𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐂𝐢𝐧𝐪𝐮𝐞

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La porta della stanza da letto di [T/n] venne spalancata quando ancora c'era buio

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La porta della stanza da letto di [T/n] venne spalancata quando ancora c'era buio.

La ragazza si svegliò per il rumore, ma era ancora intontita dal sonno.

«Signor Urokodaki, è successo qualcosa? Non è neanche l'alba.» chiese con uno sbadiglio.

«Preparati, tra poco inizierà il tuo addestramento. Devi avere più determinazione se vuoi diventare una spadaccina.»

Giusto, l'addestramento. Il giorno prima le era stato detto che avrebbe iniziato all'alba, ma non credeva che avrebbe iniziato sul serio all'alba.

«Sì!»

Si preparò il più fretta possibile, indossò il suo haori e corse fuori dalla camera. Stava per preparare un tè per colazione quando si ritrovò il maestro davanti: «Pensavo avessi intenzione di addestrarti.» Aveva un'aria più severa del solito.

«È importante avere energia per allenarsi.» replicò candidamente.

Il vecchio la ignorò del tutto. «Se vuoi diventare un'ammazza-demone seguimi. E stai al passo.»

"L'inverno sta per finire per cui c'è meno neve... quanto mai sarà difficile stare al passo di un vecchietto?"

Evidentemente troppo.

Allieva e addestratore non erano arrivati neanche a un quarto di strada che [T/n] era già stanca morta. Desiderava chiedere una piccola pausa, magari qualcosa da bere, ma sapeva che non c'era tempo. Se ne stava zitta e faceva quel che poteva per seguirlo.

"Certo che per essere un vecchietto è veloce!" Pensò tra se e se. "Dove la trova tutta questa forza? Non dovrei superarlo in un baleno?"

Più salivano e più la nebbia sembrava aumentare. Invece l'aria cominciava ad essere rarefatta.

«Ce l'ho fatta!» urlò [T/n] prima di buttarsi a terra per riprendere fiato. «Maestro Urokodaki, ho superato la prima prova?»

«No.»

"Cosa?!"

«La prova inizia ora. Devi scendere dalla montagna e tornare a casa. Entro l'alba.»

«Eh?»

[T/n] voleva ancora fargli delle domande, chiedere se fosse tutto qui, se ci fossero stati dei demoni -"ma no dai, non c'erano demoni vicino a casa, altrimenti non mi avrebbe lasciato uscire"- o se la nebbia si fosse diradata ora del giorno successivo.

Purtroppo per lei, appena si rialzò, notò che l'addestratore se ne era già andato.

"Okay, niente panico, è tutta in discesa... posso farcela!"

Guardò davanti a se, ma la nebbia era così fitta che non riusciva a vedere niente ad un metro dal suo naso.

Le lacrime le pungevano gli occhi e avvertì una stretta al cuore quando si ricordò di come fosse arrivata lì: si era persa. Non era molto diverso da quel giorno: non vedeva niente e doveva tornare a casa.

"No! Devo reagire! Devo riuscire a cavarmela da sola!"

Prima di incamminarsi decise di ragionare: l'inverno stava quasi per finire, ma quella notte doveva aver nevicato: per questo al mattino c'era della neve. Doveva solo seguire le loro orme.

«Una corda?» parlare la aiutava a mantenere la concentrazione e a sentirsi meno sola. «L'avrà messa qualche cacciatore, sarà una trappola.» decise di evitarla, così la scavalcò.

«Ecco fatt- aahhh!» neanche il tempo di fare quattro passi che cadde in una buca.

«Ahi, che male! Ma chi ha fatto una buca qui! Credo proprio che tornare a casa non sarà così semplice...» sospirò. Ma non poteva comunque arrendersi.

Impiegò del tempo per uscire dalla buca, ma una volta fuori si affrettò a balzare dietro il tronco di un albero... e fece bene: evitò per un pelo di essere colpita da delle canne di bambù, l'ennesima trappola.

Andò avanti così per tutto il giorno e per tutta la notte: segui le impronte, evita le trappole, cerca di non restarci secca quando non riesci a evitarle.

Quando arrivò sul sentiero di casa non riuscì a trattenere delle lacrime di sollievo ed emozione: ce l'aveva fatta: era a casa.

O meglio quasi.

Il cielo si stava schiarendo, aveva poco tempo per raggiungere l'abitazione.

Si asciugò le lacrime e iniziò a correre.

"Non posso mollare proprio ora che ce l'ho fatta!"

Finalmente spalancò la porta, anche se si sentiva più morta che viva.

«E-eccomi... a casa...» cadde sulle ginocchia, ansimando, appena varcata la soglia.

«Ora hai superato la prima prova, [T/n]. E puoi fare colazione.»

La parola colazione le restituì le forze e andò a riprendersi, gli occhi che brillavano davanti dango e tè verde. Mangiò così in fretta che quando arrivarono Sabito e Giyuu lei aveva già finito.

«Voi mangiate pure, intanto vi racconto il mio primo giorno!»

«Sembra essere andato bene.» dedusse il ragazzo dai capelli color pesca, notando il sorriso dell'amica.

«Sì! Sono tornata in tempo e tutta intera! Ho pensato più volta che sarei morta! Ma lo sapete che c'erano delle trappole mortali? Per poco non venivo trafitta da delle frecce come uno spiedino! E poi...»

I due amici già conoscevano bene quel percorso, lo ricordavano ancora a memoria, ma la lasciarono parlare perché per la prima volta da quando era arrivata alle pendici del monte Sagiri sembrava davvero felice.

«Maestro Urokodaki!»

«Dimmi, [T/n].»

«Ora passerò alla fase due dell'addestramento?»

«Sì.»

Gli occhi della [c/c] si illuminarono.

«Davvero?»

«Oggi riprenditi. Domani ti riaccompagnerò in cima alla montagna e dovrai rifare questo percorso.»

La gioia sparì dal volto della ragazza.

«E lo rifarai finché non sarai in grado di farlo nella metà del tempo ed evitando tutte le trappole.»

«COSA?»

«Fai meglio a riposarti fin da subito» la prese in giro Sabito.

[T/n] non se lo fece ripetere due volte: finì il tè tutto in una volta e corse in camera sua a mettersi nel futon. Si addormentò all'istante.

 Si addormentò all'istante

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Angolo autrice

Grazie mille per i primi voti! Sono contenta di sapere che questa storia piace a qualcuno!

Lia~

𝐏𝐑𝐎𝐓𝐄𝐙𝐈𝐎𝐍𝐄 || Sabito Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora