Per un mese intero sono totalmente depressa, chiusa in camera con Ethel o sul divano del salotto a fissare il vuoto. Aspetto che Alec mi scriva, ma succede molto raramente, e quando capita mai per più di cinque minuti. Dice sempre che è occupatissimo, che è pieno di bambini malati e quant'altro.
Mi sento sola, mi manca Alec e niente, nemmeno Ethel riesce a tranquillizzarmi: ha imparato le parole "papà" e "mamma" e sto cercando di farle imparare "zia" e "zio". Impara in fretta, ma vorrei che qui ci fosse Alec, che ride assieme a me quando sbaglia, che la fa volare quando impara cose nuove...
Una mattina a metà del secondo mese dalla partenza Max mi chiede di andare a comprare il giornale, così lascio Ethel a Lucy e vado all'edicola sotto casa, prendo il giornale e in ascensore vedo la foto in prima pagina, poi mi accorgo di quello che realmente vedo: nella foto in prima pagina c'è Alec con un bambino in braccio. Il titolo diceva:
"MEDICO ARRIVA IN AFRICA E CURA I BAMBINI COLPITI DALLE MALATTIE PIÙ GRAVI; " Il sottotitolo invece citava: "TUTTI I BAMBINI DA LUI VISITATI E CURATI SONO GUARITI, IL DOTTOR LIGHTWOOD ACCETTA I REGALI DICENDO CHE LI AVREBBE RIPORTATI ALLA FAMIGLIA, ATTUALMENTE RESIDENTE A LONDRA. "
Le lacrime mi inumidiscono gli occhi e sorrido. Poi la vedo: una donna di circa la mia età con maglietta e pantaloni gli tiene il braccio e ha la testa poggiata sulla sua spalla. Il sorriso diventa ringhio e quando entro lancio il giornale a Max e salgo in camera.
Lo sapevo che sarebbe successo, lo sapevo!
Piango in silenzio e mi addormento. Quando mi sveglio devo correre al lavoro, così prendo la borsa e Ethel ed esco.
In libreria entra un ragazzo, bello, magro, i capelli castani e gli occhi scuri.
"Buongiorno, prego entri." Dico. Lui si avvicina e rimane a guardarmi, fino a quando non mi stufo e chiedo:
"Desidera qualcosa?"
"Vorrei solo sapere il nome di una così bella creatura." Alzo le sopracciglia e rispondo:
"Come posso sapere che non è uno stalker o qualcosa del genere?" Lo so, sono molto delicata e attenta alla gentilezza.
"Non ti fidi di me?" Chiede, appoggiandosi con il gomito sul bancone e ammiccando.
"Di lei? Non credo proprio, e non mi pare di averle detto che mi può dare del tu."
"Oh, andiamo! Di solito le belle ragazze single non fanno tante storie!"
"Per sua sfortuna non sono single, ma sono sposata, e la bambina qui accanto a me è mia figlia."
"Sì, ma tuo marito ora è in Africa."
"A quanto pare ti sei ben documentato." Ora rinuncio totalmente alle buone maniere.
Sorride, saluta e esce.
Mi siedo: mi sento strana, da una parte lo odio e vorrei mandarlo a quel paese, ma dall'altra mi attira quel ragazzo così bello.
Per altri cinque giorni torna e cominciamo a fare amicizia, poi mi chiede il numero e io glielo dò senza esitazione. La sera torno a casa e leggo da parte sua:
"Finalmente posso scriverti, principessa. "
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C'è una casa a Londra...
Fanfiction- Una donna - Un uomo - Una casa - Londra Questi sono gli elementi fondamentali che ho usato per questa storia. Ora sta a voi dirmi se bastano. Sta a voi dirmi che non so scrivere. O che so scrivere. Dipende da voi farmelo capire, perché io lo capi...