Capitolo 6

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Sasha era un cane bellissimo, calmo ed addestrato dal padre di Louis da quando era solo un cucciolo. Aveva tre anni, il pelo grigio, nero e bianco e gli occhi di un blu acceso. Assomigliavano a quelli di Louis, solo che lui ce li aveva più sul color oceano.

Non era mai stato un tipo da cani, anzi, non era mai stato neanche un tipo da animali domestici. Ti occupavano un sacco di tempo ed erano come i bambini, andavano nutriti e curati. E lui odiava essere responsabile della vita di una persona o animale, perché se qualcosa fosse andato storto sarebbe stata colpa sua.

Comunque, suo padre voleva un cane perché sarebbe stato di compagnia. Era sempre da solo, e Sasha era stata con lui negli ultimi tre anni mentre, invece, Louis no.

Quindi voleva rimediare e, mentre suo padre era in salotto, decise di portare l'animale fuori a spasso. Era davvero grande, il suo pelo lungo la faceva sembrare ancora più grossa e la sua stazza la rendeva temibile. Per Louis, invece, era solo tanto dolce e non aveva per niente paura di lei. In realtà non aveva paura di niente nella vita.

La paura era qualcosa che le persone si creavano da sole e che lasciavano che si impossessasse delle proprie menti. In realtà non c'era motivo di essere impauriti da qualcosa, era meglio essere liberi di sperimentare ciò che si voleva. E Louis amava scoprire ed andare a fondo su argomenti che di solito spaventavano le persone, come i fantasmi, la vita dopo la morte e cose così.

E nel camminare al buio per strada (come stava facendo ora), molte persone avrebbero avuto timore di essere rapiti, picchiati o addirittura stuprati. Ma non Louis. Aveva semplicemente le sue cuffiette nelle orecchie, tenendo il guinzaglio collegato al collare viola di Sasha, mentre canticchiava sulle note dei The 1975.

Quando entrò nel parco tolse il guinzaglio al cane e la lasciò correre libera, sapendo che non sarebbe andata troppo lontano. Si guardò intorno, osservando il vecchio parco giochi con altalene e scivoli di plastica talmente malridotti che sembravano pericolosi anche solo a toccarli.

Immediatamente qualcosa catturò la sua attenzione. Non qualcosa, ma qualcuno. Una famigliare cascata di ricci non molto lontana da lui, con un giaccone verde a coprire il suo alto corpo, e i soliti skinny jeans neri praticamente incollati a quelle gambe lunghe e sì, quello era decisamente Harry.

Un sorriso apparse sul viso di Louis che corse verso il ragazzo più alto, notando che non si era accorto di lui, e lo colpì piano alla spalla, sorridendogli quando si girò con occhi freddi come suo solito.

"Ciao Harold", lo salutò e, vedendo che aveva una sigaretta in mano, non fu molto felice che fumasse. Tuttavia ignorò la cosa, perché era una scelta del riccio, non la sua.

"Sono Harry", rispose l'altro ragazzo.

"No, Harry è l'abbreviativo di Harold", ribatté Louis, incrociando le braccia, e fu felice che il riccio non lo stesse cacciando via come sempre. Forse perché non erano a scuola, o perlomeno non erano circondati da persone, considerando il fatto che fossero le dieci di sera.

Il più alto sbuffò, prendendo un tiro dalla sigaretta. "No, sono al cento per cento sicuro che il mio certificato di nascita dica Harry".

"Oh beh, io invece ti chiamo Harold", rispose il ragazzo più basso, guardando l'altro buttare la sigaretta per terra e trattenendosi dal chiedergli se l'avesse spenta prima. La calpestò e lo seguì camminando all'indietro per guardarlo in faccia. "Quindi, cosa ti porta da queste parti alle dieci di notte? Hai un appuntamento? Gli assassini di solito li hanno? Hanno una vita sociale? Guarda che sto scherzando".

"Sei irritante", commentò Harry, fermandosi all'improvviso e facendolo quasi inciampare. "Perché mi stai seguendo? Non hai qualcun altro da importunare? Un cane?"

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 08, 2015 ⏰

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