𝕻𝖆𝖗𝖐 𝕵𝖎𝖒𝖎𝖓

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"Non vedo come ci sia piacere senza il piacere della carne. La lussuria gode di tutte le mie simpatie e per essere un peccato capitale mi sembra un po' troppo benefico per la salute.
Non sono molto capace di amare."

"La bufera infernal, che mai non resta,
mena li spirti con la sua rapina;
voltando e percotendo li molesta.
Quando giungon davanti a la ruina,
quivi le strida, il compianto, il lamento;
bestemmian quivi la virtù divina.
Intesi ch'a così fatto tormento
enno dannati i peccator carnali,
che la ragion sommettono al talento."

Teatro Mariinskij, Russia, Sanpietroburgo

Jimin era lì, all'interno del teatro, in cui passava le giornate ad allenarsi. Il giorno di Natale sarebbe arrivato e per proclamare la dinastia degli zar, ogni anno in loro onore venivano organizzati vari spettacoli.
Vi chiederete cosa potesse farci un asiatico in Russia. Sicuramente era una cosa insolita.

Jimin era sempre stato un bravo ballerino in quanto con il suo corpo amava esprimere le emozioni che provava accompagnato dalle dolci note della musica che ascoltava.
La cosa buffa era che, ogni giorno la più piccolina della famiglia degli Zar, insieme alla sua tata, scappava dal palazzo d'inverno in cui risiedeva, e correva a vedere Jimin.
La piccola Sofia era sempre colei che veniva tenuta al sicuro al castello. Questo era dovuto al fatto che fosse cagionevole di salute. Aveva all'incirca otto anni, di lì a poco, esattamente il giorno di Natale, avrebbe compiuto nove anni. Aveva i capelli neri lunghi e mossi che spesso venivano agghindati con piccoli fermagli ricamati, la pelle nivea e le gote sul rosa pescato. A lei Jimin piaceva molto, infatti, al posto di giocare con le bambole preferiva uscire dal palazzo.
Jimin poi, ci parlò svariate volte e con il tempo era diventata la sua piccola amica.

Lei gli aveva anche presentato il suo orsetto di pezza, al quale teneva particolarmente perché era stato un regalo da parte del suo papà: nessuno infatti poteva prenderglielo e l'unico che aveva il permesso era proprio Jimin.
I giorni passavano e finalmente il giorno dello spettacolo arrivò.
Jimin, insieme al resto della crew del teatro, aprì lo spettacolo con il balletto dello Schiaccianoci,sicuramente una delle esibizioni più apprezzate.
Poi arrivò il suo momento, il momento in cui il palco era tutto suo.
Lui dai candidi abiti e i capelli chiari sembrava un angelo.
Salì sul palco, di posizionò al centro e una volta partita la canzone iniziò a ballare. Movimenti sinuosi, delle volte decisi caratterizzavano il suo modo di ballare, che emotivamente coinvolgevano sempre la platea.
Osservò il palchetto dal quale la piccola Sofia insieme alla sua famiglia assisteva agli spettacoli e la vide sgattaiolare via.

Poco dopo, se la ritrovò infatti dietro le quinte del palco con indosso un cappottino rosso di velluto e con qualcosa in mano. La vide correre verso di lui e la prima cosa che gli venne spontanea fu prenderla in braccio e farle fare un giro.
- Jimin! Sei stato bravo!-

- Grazie piccolina! Buon compleanno!.-

- grazie Jimin!-

- quest'anno fai nove anni eh? La mia piccola Sofia sta diventando grande. Ma dimmi.. ti sei divertita oggi a palazzo? Che hai fatto di bello?-

- si ho fatto tante cose, e poi dopo il pranzo di Natale ho ballato con il mio papà nella sala grande il Valzer.-

- ma che bello! E dimmi ti hanno dato dei bei regali?-

- si! A dirla tutta però non li ricordo.-

- sai? Anche io ti ho fatto un piccolo regalo.- disse Jimin prendendo un piccolo pacchettino per poi porlo alla bambina.

La bambina lo prese e lo aprì . Vedendo che era un fermaglio a forma di fiocco di neve con qualche brillantino, sorrise come non mai.
- grazie Jimin, è bellissimo.- disse per poi abbracciarlo.

- Figurati piccolina!-

E così dopo la piccola visita, tutti tornarono alle proprie dimore.
Anche Jimin, non poté non appuntare tutto, così si mise davanti al camino, su una comoda poltrona e iniziò a scrivere tra le pagine "Caro diario.."

Il tempo passava, il suo lavoro era sempre lo stesso, la sua vita era sempre la stessa. Anche lui di tanto in tanto riceveva delle lettere e tra queste ce n'era una in cui non c'era scritto nulla, al contrario... c'era qualche parola, forse scritta in cinese antico e gli unici caratteri comprensibili erano "Min Yoongi" .
Pensò che si potesse trattare di uno di quei pezzi d'arte che venivano venduti alle aste e lo lasciò lì.

Era il 1917 più precisamente il 6 novembre.
La neve attecchì al suolo e continuò a cadere copiosa.
Lui come sempre era al teatro a provare le sue coreografie anche se i tumulti e i malumori caratterizzavano la città. Provava e riprovava finché non si concesse una piccola pausa.
Si sedette con i piedi a penzoloni dal palco bevendo un po' d'acqua. Si stava godendo quel silenzio, quando intravide la tata di Sofia e la piccolina tutta imbacuccata correre verso di lui. La tata gli disse che da quel momento si sarebbe dovuto occupare lui della bambina e di non farla tornare a palazzo, anzi di scappare e andare via da San Pietroburgo. E così fece. Tornò a casa con la bambina in braccio che spaventata lo stringeva forte e nascondeva il visino nella sua spalla e iniziò a riordinare le cose.

Era il 7 Novembre. Ci fu un attacco al palazzo d'inverno e ci fu un tentativo di rovesciamento di potere. La famiglia degli Zar fu cacciata, e i membri rimasti vivi, scapparono e si nascosero nel tentativo di salvarsi e non essere uccisi.

Jimin, fece in tempo a scappare da San Pietroburgo e i giorni successivi dalla Russia.
Scappò e scappò con la piccola Sofia finché non si ricordò di un posto. Presero la nave e attraccarono in quello che potremmo definire il Giappone. Qui si fermarono in una casetta che Jimin ricordava: era situata su una piccola collinetta concordata dalla vegetazione di una piccola selva.

Con la tranquillità di quei giorni, Jimin poté dedicarsi ad insegnare a Sofia il giapponese, per farla ambientare e farla sentire a suo agio. A lei piaceva quel posto tanto che in primavera era sempre sotto un ciliegio secolare a mangiare onigiri insieme a Jimin. Lei crebbe, diventò una bellissima ragazza, e non giudicò negativamente Jimin quando capì che il suo aspetto rimaneva sempre così, non cambiava mai. Si scattarono le prime foto. Tra le cose più belle che quella terra potesse regalargli come i festeggiamenti del capodanno e la fioritura dei ciliegi.

Tra i momenti belli della vita però, inevitabilmente si insinuano anche quelli brutti.
Jimin non poté far altro che accettare il fatto che la malattia avesse bussato alla porta di casa. Sofia, infatti, si era ammalata, e anche se aveva la possibilità di guarire o comunque di sentire di meno il dolore, esitò a chiedere a Jimin. Lui ormai, come aveva sempre fatto, si occupava di lei, cercando di farle sempre compagnia, eccetto nei momenti in cui il medico doveva visitarla.
Un giorno, decise di portarla sotto quell'albero di tanto le piaceva e così fece. Sistemò dei cuscini contro il tronco e con questo un telo a terra dove potersi mettere a gustare gli onogiri. Era primavera e i petali che di tanto in tanto cadevano le adornavano i capelli corvini.
Finirono di mangiare e una volta sistemato tutto, entrambi si appoggiarono al tronco e iniziarono una chiacchierata. Con gli anni, lei aveva imparato a conoscere Jimin e Jimin lei. Fu un attimo. Lei si appoggiò con la testa sulla sua spalla e sussurrò sorridendo:
- grazie di tutto Jimin.-
Poi chiuse gli occhi e cadde nel sonno profondo che tanto spaventa i mortali.

Jimin capì cosa fosse accaduto e la strinse tra le braccia piangendo, piangendo disperatamente per l'addio così improvviso.
Quel pomeriggio non passò mai. Lui le diede sepoltura sotto il ciliegio, che forse, proprio per l'evento triste smise di far cadere i suoi petali.

Jimin tornò a casa, e dopo essersi leggermente ripreso, iniziò a scrivere tra le pagine del diario, sui quali attaccò i petali di quel ciliegio. Inutile dire che diventarono rosa.

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PS: Se vi va di vederlo, dopo la foto ho lascito un video con l'esibizione di Jimin il giorno di Natale.💜

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