2~ «Il mio unico rivale»

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Il giorno della sua partenza si avvicinava inesorabilmente.

Ogni volta che Kageyama entrava nella stanza del rosso, non poteva non notare quella data, segnata da molteplici freccette colorate.

Il giorno della sua partenza di avvicinava, e l'alzatore ancora non aveva proferito parola.
Ma d'altronde, cosa avrebbe dovuto dirgli?

«Kags, sei distratto in questi giorni... c'è qualcosa che non va?» gli domandò Hinata, cercandolo con lo sguardo.

Kageyama posò la testa contro la testiera del letto e alzò gli occhi al cielo.
Se Hinata voleva sapere cosa non andasse, gli avrebbe dovuto tirare fuori le parole a forza.
Non aveva il coraggio di pronunciarle.

Il rosso recuperò i boxer che l'alzatore gli aveva tolto poco prima, dopodiché zompò sul letto, piegandosi sulle ginocchia e avvicinando il viso a quello del suo ragazzo.

Allungò una mano e gli sistemò la frangetta, mordendosi il labbro, preoccupato.

«Kags...se non mi dici le cose come stanno, non possiamo risolverle.» provò a farlo ragionare.
Ancora non lo guardava.

«Kageyama.» lo chiamò di nuovo.
Nessuna risposta.
«Kags.» insistette ancora.
Nulla.
«Tobio...» provò allora, posandogli una mano sul petto, all'altezza del cuore.

Kegeyama trattenne il fiato, e la sua mano andò quasi inconsapevolmente a circondare il polso del più basso.
Finalmente i suoi occhi incrociarono quelli ambrati dello schiacciatore.

Detestava vederlo preoccupato.
E detestava che la causa di quella preoccupazione fosse lui.

«Non ce la faccio...» sbuffò.
«Che?» chiese Hinata.
«A resisterti, non ce la faccio, boke.» specificò.
«Allora dimmi cosa c'è che non va.» gli sorrise il roscio.

Ciò che più lo conquistava di Hinata era il suo sorriso.
Hinata non sorrideva solo con le labbra, ma con gli occhi.
Il suo intero essere sorrideva, e il cupo Kageyama non sapeva resistere a quel languore.

«Non mi va che tu te ne vada.» sbottò infine, arrossendo.

Hinata socchiuse le labbra, scioccato.
«Era per questo? Davvero?» chiese conferma.
«Hinata boke, ti pare cosa da poco?!» replicò svelto l'altro.
«Ma, Kags...io devo partire! Solo in questo modo potrò migliorare e...-
«Tsk, come se non potessi migliorare anche qua! Hai preso questa decisione tutto da solo!» lo interruppe il moro, sentendo la rabbia montargli dentro.

Hinata abbassò il capo.
Per un istante, Kageyama pensò di averlo ferito, o di aver esagerato.
Quell'istante durò davvero poco.

Hinata rialzò la testa, e i suoi occhi non erano quelli di una persona abbattuta.
Quello sguardo raggelò Kageyama, il cuore prese a battergli nelle orecchie.
Non abbiamo ancora perso.
Io sono Hinata Shoyou, e vengo dal cemento.

«É la mia vita, Kags. Pensi che non ci abbia pensato? Mi trasferisco a Rio de Janeiro, porca miseria, è dall'altra parte del mondo! Devo lasciare qua tutta la mia famiglia, devo lasciare qua te ! Ma sono disposto. Così almeno potrò crescere, e, quando tornerò, potrò finalmente batterti.» gli spiegò Hinata, pacato, gelido.

Con quello sguardo, puoi battermi tutte le volte che vuoi.
Kageyama sospirò, abbassando il capo e posando la fronte contro la spalla nuda del fidanzato.
Scacciò con furia le lacrime formatesi all'angolo degli occhi.
«Non voglio che mi lasci.» bisbigliò, ad un tono di voce così basso che sperò quasi che l'altro non l'avesse sentito.

Hinata gli passò la mano tra i capelli, stringendoli.
Non voleva partire, non voleva separarsi così bruscamente da ciò che più amava. Ma doveva.
Per la pallavolo, per sé stesso, doveva.

«Non ti lascerò, Kags. Saranno solo due anni, poi tornerò. Non smetterò di amarti.»
«Tsk, e se poi ti trovi qualcuno a Rio?»

Hinata ridacchiò, sollevando la testa all'altro e incrociando il suo sguardo.
«Dovrei essere io quello preoccupato! Te ne starai due interi anni in Giappone senza di me, per di più con Kourai!» replicò, sorridendogli.

«Nessuno ha speranze, rispetto a te.» affermò Kageyama, oggettivo, posando di nuovo la schiena contro la testiera del letto.
Hinata gli si sistemò contro, afferrandogli le mani e intrecciandole alle sue.

Adesso entrambi erano rivolti con la testa verso il calendario.

«Potrei dire lo stesso di te, Bakayama!» replicò il rosso, sorridendo, strofinando il capo contro il petto di Kageyama, solleticandogli il mento con la folta chioma.

Rimasero in quella posizione per parecchio tempo. Abbracciati, silenziosi, tranquilli, felici.
«Kags.» il primo ad interrompere il silenzio fu Hinata.

Fuori dalla finestra, il sole stava calando, e colorava di una calda sfumatura dorata ogni nuvola.

«Mh?»
«Promettimi che non troverai un altro rivale.» sussurrò Hinata, sentendosi infantile, ma sapendo di essere serio.

Kageyama sorrise, dandogli un bacio sulla somma del capo.
«Sei il mio unico rivale, boke
Questo bastò a tranquillizzare il rosso.

«Però tu promettimi che non troverai un altro amore.» replicò il corvino, fissando la parete davanti a sé, arrossendo.

La presa di Hinata si fece più salda.
Lanciò uno sguardo fugace a Kageyama, e sorrise, abbandonandosi completamente contro di lui.
«Sei il mio unico amore, baka.»

~ 🏐🧡

La cerimonia del diploma arrivò prima del previsto.
Hinata e Kageyama presero i loro due pezzi di carta, e poi se la filarono, non venendo notati né da Tsukki, troppo preso ad ascoltare il suo ragazzo, né da Yamaguchi, che invece stava parlando senza sosta, né dai loro kohai.

Prima di rendersene conto, so ritrovarono in palestra.
«Mi mancherà questo posto.» bisbigliò Hinata, nostalgico, che ad occhi spalancati cercava di assimilare ogni più piccolo dettaglio.
«Non voglio dimenticarla.»

Kageyama annuì, recuperando un pallone e dirigendosi in battuta.

Hinata osservò la sua postura perfetta, la grazia, la sicurezza.
Raggiunse l'altro lato del campo e gli sorrise, serafico.

Non era un granché come oratore, non era un granché come scrittore, o artista.
Ma in campo poteva esprimere tutto il suo amore, tutta la sua passione.

Kageyama batté un servizio potente.
Un ricordo fugace, del loro primo incontro in quella palestra, frullò nella testa del rosso.
Poi si mosse per ricevere.

Prese la palla nel punto giusto, ne annullò la rotazione e la spedì nel punto dove sarebbe dovuto essere l'alzatore.

Quando alzò la testa, Kageyama gli stava sorridendo.
Capisci perché devo andarmene? gli chiese il rosso con lo sguardo.

Capisco, gli rispose quello di Kageyama, l'unico in grado di comprenderlo, perché amava quanto lui la pallavolo.

«Dovresti tagliarti i capelli, boke.» commentò ad alta voce il corvino.

Hinata si passò una mano fra i capelli, che in effetti si erano allungati.
«Sì, lo so, lo so.» replicò il rosso, alzando gli occhi al cielo.

E poi, entrambi uscirono dalla palestra, chiudendo dietro di loro la porta di quel mondo che, per tre anni, era stato il loro interi universo.



Fly away ||KagehinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora