[2] La Beverly Hills dei morti

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S c a r l e t t

Immaginatevi di essere stati improvvisamente catapultati a Beverly Hills, la città più lussuosa della contea di Los Angeles, nota per essere la dimora di attori e altre celebrità famose.
Se ci riuscite, vi siete fatti più o meno un'idea del quartiere moderno all'interno dell'Elisio.

Come la metropoli Hollywoodiana, la zona del tempo presente comprendeva una bella area collinare in cui la gente viveva nel comfort e nell’agio fra ville, macchine lussuose, strade alberate e curate nei minimi particolari. Tra negozi, boutique di lusso e ristoranti di ottimo livello, mancavano solo gli alberghi a tante stelle per riprodurre fedelmente Beverly Hills. Non erano state omesse Chiese, cliniche o numerosi parchi delle stesse dimensioni di Manhattan.

Era innegabilmente il quartiere più bello che avessi mai visto. Le strade erano fiancheggiate da palme, sicomori e perfino querce. Le case perfettamente allineate e dotate si ogni comfort. L’architettura ricordava i quartieri borghesi europei con un tocco di stile vittoriano e colori accesi. I giardini erano fioriti e ombreggiati da piante che non avevo mai visto prima.
Questo era senz'altro il modo in cui la maggior parte delle persone vorrebbe vivere, potendoselo permettere.

Passeggai incantata lungo la via principale, fermandomi solo per vedere se fossi in grado di riconoscere le facce dei morti.
Si erano dati tutti alla pazza gioia, sfoggiando abiti di ogni secolo e dandosi allo shopping più sfrenato.
Camminavo tra passanti che scherzavano, uomini in bicicletta e automobilisti in limousine.
Alzai la testa: il soffitto di stalattiti si era trasformato in un cielo azzurro di una tonalità così intensa da farti venire il mal di testa.
Mi immaginai di ammirare la città da una piscina al quarto piano e di rilassarmi con un cocktail in mano.
Scossi la testa; quel posto mi stava facendo uno strano effetto.

Proseguii per altri venti minuti lungo la strada centrale e seguii le indicazioni del ghoul per poi svoltare a destra, verso le abitazioni ancora più recenti. Attraversai un piccolo parco e valicai un ponticello, raggiungendo finalmente la via che mi era stata segnalata. Qui, le case erano tutte dello stesso bianco artico, con i tetti di tegole color terracotta e delle grandi finestre che illuminavano gli interni. Individuai il numero 920 e mi avvicinai esitante al giardinetto.
Ci siamo.
Respirai a fondo.
Stavo per rivedere Sam.

Il mio cuore era sul punto di esplodere ma, nonostante questo, superai la passerella di pietre che terminava con l'ingresso e suonai al campanello.
TUM.
Avrei visto Sam.
TUM.
I miei battiti stavano aumentando.
TUM.
Nessun rumore di passi.
TUM.
Forse non si trovava in casa.
TUM.
E adesso?

Pensai che fosse il caso di fare il giro dell'abitazione o aspettare il suo ritorno, ma un urlo di terrore attiró la mia attenzione. Non feci in tempo a capire da dove provenisse che i vetri della finestra che dava sul giardino esplosero in mille pezzi.
Indietreggai spaventata e portai istintivamente una mano sulla borsa, nella quale tenevo nascosto il pugnale.
Come si ruppe, però, la finestra si aggiustó automaticamente: i cocci di vetro si sollevarono da terra e, fluttuando, andarono a ricomporre le vetrate, saldandosi tra di loro per magia. Probabilmente i Campi Elisi erano in grado di fare anche questo.

Ebbi comunque la conferma che la casa non fosse vuota, quindi mi avvicinai nuovamente alla porta con un po' di timore. Provai inutilmente a bussare, ma non ricevetti risposta. Incollai l'orecchio al legno e distinsi un rumore di passi che si faceva sempre più forte. La porta si spalancò di colpo e una figura comparve sulla soglia: -CHI STRACAZ-
Sam si interruppe di colpo, riconoscendomi.
Non era cambiata per nulla, sempre più alta e muscolosa di me. I capelli corti, di un rosso acceso, avevano lo il solito taglio alla rockstar, pettinati sul lato destro e rasati su quello sinistro. L'ombretto nero le nascondeva quasi del tutto gli occhi verde smeraldo. Sopra la maglia del campo, non si era dimenticata di indossare la giacchetta di pelle nera senza maniche, che si sarebbe portata dietro anche ci fossero stati 40 Cº all'ombra. E, in volto, la tipica espressione che intimava un segnale di pericolo per chiunque osasse sfidarla.

Sbatté più volte le palpebre, come per capacitarsi che fossi veramente io.
Sentii le gambe tremare e pensai di poter crollare a terra da un momento all'altro.
Mi era mancata così tanto.
Aprii la bocca per parlare, ma tutto quello che mi uscì fu un semplice sospiro.
Se non avessi avuto quel piccolo problema nel dimostrare la tristezza, sarei scoppiata a piangere seduta stante.

Ci fissammo negli occhi a lungo.
Eravamo troppo sbigottite per fare il primo passo.
Sam inclinó la testa di lato e si portò una mano alla bocca: -Scarlett...per tutti gli dei...cosa...-
-Sam, io...non hai idea di quanto...-
-Ti sei...ti sei...-
-Posso spiegar-
-Ti sei tagliata i capelli!-
-Sì, io...cosa?-

Sam scoppió a ridere e mi gettó le braccia al collo, provando a soffocarmi. Forse non si era resa conto che non ero ancora morta.
-SSSaM nn refffpiroo...-
Quella stretta fatale si stava rivelando anche dolorosa per la ferita al fianco.
Per un po' mi sforzai di resistere, anche perché avevo sognato di riabbracciarla così tante volte che non mi sembrava vero.
Trattandosi di un'anima, non riuscii a sentire il calore del suo corpo o il suo profumo, ma andava bene così.

Rilassai i muscoli e chiusi gli occhi, lasciandomi invadere da emozioni contrastanti: gioia, tristezza, sconforto, sofferenza. Quest'ultima legata al fatto che Sam mi avesse compresso i polmoni.
-Ffono cofì felice di rifederfi, Sfam, ma dofresfi daffero lifberarmi.-
-Shhh, tra un po' sarà tutto finito...- Scherzó lei.
-DAfffeRo, SSSaaMm-
-Sì, sì, come vuoi.- Mi lasciò andare la ragazza.

Boccheggiai in cerca di aria e Sam non fece altro che ridacchiare divertita.
-Senza offesa Bennet, ma speravo di vederti il più tardi possibile.-
Mi massaggiai il collo e le sorrisi: -Fortunatamente sono solo di passaggio.-
Sam sorrise a sua volta: -Lo avevo intuito. Hai un'aurea diversa dagli altri morti.- Mi squadró attentamente e fece una smorfia disgustata -Ma cavolo se sei presa male. Dì un po', da quant'è che non ti fai una doccia?-
Scoppiai a ridere, un po' per la gioia e un po' per il nervosismo: -Dei, quanto mi sei mancata.-

Lei nascose l'imbarazzo dietro una finta aria scocciata: -Dimmi, dobbiamo salvare il mondo o qualcosa di simile? Perché si stava così bene qui. Pensa che il prossimo mese mi arriverà anche la vasca idromassaggio.-
-Qualcosa di simile, direi.- Lanciai un'occhiata fugace alle sue spalle. -Perché le tue finestre sono esplose?-
Lei fece un vago gesto con la mano: -Oh, nulla di che. Stavo solo facendo da babysitter.-
-Ah. Vedo.-

Mi diede la schiena e urlò a squarciagola rivolta alla casa: -OI, RAGAZZINA, MAMMINA MI HA DETTO CHE È ORA DI RISPEDIRTI A CASA!-
Dietro di Sam sbuccó una bambina di forse undici anni, magra e di altezza inferiore alla media.
Aveva un paio di occhi dorati e dei capelli scuri e setosi raccolti in due treccie a spina di pesce. La pelle era olivastra con dei riflessi quasi argentei, come tutte le Cacciatrici.
-Zoe non è mia madre. E tu non sei la mia babysitter, Sam.- Disse solo.
Fece un mezzo inchino per salutarmi e mi sorpassó con passo deciso.
I lineamenti mi ricordavano, per qualche strana ragione, quelli di Connor Stoll. Forse era una figlia di Hermes.

-È sempre un piacere quando passi a trovarmi, Jenny!- Strilló Sam, agitando la mano per salutare la Cacciatrice che era già scomparsa dalla nostra visuale.
-Allooora.- Proseguì la figlia di Ares, mettendo le mani sui fianchi -Cosa ti porta da queste parti? Potevi semplicemente mandare una lettera.-
-La situazione non è proprio delle migliori, là fuori.-
-Sì, beh, qualche voce è giunta anche a noi.-
-Ho combinato un casino.-
-Chi se lo sarebbe aspettato.-
-E ho un estremo bisogno del tuo aiuto.-

Sam sospiró: -Okay, ne riparliamo dopo una bella sciacquata. Su, su!-
Mi spinse controvoglia all'interno della casa, ma non opposi resistenza nemmeno quando mi trascinó lungo il corridoio fino al bagno. Aspettai imbarazzata davanti alla porta, ondeggiando sulle punte dei piedi.
Poco dopo, Sam ricomparve per tirarmi dietro un asciugamano e lasciare dei vestiti puliti davanti alla porta. Si giró ma, prima di sparire, indugió un attimo.
-Mi sei mancata anche tu, fiorellino.-


~spazio autrice~
Breve ma intenso.
No scherzo, dal prossimo capitolo vi prometto un po' di azione.
Volo a vedere il nuovo episodio di Haikyuu in inglese~
~Rae🌙

A Lie Can Kill (3) IN PAUSA Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora