quattro

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<<È letteralmente impossibile che ti prenda l'AIDS toccando un palo lercio,>> disse Richie ad Eddie, appena riuscito ad emergere dalla massa di studenti impazienti di uscire dalla scuola.

<<Al massimo te lo prendi respirando la stessa aria di Bowers.>> aggiunse tappandosi il naso. Eddie non sorrise ma si voltò indietro, controllando che Bowers fosse ben lontano e non stesse ascoltando le frasi dette a sproposito da Richie.

<<Sta' zitto, se ti sente oltre all'AIDS hai pure le gambe rotte>>

L'uscita di scuola era un altro dei momenti più disastrati della giornata. Erano ancora alle prime settimane di scuola, l'eccitazione era ancora viva come il caldo afoso a Derry. Non a tutti, ovviamente, era concesso il lusso di godersi le prime settimane a contatto con professori, compagni, amici. Solo a quelli che "se la cavavano". Per "cavartela", dovevi avere una reputazione minimamente decente, far parte di un gruppo (il cui status generale era perfetto, e ruoli già adeguatamente assegnati per quello che mostri di essere), e magari avere qualche amico. Insomma, ciascun gruppo doveva ospitare persone tra loro uguali, fotocopie. Mostri senza alcun difetto, il più delle volte con la puzza sotto al naso. Chi era emarginato rimaneva tagliato fuori, e a differenza di tutti quei sorrisi instancabili che giravano per i corridoi, la tua felicità si spegneva dopo massiml due giorni. C'erano le cheerleader, ad esempio, che si godevano le giornate tra una visita e l'altra in bagno per applicare il cinquantesimo strato di rossetto rosso sangue e il lucidabbra alla ciliegia. Oppure quelle che non erano cheerleader e che erano snob, oppure le cheerleader che non erano snob. Ma raramente. Beverly evitava di entrare durante i cambi d'ora o la pausa pranzo. Quando doveva andare in bagno lo faceva durante le lezioni, così da non incontrare una delle snob e ritrovarsi con lo zaino pieno di assorbenti usati. Una volta le infilarono nello zaino un sacchetto di "quei pannolini", così soprannominati da Richie.

Bill aveva scambiato il suo zaino per quello della ragazza, e quando lo aprì, la sua faccia passò per almeno venti sfumature di rosso come i rossetti delle ragazze. Era imbarazzato e disgustato. Così tanto che non riusciva più a dire una frase senza farsi aiutare da Eddie.

Poi c'erano i giocatori di football, tutti stranamente dei modelli. Grandi e imponenti, gli sguardi tenebrosi e le cheerleader ai loro piedi. Erano quasi tutti fidanzati. Nessuno dei perdenti aveva osato presentarsi ad una loro partita. Per prima cosa, non ne facevano quasi mai. Poi erano scarsi. Molto scarsi. Il ragazzo fattone della scuola seduto tra gli spalti del piccolo campo fuori città intento a fumarsi l'erba era sicuramente uno spettacolo più avvincente. Per terza cosa, ultima ma non meno importante, avrebbero mirato apposta alle loro facce. Preferivano evitare.

Queste due erano le categorie più conosciute e stimate dalla scuola, addirittura superavano il consiglio studentesco.
Due categorie.
Se eri una cosa eri l'altra altrimenti ti preparavi a vivere gli anni gli anni più schifosi della tua vita.
Avvicinarsi a loro, quando sei un perdente, e un po' come giocare alla roulette russa con un bazooka carico: letale. Più della normalità, che potevi paragonare alle pistole ordinarie.

Fortunatamente, il club dei perdenti era un posto sicuro. Erano tutti dei ragazzini educati, gentili e dolci che non avrebbero fatto male ad una mosca. Forse Richie avrebbe fatto qualche battutina pungente, cosa che non dipendeva a pieno da lui, perché non sapeva regolarsi. Per lui era importante solo divertirsi. Gli altri perdenti l'avrebbero zittito o fulminato con lo sguardo. Soprattutto Eddie. La media di volte in cui gli intimava di tacere era più o meno novantacinque al giorno. Lo faceva durante una battuta, prima che arrivasse alla parte "divertente", o in caso non fosse possibile interrompere il commento scomodo, lo sgridava e per dieci minuti buoni riusciva a zittirlo.

Poi riprendeva la tortura. Altre volte invece intercettava la battuta ancor prima che Richie la organizzasse per bene. Nemmeno lui sapeva perché osservava tanto l'occhialuto. Semplicemente non riusciva a staccargli gli occhi di dosso perché, cavolo, lo irritava a morte. O non era così? Forse aveva un sguardo diverso da quello infastidito che voleva mostrare? Dentro di sè sapeva che non c'era un motivo per osservarlo. Lo faceva e basta. Prima di dire una battuta si mordicchiava il labbro e assumeva un'espressione ebete, con un sorrisetto strafottente stampato in faccia. Da lì, sapeva che doveva zittirlo.

See You Later-stenbroughDove le storie prendono vita. Scoprilo ora