La bellezza ha bisogno di grandi distruttori.
Dal di là soffia nel chiuso un'aria di urla soffocate, pare, si avvoltola lieve attorno alla testa e la fascia di una trama sottile.
Abbasso gli occhi e focalizzo. La nuca nera mi è davanti, piegata sul tavolaccio, la mano (la mia mano) la spinge con violenza contro il legno amaro, mentre il ritmo si dispiega.
Il bacino è carico d'odio e si abbatte sull'incudine con foga di conquista. E' il primato del fallo. Il bruto cozzo pelvico.
Ideo l'altra mano ed eccola stringere una cinghia che si abbatte sulle membra frementi. Sì, posso vedere distintamente la pelle fremere, il corpo sussultare, la testa da roditore piegarsi ancora di più, nel tentativo disperato di scavare una via di fuga nel legno.
Ma il suo corpo non reagisce con il mio. La sento negli occhi, nelle narici, nella bocca, nel labirinto della mente divisa-che divide. Dov'è il tuo corpo. O, fammi trovare il tuo corpo. O, fammi rivedere me stesso.
Gli strumenti del lavoro sono disposti nella camera secondo l'ordine consueto. L'odore acre e verde delle sostanze si solleva dalle provette e invaghisce lo spazio. Una musica incorporea isola la stanza a volumi indecisi. Abbiamo disposto le forme. Che il rito abbia inizio.
La bellezza ha bisogno di martiri. Lo sapeva Platone. Lo sapeva San Sebastiano. Lo sapevano Wilde, Masoch, Rimbaud, Nietszche, Campana, Michelangelo, Dostoevskij ecc. Anch'io lo so bene.
La mente è ampia e il corpo abbandonato al mondo. La realtà superiore vortica davanti ai miei occhi annebbiati, adoranti, pronti a ricevere.
"Lascia tutto. Lascia tutto. Donati".
Sono disteso completamente nudo sul pavimento gelido. Mi osserva dall'alto, le lunghe sopracciglia sprezzanti, gli occhi in ombra, la bocca corrucciata nella smorfia di un amore che si trattiene. Gatta sacra. Ti prego fammi del male.
Così, finalmente ti sento. Non devo fuggire il tuo sguardo, adesso. Le tue lacrime sono le mie lacrime, la tua ferocia è la mia ferocia, la tua parola riecheggia in me come un comandamento di libertà.
Quanto tempo per comprendere che questa vita è dolore. Squarcia il mio ritratto e riconsegnami alla mia morte, ti prego. Dalila legami e taglia i miei capelli. Insegnami a tradirmi.
Scriversi prima di vivere... Sono un pagliaccio e nient'altro che un pagliaccio. Forza, gatta. Fammi essere.
E piove su me. Piove su me una pioggia acida che sa di lei. Agonizzo ancora nei tuoi occhi dalla pupilla enorme e vacua; li vivo, li vivo, sempre più lontani; il baccanale mi culla mentre vanno persi, mentre si sdoppiano si triplicano si quadruplicano, si ritirano eleganti, vorticano, si fanno il sopra. Sì, saprai proteggermi dall'alto, come un totem. Avrai il mio sangue per questo. Vuoi?
Di nuovo quello sguardo vindice. La pioggia cade ancora e lei mi fissa immobile, le gambe divaricate, le mani sui fianchi, il disprezzo sulle labbra.
Sì, la strega piscia, ed il mio essere si spalanca nell' orrore e nel Male e nell' estasi quando mi smarrisco nel folto della culla d'acqua, quella culla da cui tutto sgorga, quella culla a cui tutto torna.
"Sei puro, adesso. Tutte le porte sono aperte".
Sto al disopra, fuori del tempo. A volte giro la chiave, apro la porta e passo in rassegna i pezzi della grande collezione. Soppeso con lo sguardo ogni trofeo; con lo sguardo richiamo ogni istante perduto, rivedo in atto ciò che per la carne ha ormai perso potenza. La vita mi sta davanti, piccola bestia ferita, immobile; so che è in mio potere.
Da quassù ho visto corpi mutare e disgregarsi, caduti nel gioco del caso. Ho almanaccato storie incompiute, riconosciute negli odori di strada. Ho spiato solitudini allacciarsi e poi dilaniarsi, incattivite. Io so la lotta dei due. Io so bene l'enigma del mondo.
E quei due esseri ansimanti, laggiù, che si avvicendano nei giochi della legge... che affanno inutile. Siamo noi fatti di carne, noi calati nel tempo e nella sua beffa. Siamo noi, caldi di sangue, scontenti, desideranti, proiettati oltre il limite. Siamo noi che temiamo la morte e la vogliamo, noi che vediamo al disopra e viviamo al di dentro. Uomini vergate pure la Legge.
Vivere e uccidere. Vivere è uccidere.
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ADA- Bozze di un Anonimo
General Fiction"Che è la vita? Una frenesia. Che è la vita? Un'illusione, un'ombra, una finzione. E il più grande dei beni è poca cosa, perché tutta la vita è sogno, e i sogni sono sogni [...]Che confuso labirinto è questo, di cui il pensiero non può rintracciare...