Quando lui era il lupo cattivo

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~Noi pretendiamo che la vita debba avere un senso, ma la vita ha precisamente il senso che noi stessi siamo disposti ad attribuirle~

3 anni prima~Luna

Accarezzo dolcemente i suoi lineamenti virili: parto dall'arco di cupido fino a raggiungere le sue palpebre chiuse, mentre un sorriso amareggiato si delinea tra le mie labbra.

Distolgo, solo per un secondo, lo sguardo dalla figura distesa di fronte a me, per osservare di sfuggita la stanza asettica, anonima, anormale.

Inspiro l'odore di disinfettante, mentre cerco di immaginare la sua fragranza mascolina riempire la stanza, riempire le mie narici.

E non riesco a non darmi la colpa, non riesco a non soffrire. Riesco solo a chiedere scusa in continuazione, sperando che la mia voce strozzata giunga alle sue orecchie e lo riporti da me.

Riesco solo a soffrire in silenzio.

Stringo forte i pugni, fino a sentire le unghie perforarmi l'epidermide.

E fa meno male.

Tutto fa meno male, rispetto al non poter sentire la sua voce, o guardare i suoi occhi ambrati, mentre questi si posavano sulla mia effige, con il suo sguardo indefinibilmente sereno.

Fisso intensamente le sue palpebre abbassate dolcemente; le ciglia sfiorano le gote disegnando ghirigori sulla pelle.

Lo fisso intensamente sperando che riapra i suoi occhi di scatto, per poi posarli nei mei, su di me.

Spero che tutto ciò accada, mentre, con delicatezza, i miei polpastrelli si perdono in capelli scuri, più lunghi rispetto a come era solito a portarli; ma che rimangono, ancora, di gran lunga, più morbidi dei miei.

<<Mi sento così sola>> dico, mentre le dita tremano impercettibilmente e sento nitidamente scricchiolare il cuore <<E tu mi manchi tantissimo>> continuo nell'esatto momento in cui il cigolio della porta mi annuncia la presenza di un intruso.

E l'incantesimo si spezza.

Non mi volto, mentre rimbombano nella stanza dei passi, che ho imparato a riconoscere.
Non mi volto perché sono ancora (dis)persa tra spirali dalla forma perfetta e nodi intriganti, tra giochi di ombre e luci, che rendono quel volto ancora più bello.

<<Potreste tagliargli i capelli?>> chiedo socchiudendo le palpebre, per concentrare meglio i sensi, nella speranza, di riuscire a contattarlo, in un qualche modo strano.

<<Lo riferirò>> dice raggiungendomi e posando una mano sulla mia spalla, in segno di conforto.

Bravo ragazzo, la tua mano sulla spalla mi conforta tantissimo...

<<Ti andrebbe un caffè?>> chiede Marco in tono autoritario, tono che lo caratterizza, fin da quando ne ho memoria e che delinea i tratti di un carattere forte; un po' come quello che spero di riottenere.

Quello che mi è stato strappato troppo presto, insieme alla persona più importante della mia vita.
Mi hanno tarpato le ali proprio quando stavo per spiccare il volo e non sto cercando di fare nulla di concreto per riprendere in mano le redini della mia vita.

Nessuno può spiegarmi cosa sono, cosa sono stata: vivo nel presente, ma mi proietto nel passato.

Ho bisogno di un lamento, ma cerco, con costanza, un continuo cambiamento, perché dentro ho un tormento.

Per quanto sia possibile, penso solo all'impossibile.

Mi aggrappo disperatamente ai dettagli più stupidi, per cercare di ricordarmi di star vivendo, in questo esatto momento; per ricordarmi di vivere: osservo il sole, che scompare lungo l'orizzonte, proiettando dei tenui raggi lungo i capelli di Davide, causando un bagliore rossastro.

Anche se fa maleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora