Fourteen (part 2)

141 4 7
                                    

L'ECG evidenziò che al bambino alla nascita era stata diagnosticata una disfunzione cardiaca congenita, corretta chirurgicamente.

"Cosa vedi Scott?"

Chiese Burke una volta che tutte le immagine dell'ECG arrivarono sullo schermo.

«Alla nascita è stato operato per un soffio cardiaco, l'intervento è riuscito ma adesso--»

"Il bambino presenta uno scompenso cardiaco sistolico, ed un edema polmonare. Dobbiamo sbrigarci."

Finito l'ECG e ricevuti i risultati, prontamente ci dirigemmo verso la sala operatoria.
Mai quanto quel giorno temevo di non arrivare in tempo in cardiochirurgia, ma dovevo tenere duro ed avere fede nelle straordinarie capacità del dottor Burke.

Abel sarebbe guarito, si non poteva essere altrimenti.
Sarebbe tornato a casa con suo padre.

[...]

L'intervento continuò per le lunghe.
La sala operatoria ci ospitò per almeno cinque ore buone.

Il viso di Abel pian piano riprese colore, così come allo stesso modo le sue piccole manine e le labbra, che ora a differenza del suo arrivo in ospedale, non erano più cianotiche, erano vive, segno che il suo sangue aveva ripreso il suo flusso naturale.

"Dovrà stare in ospedale per almeno qualche giorno, e di la mi è sembrato di capire che conosci suo padre."

Chiese Burke una volta raggiunta la presala, così da poterci lavare terminato l'intervento.
Nel mentre io, da dietro lo specchio continuavo a tenere gli occhi fissi sul piccolo Abel, che ora veniva sistemato dalle infermiere nuovamente nel suo lettino, così che potesse raggiungere il reparto di pediatria.

"Nyv--mi stai ascoltando? Andiamo a dire loro che l'intervento è terminato"

«Oh--si, la raggiungo subito, e si...rimarrò qui stanotte e per tutto il tempo che sarà necessario»

Risposi guardando il chirurgo al mio fianco, che mi rispose a sua volta con un semplice cenno del capo, avendo capito che in quel momento fossi presa da altri pensieri, poi lasciò la sala.

Aspettai ancora qualche istante prima di raggiungere anche io la sala d'aspetto, non ero ancora pronta a rivedere lo sguardo a dir poco intriso di paura del giovane padre che non molte ore prima aveva rischiato di perdere il proprio figlio, non dopo ciò che era successo fra noi la sera prima, o meglio--ciò che stava per succedere.

Quando mi resi conto di quanto i miei pensieri in quel momento fossero dettati propriamente dall'egoismo, chiusi l'acqua del lavabo e lasciai la sala, dirigendomi verso la sala dove sapevo avrei trovato tutta la famiglia Teller al completo, quando arrivai però, oltre a loro trovai anche mio padre, che fiancheggiava mio cugino Opie.

Quando mi vide, un sorriso si fece largo sul suo volto, uno di quello che vogliono dirti "Ehi piccola, sono fiero di te", seppur i meriti di quell'intervento fossero tutti del chirurgo con il quale stavano parlando.

"Dottoressa Scott, ci ha raggiunti!"

Annuii, fiancheggiando Burke, vagliando lo sguardo in un primo momento sulla matriarca della famiglia Teller, che stranamente (sicuramente in vista della particolare situazione in cui ci trovavamo) mi rivolse uno sguardo grato, fu strano.

Opie, felice delle ottime notizie appena pronunciate dal dottor Burke, stringeva con la mano la spalla dell'amico, dandogli forza e rassicurandolo perché il peggio era passato.

E poi c'era Jax, che aveva focalizzato tutta la sua attenzione sul chirurgo, cercando di capire realmente cosa volessero significare tutti quei termini medici, come a non volersi accontentare del semplice "è tutto passato", leggevo nei suoi occhi la brama di chi voleva sapere il perché aveva quasi rischiato di perdere suo figlio.

Save me from myself. || Sons of Anarchy ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora