Quasi un disastro

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Martín

Sento un leggero rumore mentre sono ancora in dormiveglia, poi avverto come un senso di vuoto e dopo un paio di minuti apro gli occhi. Elena si è alzata e sta guardando fuori dai vetri della finestra, ovviamente chiusa come tutte le altre per ragioni di sicurezza.

Mi metto a sedere sul divano, mi infilo la mia maglia nera e la tuta senza infilarmi anche la parte sopra, poi mi alzo e la guardo. Indossa solo l'intimo e faccio fatica a rimanere serio e calmo, prendo dal divano la sua maglia grigia e vado verso di lei.

"Non credo proprio che sia il caso di affacciarsi alla finestra. La polizia è sempre in posizione e se ti vedono non ci metteranno tanto a premere il grilletto" attiro la sua attenzione cercando di non far intendere che se non si veste subito passeremo la mattinata qui dentro.

Mi sorride con aria sfidante e poi si gira di nuovo verso la finestra. Le piace farmi girare le palle, ma questa non è una novità.

Le vado incontro sorridendo e tranquillamente la prendo sostenendola con un braccio sotto le gambe e con l'altro reggendole la schiena. Cerca di scendere come quando la riportavo in camera al monastero mentre urlava e mi lanciava i peggio insulti, ma ora ride e quando la faccio sedere sul divano mi lascia un bacio veloce sulle labbra attirandomi a sé.

Mi stacco controvoglia e le infilo la maglia, mentre lei mi guarda come quando un bambino ti chiede di prendere le caramelle e tu non gliele compri.

"Dai non guardarmi così" la faccio alzare e mentre la tengo per i fianchi la bacio di nuovo, per qualche secondo in più rispetto a prima.

"Perchè ti sei fermato?"

"Perchè devo andare giù a controllare quanto oro sono già riusciti a fondere Nairobi e Bogotà e tu hai il turno questa mattina con gli ostaggi"

Dopo avermi lanciato uno sguardo provocatorio appoggia le sue labbra sulle mie, approfondendo sempre di più il bacio e spingendosi contro di me, sa che non resisto quando fa così. Infila la sua mano sotto la mia maglia e la appoggia sulla pelle calda del mio petto mentre con l'altra mano mi accarezza i capelli. Cerca di sfilarmi la maglia e questa volta sentiamo bussare alla porta. 

Ma chi sarà mai.

"Palermo non vorrei disturbare ma dovresti venire con me, ci sei?"

"Si c'è Denver, e al momento è un po' occupato con la sottoscritta" gli urla Elena ancora seduta su di me mentre ride.

"Mettiti immediatamente quei cazzo di pantaloni, o qualcun altro perderà la vista, ma stavolta per mano mia" le dico sottovoce mentre la sollevo da me e poi mi alzo in piedi per tirarmi su la parte sopra della tuta.

"Che esagerato sei" si alza e finalmente inizia a vestirsi anche lei.

"Posso aprire?"

"No." mi avvicino ad Elena e velocemente finisco di infilarle la parte sopra della tuta e di chiuderla mentre lei continua a ridere. Dopo pochi secondi Denver apre la porta.

"Io muoio di caldo con la tuta chiusa fino a qui. Cos'è? Le mie tette sono di tua proprietà?" quel coglione ride e io mi avvicino a lei per lasciarle un ultimo bacio.

"Esattamente" 

Mi guarda scuotendo la testa e sorridendo poi mi giro e vado giù con Denver.


Elena

Finisco di allacciarmi le scarpe, mi sistemo i capelli, prendo il mio fucile e la mia pistola e vado giù dagli ostaggi. Passa un'ora e mezza tranquilla fino a quando una delle guardie del corpo del governatore attira la mia attenzione.

"Quanto pensate di far durare questo giochino?"

Vado verso di lui e mi piego sulle ginocchia per poterlo guardare in faccia.

"Se a te questo sembra un giochino" gli rispondo puntandogli una pistola in faccia.

"Ti credi grande con una pistola in mano? Non saresti capace neanche di sparare al pavimento" mi dice guardandomi con quella faccia da culo.

"Vuoi che la proviamo su di te?" sposto la pistola in mezzo alle sue gambe.

"La prima che avrà un buco in testa quando non avrò più queste manette ai polsi sarai tu, segnatelo"

Sto per premere il grilletto mentre tutti mi guardano ed emettono delle grida impaurite quando sento dei passi veloci venire verso di me.

"Denver allontana subito Buenos Aires da qui."

Denver mi afferra un braccio e mi aiuta a tirarmi su, poi ci allontaniamo di qualche passo. 

"Figlio di una grandissima puttana, non so se hai capito bene, ma la prossima volta che ti rivolgi a lei sarai tu quello con un buco in testa"

"Non ti credere tanto grande anche tu, siete tutti ridicoli. E, per informazione, non sai cosa farei alla tua amica prima di spararle" gli risponde guardandomi per qualche secondo, cazzo qui finisce di merda.

Martín prende con tutte e due le mani il bastone che gli ha dato Helsinki e inizia a colpire Gandía ovunque che inizia a perdere sangue da tutta la faccia.

Faccio per correre verso Martín quando Denver mi ferma per un braccio.

"Vado io"

Riesce a prenderlo e mentre continuano ad urlarsi contro, riesce insieme a me a portarlo via. Arriviamo in un'altra sala e Martín si scaraventa su una poltrona incazzato nero.

"Che cazzo pensavi di fare!? Gli stavi spaccando la testa!" gli urla Denver, anche lui preso dalla rabbia.

"E avrei finito quello che stavo facendo se tu non fossi sempre in mezzo ai coglioni!"

Io resto paralizzata a fissarli, non so cosa dire. Intanto arriva Nairobi di corsa .

"Che cazzo è successo qui? Cos'erano quelle urla degli ostaggi?E perchè cazzo una delle guardie del governatore aveva la faccia piena di sangue?"

Appena sposta lo sguardo sul bastone di Palermo capisce tutto.

"Palermo ha quasi spaccato la testa ad un ostaggio perchè ha parlato con Buenos Aires, sembra che lei non si possa toccare, niente di che"  Denver fatti i cazzi tuoi per una volta.

"Denver ci metto un secondo a romperti questo bastone in testa. Lei non deve essere toccata, l'argomento è chiuso e non sono cazzi vostri."

Prendo e me ne vado, non ce la faccio più. So che Martín fa tutto questo perchè è la persona più gelosa e protettiva del mondo, ma non può trattarmi così.

Salgo le scale di corsa e arrivo al corridoio fino a quando non sento che mi afferra un braccio e mi gira.

"Dove cazzo vai, dobbiamo parlare. Sai che non avrei voluto"

"Sì, è sempre così. Ogni volta che fai qualcosa dici che non avresti voluto. Ho bisogno di stare sola Martín."

Mi supplica con lo sguardo ma entro nell'ufficio lasciandolo solo e appena chiudo la porta, scendono fiumi di lacrime dai miei occhi.




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