - Un uomo - Una casa - Londra Questi sono gli elementi fondamentali che ho usato per questa storia. Ora sta a voi dirmi se bastano. Sta a voi dirmi che non so scrivere. O che so scrivere. Dipende da voi farmelo capire, perché io lo capi...