Mi sveglio alle quattro e mezzo di mattina e non riesco a riaddormentarmi. Oggi Alec dovrà partire.
Mi giro verso di lui, sapendo che per sei mesi non potrò più farlo e semplicemente lo guardo: conosco a memoria tutto di lui, dall'orecchio con una forma strana al neo sul collo, dalla piccola fossetta sulla guancia destra al canino leggermente rotto. Eppure non mi stanco mai di guardarlo, ora più che mai vorrei stringerlo a me e convincerlo a non partire.
Sto così fino alle otto, quando suona la sveglia e lui apre gli occhi. Mi guarda e mi sorride:
"Perché non ti sei riaddormentata una volta sveglia?"
"Guarda che mi sono appena svegliata!" Rispondo.
Lui mi guarda scettico e io rispondo al suo sorriso sghembo con una linguaccia.
"Non voglio che parti." Dico poi, rannicchiandomi contro il suo petto: questo pensiero mi fa piangere. La mia testa è esattamente sopra il suo cuore e al suono ritmico e lento mi tranquillizzo un poco.
"Ascolta, andrà tutto bene, ok? Tornerò vivo e vegeto. In tempo per il compleanno di Ethel."
"Dovresti anche vedere il suo primo sorriso. Dovresti anche vedere crescere il suo primo dente. Non solo il compleanno."
"Quando ho fatto quel concorso non ancora ti chiedevo nemmeno di sposarci."
Annuisco. Lui si alza e dice:
"Vado sotto a preparare la colazione. Tu vestiti e chiama Max e Lucy."
Annuisco ancora e lui esce. Mi vesto, poi esco in corridoio e vado davanti alla porta della camera di Max e Lucy, busso ma nessuno risponde. Apro la porta e spalanco le finestre.
Scendo giù. Alec sta apparecchiando e appena mi vede mi viene vicino e mi abbraccia. Ci stacchiamo quando scendono Max e Lucy, facciamo colazione e usciamo.
Con due ore di macchina arriviamo all'aeroporto alle dieci e mezza, scendiamo e scarichiamo le valigie. In quel momento ci raggiungono Mary, Mark e Alex.
Poi ci mettiamo in riga e Alec comincia a salutare. Va prima da Lucy.
"Tienimi d'occhio Lily, tieni lontani i vari uomini e fai in modo che non senta troppo la mia mancanza." Lei annuisce e si abbracciano.
Ora tocca a Max.
"Ciao campione. Sta attento in Africa." Dice lui, abbracciandolo.
Poi va da Mark e si salutano, arriva da Mary. Prende in braccio lo gnomo e gli dice:
"Mi raccomando, fai l'uomo di casa e tieni d'occhio la mia bambina. Ok?" Saluta Mary e finalmente arriva da me. Mi guarda a lungo e poi mi abbraccia.
"Andrà tutto bene, ti chiamerò e starò attento. Promesso. Tornerò e mi terrò lontano da donne intraprendenti. Tu sta attenta a Ethel, ok? Ricordati che ti amo. Ok?" Sta piangendo, come me. Mi bacia e prende in braccio Ethel.
"Bada alla mamma, rendila fiera e falla sorridere. Fallo per me. Quando torno dovrai parlare, sorridere e avere tutti i dentini nuovi." Ethel alza le manine e gli tocca il naso.
E succede. La sua boccuccia si apre in un sorriso. È lo stesso di Alec. Pronuncia goffamente un parola, una parola sola:
"Pa-pà"
Sono stupita e continuo a piangere. Lui mi guarda e io gli sussurro:
"Ha il tuo stesso sorriso..." Lui mi guarda, si gira e va via sorridendo, senza voltarsi.
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C'è una casa a Londra...
Fanfiction- Una donna - Un uomo - Una casa - Londra Questi sono gli elementi fondamentali che ho usato per questa storia. Ora sta a voi dirmi se bastano. Sta a voi dirmi che non so scrivere. O che so scrivere. Dipende da voi farmelo capire, perché io lo capi...