Divisi

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Martín

Ho esagerato, lo faccio sempre. Non so contenermi e riesco sempre a rovinare tutto. Non riesco a non essere così possessivo, ho paura di perderla, non voglio che succeda di nuovo.

Torno indietro e scendo le scale, decido di tornare da Nairobi e Bogotà, non devo controllare niente, ma voglio pensare ad altro. Ho sempre e solo lei nella testa, non esce mai cazzo, dipendo sempre di più da lei ormai.

Si apre la porta dell'ascensore e come sempre sento l'aria calda che mi accarezza e mi fa rilassare il viso. Vedo Nairobi che si gira verso di me e mi viene incontro.

"Palermo stai bene? Stai piangendo, hai le guance bagnate" mi guarda con un misto di curiosità e apprensione.

"Non me n'ero accorto" rispondo a bassa voce in un sospiro passandomi velocemente le mani che mi tremano sulle guance.

"So che è per lei,vuoi parlarne?"

Faccio segno di no con la testa e cerco di rimettermi a posto. Odio farmi vedere così, odio mostrare il vero me, lo detesto. Mi piace mostrarmi forte davanti alle persone, è una delle cose che ho in comune con Elena.

"Dai fammi fare un altro giro"

Per la seconda volta in questa giornata, andiamo a vedere come procede con la fondizione dell'oro e dopo poco vediamo di nuovo Bogotà uscire dalla camera blindata con ulteriori lingotti. Dopo averli passati agli altri,si toglie le bombole dell'ossigeno e tutto il resto, poi prende da un tavolino un accendino e un pacchetto di sigarette e quando ci nota, ci viene incontro sorridendo.

"Cazzo Palermo che hai? Sembra che sia morto qualcuno" mi dice ridendo e sfilando una sigaretta dal pacchetto.

Lo fulmino con lo sguardo e anche Nairobi gli fa capire che non è il momento.

"Dai andiamo a farci un giro. Volete?" ci chiede passando il pacchetto a Nairobi che dopo aver preso anche lei una sigaretta poi lo da a me. Non fumo tanto, ma ora direi proprio che ne ho bisogno.

Mentre ci incamminiamo verso l'ascensore la accendo e cerco di non pensare a quello che è successo venti minuti fa. Stavo davvero per rompergli la testa, dio come mi sarebbe piaciuto finire quello che avevo iniziato.

Elena

Mi sveglio di scatto, senza un motivo preciso. Mi sono veramente addormentata per terra appoggiata alla porta? Cerco di tirarmi su e sento pulsare molto forte la testa, fra poco penso che esploderà. Anche questa volta ho pianto troppo, ho le guance tutte bagnate.

Mi sfilo la parte sopra della tuta per respirare e inizio a cercare qualcosa per calmare questo mal di testa in questo maledetto ufficio. Apro tutto quello che trovo e finalmente, in un cassetto sotto la scrivania trovo un'aspirina. La metto nel bicchiere che c'è sopra la scrivania e ci verso l'acqua di una bottiglietta sempre trovata lì sopra e poi la bevo in un sorso. Chissà se funziona questa roba.

Più sto qui dentro, più mi viene da pensare a lui. Non riesco a distogliere lo sguardo da quel divano e decido che ho bisogno di distrarmi.

Mi sistemo, per quel che posso, esco e scendo le scale fino ad arrivare all'atrio, dove vedo Stoccolma controllare gli ostaggi con sguardo assente. Decido di andare da lei e quando mi vede compare un leggero sorriso sulle sue labbra.

"Hey, tutto a posto? Mi sembri stanca" le chiedo evitando giri di parole.

"Ho discusso con Denver, ma è tutto a posto non preoccuparti" mi risponde con uno sguardo poco convincente.

"Ascoltami. Faccio io il turno con gli ostaggi, non è un problema. Vai da lui" le dico sorridendo accarezzandole la spalla.

Mi ringrazia e dopo avermi abbracciata fa per andarsene ma Arturo attira la sua attenzione e sembra parlarle di qualcosa, lei si stacca da lui con uno sguardo incazzato e se ne va. Sento un rumore metallico ma non ci do troppo peso e continuo a camminare avanti e indietro, a volte lanciando sguardi carichi di odio a quella merda di Gandía che non toglie gli occhi di dosso dal mio culo. 

Sto camminando da mezzora, cantando nella mia mente le mie canzoni preferite, quando sento un oggetto freddo sul mio collo. Rimango immobile, come se fossi paralizzata.

"Adesso non giochi più alla criminale eh ragazzina?" questo è Arturo. Cazzo deve aver preso di nascosto la pistola di Stoccolma. Sono una cogliona, ecco cos'era quel rumore.

Sento delle urla di alcuni ostaggi impauriti e cerco di prendere in mano la situazione.

"Arturito se non stacchi subito questa pistola da me ti faccio saltare in aria la testa, è una promessa"

"Non credo, ho io il coltello dalla parte del manico" faccio per muovermi di scatto ma mi blocca con il braccio destro avvolgendolo intorno al mio collo tenendomi ferma e spinge ancora più forte la pistola contro di me. 

Martín

Io, Nairobi e Bogotà siamo stati un po' insieme a parlare, chiaramente non di me. Non sono una persona che si sfoga. Avrò fumato quattro sigarette ed è meglio che la smetta, è già tanto per me, non so perchè non mi sono fermato alla prima.

Decidiamo di andare a dare un'occhiata agli ostaggi, continuiamo a scherzare e a ridere del passato di Bogotà fino a quando non arriviamo nell'atrio e vedo una scena che mi fa sgranare gli occhi, esterrefatto.

Con una velocità disumana arrivo di fianco ad Arturo e gli punto il fucile alla testa.

"Staccati ora. Ti faccio saltare la testa. Io non me lo lascerei ripetere" continuo a tenergli il fucile puntato e parlo con voce decisa e chiara, ma sto morendo dentro. Non deve toccarla.

Si gira di scatto tenendo Elena con un braccio avvolto attorno al suo collo, lei respira a fatica ed è sconvolta, non si muove.

"Salta la testa a lei se non mi ascolti e non fai quello che ti dico, e da quel che ho capito ti da particolarmente fastidio se qualcuno tocca la tua amica"



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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 30, 2020 ⏰

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