Pandesta

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Cap. 2

Pandesta

Il giorno seguente Sarah si alzò presto. Erano le cinque e mezza, quando suonò la sveglia del cellulare. Sarah la spense di malavoglia, si rigirò nel letto, voleva tornare a dormire. Appena richiusi gli occhi, però, li riaprì immediatamente, di botto. Le era venuto in mente che doveva andare fino a Rimini. Così, di colpo decise di non avere più sonno, si alzò e si avviò verso la cucina. Era felice, molto emozionata, un po’ curiosa. Camminava piano e lentamente per non fare rumore, per non svegliare gli altri inquilini. Una colazione veloce, prontamente vestita e truccata… e poi via, verso la libertà, verso una nuova vita, o per lo meno l’inizio.
Arrivata in stazione si precipitò subito al binario uno, quello per Padova. Erano le sei e mezza, era arrivata con mezz’ora d’anticipo. Non c’era ancora nessuno. La stazione era deserta, nonostante l’ora piuttosto agibile, nella quale molte persone solitamente si sarebbero recate a lavoro. Così decise d’andare a sedersi su una panchina. Il sole era sorto da un po’ e si stagliava timido nel cielo, seminascosto da una nuvola. Era abbastanza fresco il mattino presto, grazie ai temporali notturni degli ultimi quattro giorni, anche se la calura batteva sempre e comunque forte durante il giorno.
« Sono belle le mattine d’estate, così fresche… rispetto al calore che c’è durante la giornata… » disse Sarah con un sospiro.
« Già… » disse una voce maschile alle sue spalle.
Sarah si girò di botto, un po’ spaventata. « Eh? » disse lei.
Era un ragazzo alto, moro, occhi scuri, con una carnagione abbronzata e sorrise alla ragazza. « Strega? » domandò lui.
« Cosa? Ah, sì, parli della scuola di Singisterm? » chiese Sarah.
« Sì, sono un mago. Non ti ho mai visto in nessuna scuola di magia… sei nuova? »
« Beh, a dire il vero ho scoperto solo l’altro ieri d’essere una strega… »
« Solo l’altro ieri? In ogni modo… che scuola hai fatto prima di venire qui? »
« Una normale scuola, non di magia, un istituto d’arte… »
« Fanoli? » chiese il ragazzo.
« Sì… » rispose « come fai a saperlo? » disse Sarah.
« Beh, so che da lì vengono molti maghi e streghe. Hai mai notato come si veste la gente lì dentro? Probabile che la maggior parte di loro lo sono… » disse il misterioso ragazzo.
« Ah… non n’avevo idea…! Fai anche tu il primo anno? » chiese Sarah.
« Io? No, no. Devo fare il terzo anno, stavo andando a prendere i materiali e i libri per quest’anno… » rispose il ragazzo.
« Allora devi andare anche tu a Rimini? Ed entrare nella passaporta, cioè l’Arco di Augusto e… » cominciò lei.
« Già… proprio così… » disse lui.
« A proposito, come ti chiami? » chiese Sarah.
« Eh, eh… »
« Allora? »
« Non te lo dico! Eh, eh… è una sorpresa! Te lo dirò un’altra volta! » disse il ragazzo.
« Ma cosa…? Allora non ti dico nemmeno io come mi chiamo! »
« Non ce n’è bisogno… » cominciò il ragazzo « se voglio posso usare la Legilimanzia per sapere il tuo nome. » concluse.
« Che cos’è la Legi… quello che è? » chiese Sarah.
« Legilimanzia…! E’ la capacità di estrarre emozioni e ricordi dalla mente d’altre persone… » rispose il ragazzo.
« Ah, più o meno ho capito… allora mi insegni a usare la Legilimanzia? » chiese Sarah.
« Mi dispiace, tutto a tempo debito… te l’insegneranno a scuola il secondo anno… e imparerai anche l’Occlumanzia. » disse lui.
« Ovvero? » chiese lei.
« L’Occlumanzia è l’arte di chiudere la mente, escludendo pensieri ed emozioni. » rispose il ragazzo.
« In sostanza bisogna usarla contro la Legilimanzia, giusto? In modo che gli altri non ti penetrino nella mente, ho capito bene? » chiese Sarah.
« Perspicace… »
« Eh? Ah… beh, grazie allora! »
« Proviamo? » chiese lui.
« A far che? » chiese Sarah.
« A scoprire il tuo nome con la Legilimanzia! » rispose lui.
« Ma… » cominciò lei.
Lui tirò fuori la bacchetta, gliela puntò addosso e senza esitazione disse: « Legiliments! »
Subito la stazione scomparve e al suo posto si cominciarono a vedere delle immagini e filmati della sua vita. Il suo primo giorno di scuola alle superiori, le chiacchierate con sua cugina, le vacanze dell’anno scorso… poi, cominciarono ad apparire delle lettere rosso fuoco, prima una S, allora capì subito, lui stava per scoprire il suo nome, e proprio quando stava apparendo la seconda lettera, anch’essa rosso fuoco, lei chiuse gli occhi di botto, cercando di non pensare a nulla. Si sentì un boato, lei aprì gli occhi di colpo, la stazione era riapparsa e lui era ancora con la bacchetta alta a bocca aperta.
« Straordinario! » esclamò lui.
« Cosa? Perché? Non ho fatto nulla! Ho solo nascosto il mio nome! » disse Sarah.
« Hai bloccato il mio incantesimo senza sapere come controbatterlo, senza alcuna conoscenza, come hai fatto? Sicura di non aver già studiato magia? » chiese lui.
« Sicurissima! » disse « Ho solo fatto ciò che sentivo, che c’è di straordinario? » chiese Sarah.
« Mah, lascia stare… ciao, vado, sono arrivati due miei amici… forse ci rivedremo… “S”, giusto? Ciao! » E così dicendo il ragazzo si avviò verso due ragazzi, ridacchiando un po’. Uno era più alto di lui, sui due metri, castano, con due grandi occhi verdi smeraldo ed un bel sorriso. L’altro, il più basso, aveva capelli biondo platino, occhi azzurro ghiaccio ed un bel fisico. Lei rimase un po’ a guardarli silenziosamente. Formavano un bel trio. Decise infine di girarsi e che il misterioso ragazzo le stava antipatico. Non le aveva detto il nome, aveva usato della magia contro di lei e ora se n’era andato dai suoi amici ridacchiando.
« Basta! » disse girandosi e tornando a sedere alla panchina della stazione.
Nel tempo successivo arrivarono altre tre persone, due ragazze ed un ragazzo, nessuno dei tre si conosceva tra loro e andarono ad aspettare anch’essi il treno in diversi posti.
Poco più tardi la stazione annunciò l’arrivo del treno per Padova e cinque minuti dopo Sarah si accinse ad entrare nel vagone.
Appena entrata andò a cercare un posto a sedere e, con sua gran sorpresa, vide la cugina seduta su un sedile, intenta a cercare qualcosa nella borsa.
« Ciao Deny! » disse Sarah.
« Ehi, ciao! Come mai qui? » chiese Denise.
« Piuttosto tu, come mai? » chiese Sarah.
« Beh, devo andare fino a Rimini, sai… tu perché? » rispose Denise.
« Devo andarci anch’io! Allora… vuol dire che anche tu sei una strega? » chiese stupita Sarah.
« Già, anche tu, immagino! »
« Sì, ma perché non me l’hai detto? »
« I babbani non possono sapere che esistono i maghi, per questo non te l’ho detto. Lo sa solo mia mamma e Vale, a tutti gli altri abbiamo detto che mi dovevo trasferire in Puglia, anche se, in effetti, i miei si sono trasferiti davvero… » disse la cugina.
« Allora è per questo che ti sei dovuta trasferire?! » chiese Sarah.
« Sì, all’inizio non volevo. Lasciare tutte le mie compagne, i miei amici, Mauro… ma mia mamma mi ha detto che comunque dovevo andarci, perché appena ho ricevuto la lettera Vale aveva chiesto il trasferimento, sai, per non dare troppo dell’occhio, e gliel’hanno dato…! Questa è la storia, ora che ho saputo che pure tu sei una strega te l’ho potuto dire… Il sangue Bergamin non mente! Ogni sette generazioni nasce un mago! Sia mia mamma che tuo papà sono Bergamin, ma loro sono la sesta generazione, noi la settima, per cui sette generazioni prima ed altrettante dopo di noi nasceranno dei maghi ».
« Wow! Ma sai tutta la storia dei Bergamin? Una cosa… che significa “babbano”? » chiese Sarah.
« I babbani sono i non-maghi, non è difficile! » rispose Denise.
« Ah, ora mi è tutto più chiaro! » disse Sarah.
Il resto del viaggio verso Padova fu costellato da chiacchiere sulla vita a Singisterm, sulle lezioni, sulla magia e molto altro. I sedili erano comodi e confortevoli, era un piacere parlare insieme del più e del meno. Fuori tutto scorreva veloce, come se il tempo fosse mandato avanti a velocità stratosferica. Il cielo prometteva una bella giornata, non troppo afosa.
« Tra cinque minuti il treno fermerà alla stazione di Padova » annunciò la voce dopo parecchi minuti di viaggio.
« Scendi anche tu a Padova? » chiese Sarah.
« Sì, e poi salgo nel treno che porta a Ravenna ed infine arrivo a Rimini. » rispose Denise.
« Esatto! Come me! Dai! Prepariamoci a scendere! » disse Sarah alzandosi in piedi di scatto.
« Il treno sta fermando alla stazione di Padova » comunicò la voce.
« Andiamo! » disse Denise avviandosi verso l’uscita del treno.
Qualche secondo dopo le porte si aprirono e Sarah e Denise uscirono. Fuori si stava meglio che dentro, l’aria era più respirabile e soffiava un leggero venticello. Molta gente girava per la stazione, tra cui molti ragazzi tra i diciassette e i ventitrè anni, probabilmente studenti di Singisterm. Delle persone si affrettavano a salire sul proprio treno, altre ancora se ne andavano dalla stazione a passo veloce, altri parlavano allegramente tra loro, altri aspettavano seduti o in piedi il giungere alla stazione del loro treno. C’era un’enorme confusione nell’aria.
« Treno per Ravenna in arrivo tra cinque minuti al binario due » proclamò la voce in tono piatto.
« Vieni con me! » disse Denise e le due cugine si diressero al binario per andare a prendere il treno.
Dopo che le due ragazze furono entrate e si furono accomodate in un posto, rimasero a chiacchierare per tutto il viaggio, fino alla volta di Ravenna ed infine quando arrivarono a Rimini erano ormai le dieci e mezza.
« Mamma che viaggio! Menomale che siamo arrivate! Le coincidenze dei treni sono proprio perfette! » disse Sarah.
« Già! Ora abbiamo circa un chilometro e mezzo dall’arco! Camminare! » annunciò Denise.
« Perfetto! » esclamò Sarah e le cugine partirono insieme. Rispetto a dove abitavano, qui a Rimini la calura si avvertiva molto di più. Il vento non si percepiva, nemmeno un soffio. Il sole picchiava forte e il caldo era così pesante da togliere le forze. Il cielo era limpido e privo di nuvole, di un bell’azzurro cobalto. Mentre camminavano verso l’Arco Sarah si guardava intorno osservando il paesaggio circostante. Denise, invece, guardava dritta e camminava spedita verso la meta, chiacchierando allegramente di ragazzi con la cugina. Era un bel posto nonostante il caldo strozzante. Si scorgevano pinete al di là di case grandi e possenti e palazzine incolori. Le strade erano molto trafficate, ma non turbavano per niente il panorama della città. Dopo dieci minuti di strada si scorse il famoso Arco d’Augusto, era più grande di quanto Sarah si era mai immaginata, era alto diciassette metri e mezzo e largo quasi quindici. Era bellissimo e maestoso, nonostante gli altri Archi presenti nel mondo non avessero nulla di che invidiare a lui. Era composto di mattoni grigio chiaro, un arco a tutto sesto, e due alte e lunghe semicolonne d’ordine corinzio.
« Wow… » disse Sarah.
« Di qua! Sai che bisogna fare? » chiese Denise.
« Sì, sì, l’ho letto sulla lettera… » rispose Sarah ancora immersa nella contemplazione dell’arco.
« Vieni, dai, appoggia la mano sulla colonna, pronta? »
« Sì! » rispose Sarah.
« Pandesta! » annunciò Denise, e come per magia un vento gelido avvolse le due ragazze. Esso divenne un vortice e tutto il paesaggio divenne sfocato, finché non apparve un’altra città. Una città più colorata, un paese diverso, più vivace e musicale.
Appena le due ragazze misero piede nella località, i loro animi furono pervasi dalla magia di quel luogo. La vista era molto diversa dalle semplici e grigie città dei babbani. Tutti gli edifici erano colorati in modo differente, ogni negozio aveva insegne colorate e luminose, la via era pervasa da una leggera musica, che era meglio definibile come un dolce canto di un uccello. Dietro le cugine si ergeva lo stesso arco che le aveva portate fino lì, il rispettivo del mondo magico. Tutte le persone lì presenti, erano vestite nei modi più disparati, ma si poteva benissimo capire che erano maghi. Un gran cartello di legno restava sospeso sopra le loro teste e su esso era scritto “Benvenuti a Pandesta, la città dei maghi ”.
Le giovani s’inoltrarono nella città e furono accolte giovalmente da un paio di splendide fatine dei boschi.
« Bene, siamo arrivate a Pandesta! Ci vediamo più tardi! Tu vai pure a comprare l’occorrente e le cose che ti servono! Facciamo così: c’incontriamo qui tra un’ora e mezza, ok? Così andiamo a mangiare qualcosa insieme! Io devo sbrigare delle faccende! » disse Denise.
« Perfetto! Qui a mezzogiorno e mezzo! A più tardi, Deny! » rispose Sarah salutando Denise con la mano e inoltrandosi nella folla.
« Beh, » disse Sarah tra sé e sé « ora devo cercare un posto dove vendono gufi per poter così spedire la mia risposta… » continuò guardandosi in giro « wow! Gli uffici postali anche qui! Posso spedire da là la mia risposta! » disse lei dirigendosi verso la posta.
« Buongiorno! Posso spedire da qui la risposta per la mia presenza alla scuola di Singisterm? » chiese Sarah alla strega dell’ufficio, una signora piuttosto anziana, con i capelli cinerei raccolti in uno stretto chignon.
« Certo signorina! I più adatti a questo tipo di consegne sono i gufi espressi. Sono sei zellini. » disse la donna.
« Ehm, zellini? Sono i soldi? Io ho solo euro! Come posso cambiare gli euro in zellini? »
« Non si preoccupi, mi dia pure sessanta centesimi d’euro, quelli glieli cambierò io… » disse la donna con un sorriso. « Per gli alti soldi da cambiare può andare nell’edificio qui a fianco. » disse infine.
« Grazie! » rispose Sarah dandole i sessanta centesimi. Sarah si avviò verso i gufi e scelse quello più grosso, aveva le penne un po’ arruffate e stava sonnecchiando su un trespolo. Era vicino ad un gufo più piccolo, anch’esso dall’aria un po’ arruffata. Su altri trespoli, più o meno alti, si trovavano altri gufi. Chi dormiva, chi mangiava, chi stava in attesa di qualche nuovo volo, guardandosi in giro. Stavano tutti sotto ad una volta a botte, sulla quale era inciso a lettere rosa shocking “posta per gufo espresso”. Sarah legò ben stretta la risposta per la scuola, che aveva scritto in precedenza in treno. Con questo il gufo partì con un forte sbattere d’ali.
Sarah uscì e si guardò intorno, doveva andare all’edificio a fianco per farsi cambiare i soldi, in quelli in uso in questo mondo. Si avviò, quindi, verso uno stabile a destra dell’ufficio postale. All’esterno non sembrava molto grande, e aveva struttura e decorazioni piuttosto povere. Si vedeva una sola e unica scritta, in rosso, sopra la porta, che diceva “Cambio soldi. Da euro/eurocent in galeoni/zellini/falci e viceversa”. Se non ci fosse stata la scritta, non si sarebbe mai potuto dire che si trattava di un ufficio per il cambio dei soldi, vista l’architettura spoglia. Appena entrata, però, al contrario dell’esterno, tutto l’interno era adornato da bellissimi e preziosissimi mosaici raffiguranti scene di magia: grandi maghi e streghe, incantesimi spettacolari, animali magici e molti altri sfondi, tutti spettacolarmente costruiti e curati.
« Questa strutturazione, del povero fuori e ricco dentro, mi ricorda qualcosa. Ah, sì, è vero! E’ la stessa dei battisteri e i mausolei di Ravenna! In fondo siamo a Rimini! Cioè, almeno sono arrivata qui da lì! » disse Sarah tra sé e sé avviandosi al banco.
« Buongiorno signorina! Ha bisogno? » chiese l’uomo di là del bancone decorato da marmi preziosi in alabastro.
« Sì! Ho qualche euro e vorrei cambiarli nelle monete in uso da voi. » rispose lei.
« Va bene! Mi dia pure. » disse l’uomo con un sorriso.
« Ecco qui! » disse Sarah porgendo all’uomo un mazzetto di banconote ed alcune monetine.
« Ora glieli cambio. » disse il signore girandosi di spalle e ritornando con un sacco pesante pieno di monete d’oro, d’argento e di bronzo. « Ecco qui! Ora può andare a fare compere! »
« Già! Devo prendere le cose per la scuola! »
« Bene! Vada pure, allora! Non voglio farle fare troppo tardi! Buone compere! Arrivederci! » disse l’uomo con un cenno.
« Arrivederci! » rispose Sarah e si avviò verso l’uscita, dalla quale entrava una forte luce, al contrario dell’interno, che era in penombra.
« Bene! Ed ora vado a comprare il materiale! E più tardi i libri! » disse Sarah appena uscita. Si guardò intorno, in cerca del negozio che faceva a caso suo. Scorse al di là di un possente palazzo un piccolo negozio coi muri color grigio topo, decorato con stelle luccicanti di mille colori, che si illuminavano alternativamente. Davanti si trovava un palo di legno con un’insegna vecchia e scolorita, piantata in qualche modo. Le lettere quasi sbiadite, ma ancora decifrabili, in vernice bianca, dicevano: “L’Emporio di Marta Cucitus-Mirambulus, vestiti e uniformi per tutte le occasioni”. Sarah, con un sorriso abbozzato, si avviò verso la porta che aveva l’aria di cadere da un momento all’altro, e la spinse piano.
« Non si apre! » disse e provò a spingere più forte.
« Ma cos’ha questa porta che non si apre? C’è scritto aperto! Forse bisogna dire qualche formula magica… » riprese, provando a spingere più forte.
« Vediamo… apriti sesamo! » disse riprovando a spingere, ma invano.
« Che altro posso dire? Ah, proviamo… apriti porta! » disse e provò a spingere di nuovo.
« Per essere una porta che tra poco cade a pezzi non vuole proprio aprirsi… » disse guardandola interrogativa.
« Ehm, ehm… » disse una voce alle sue spalle. Lei si voltò di scatto, con un sussulto.
« Ciao! » disse la voce, era il ragazzo della stazione, quello che non voleva dirle il suo nome. Il ragazzo aveva un sorriso poco decifrabile. Era per saluto o per presa per i fondelli?
« Da quanto tempo sei qui a guardarmi? » chiese Sarah arrossando impercettibilmente.
« Da un pezzo… più o meno da quando sei arrivata qui davanti, io stavo arrivando dalla parte opposta della tua… » disse il ragazzo.
« Non potevi mica aiutarmi? Dirmi come si apre questa benedetta porta? » disse Sarah alzando la voce, un po’ adirata.
Lui si mise a ridere piano.
« Che c’è da ridere? Dimmelo! » strepitò lei, sempre più furente.
« Ah, ah, ah, ah…! Come fai ad essere così ignorante? Sai leggere? » chiese il ragazzo ridendo a crepapelle.
« Cosa? » chiese lei, girandosi verso la porta. C’era scritto “Tirare”. Per quello non s’apriva.
Il ragazzo la guardava, continuando a ridere impetuosamente. La ragazza era ancora girata verso la porta, non si poteva capire che cosa stesse pensando. Sarah cominciò a tremare percettibilmente, voltandosi piano. Appena si girò il ragazzo smise di ridere. Lei era diventata tutta rossa in viso, aveva la testa chinata in basso e tratteneva a stento le lacrime. Una volta girata di centottanta gradi fece un passo avanti, sempre con la testa abbassata ed evitando il ragazzo e il suo sguardo corse via.
« Co-come si permette a p-p-prendermi in giro così… per una porta poi… » disse Sarah tra sé e sé sempre correndo, dirigendosi verso un fiume lì vicino. Non sentiva nessuno, non vedeva nessuno, aveva fisso solo la sua meta. L’argine del fiumiciattolo. Lì poteva stare in pace tra sé e sé per un po’.
Era quasi arrivata al bordo, quando qualcuno la prese per un braccio. Si voltò, e con lei i capelli castani e le lacrime brillanti alla luce del sole. Era il solito, misterioso, ragazzo. La causa del suo pianto. Non rideva più. Ora era serio.
« Lasciami andare! Smettila! Cosa ti ho fatto? Che vuoi da me? Si può sapere? » urlò Sarah, tutto d’un fiato, con le lacrime agli occhi, sempre più furiosa e a voce sempre più alta, per ben imprimere il significato delle parole.
« Ascolta, lo facevo per scherzare. Una cosa divertente, ecco tutto. » disse il ragazzo con voce tranquilla, ma con una nota di supplica nella voce.
« E tutte le altre volte, allora? Usi magia contro di me e io non mi posso difendere perché non so nulla di magia! Vattene via! Non voglio più vederti! »
« No… aspetta…! » disse il ragazzo, mentre Sarah si stava girando per andarsene. Lei, non badando a ciò che diceva, cominciò a correre, sempre più forte, lungo la riva del fiume. Il ragazzo, le corse dietro e brandì la bacchetta « no, non posso… » disse guardandola « non sarebbe leale, ho già usato una volta la magia contro di lei e non le è piaciuto… ». Disse il ragazzo, sempre correndo, rimettendo in tasca la bacchetta magica. « La prenderò, sarà l’ultima cosa che faccio! Corre, però, la tipa! » Disse il ragazzo sorridendo, con il fiatone. « “S”! Aspetta! » urlò lui.
« Lasciami in pace! » urlò Sarah col fiato corto, continuando a correre senza girarsi.
« Se non si vuole fermare correrò fin da lei! » disse lui accelerando la corsa e allungando la mano fino a lei, afferrandola per un braccio.
« Via! Vattene! » urlò Sarah in lacrime con la testa di lato e lo sguardo rivolto in basso.
Il ragazzo la prese delicatamente anche per l’altro braccio, trattenendola a sé come un prezioso oggetto di cristallo.
« Guardami » disse lui con dolcezza. Lei alzò lo sguardo un po’ incerta. I suoi occhi erano perlati di lacrime, il suo viso era arrossato e le labbra erano più rosse e belle del solito. Lei continuò a guardarlo, battendo più volte le palpebre per far andar via le lacrime e si morse le labbra. Lui la guardava, con il sorriso più dolce del mondo. Si guardavano negli occhi. Rimasero così per qualche minuto, sempre fissandosi, scrutando al di là degli occhi, fin dentro l’anima. Dopo almeno tre minuti, il ragazzo strinse a sé Sarah. Senza alcun preavviso, poi, così, di botto, la baciò. Lei spalancò gli occhi, stupita, colpita da quel bacio inaspettato. Ma non si tirò indietro. Piano-piano chiuse gli occhi e si lasciò andare a quel dolce bacio, a quel dolce intreccio, alla pace interna.
Dopo un tempo indefinibile essi si separarono, entrambi con un sorriso dolce sulle labbra.
« Però… dici di lasciarti in pace, di andarmene… e poi ti lasci anche baciare, anzi, partecipi pure? » disse il ragazzo sempre tenendola stretta a sé.
« Lo sapevo! Quel bacio era una presa in giro! Era meglio che non mi lasciavo baciare! » disse Sarah voltandosi di lato, tentando invano di liberarsi da quella stretta così dolce, ma allo stesso tempo così forte.
« No… non era una presa in giro. Era un bacio sincero. » Disse lui accarezzandole la testa.
« E come faccio a crederti? » chiese Sarah.
« Così… » disse lui avvicinando ancora le sue labbra a quelle di lei.
« No! » Disse lei d’impeto. « Ti credo. Va bene. Ma i tuoi baci non mi servono a nulla! » Disse lei questa volta liberandosi facilmente dalla morsa.
« Ok, non ti bacerò più. Posso accompagnarti alle tue compere scolastiche? Io non ho ancora acquistato nulla e ti ho fatto già perdere parecchio tempo. Che ne dici? » chiese lui.
« Beh, va bene! Andiamo a prendere i vestiti? » propose Sarah con un sorriso.
« Va bene! » rispose il misterioso ragazzo contraccambiando il sorriso.
Si avviarono così verso l’emporio di Marta, in silenzio, fianco a fianco, ma entrambi con un bel sorriso sulle labbra. Una volta arrivati alla porta il ragazzo fece per tirarla, ma la porta non si apriva.
« Com’è possibile? Non si apre! » disse lui e provò a tirarla più forte. Dal lato suo Sarah cominciava a sogghignare piano-piano e guardò la porta. Il cartello era cambiato. Ora era scritto “Spingere”.
« Ah, ah, ah, ah…! Come fai ad essere così ignorante? Sai leggere? » chiese la ragazza, ridendo a crepapelle, imitando il lui di una dozzina di minuti fa.
« Eh? » fece lui guardando il cartello e notando il cambiamento. « Ma che simpatica… dai, su! Entriamo! » disse spingendo la porta che finalmente si aprì.

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