Capitolo XVII- Senza forze

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"Ettore? Etto?! D**cane svegliati!" Avevo la vista annebbiata. Le voci che sentivo mi sembravano distorte. Non riuscivo a tenere aperti gli occhi. Finché, dopo vari tentativi, ci riuscii. Ero allungato per terra. La pietra dell'altare era molto fredda al contatto e ti faceva sentire il contrasto col calore del sole. Rannicchiati su di me c'erano Davide a sinistra e Miryam a destra. "Etto come stai?" Chiese Miryam. Sentivo i piedi umidi. Alzo lo sguardo e mi trovavo con le gambe in una pozza rossa "Hai perso molto sangue" continuò Davide "Pensavamo fossi morto. Ci siamo preoccupati." Disse con ancora le lacrime agli occhi "Non la smetteva di fricchiare" continuó Davide "E Hilios?" Chiesi con la poca forza che mi era rimasta. Il sangue perso e la scossa ricevuta mi avevano reso uno straccio, peggio di quello che fossi già. "Niente. Sei stato addormentato per tre quarti d'ora più o meno. Ma niente." Disse Miryam. "Come niente?!" Dissi spaventato. "Niente Ettore, niente! Sto diavolo di tempio non serve a niente...!" Disse Davide tutto adirato "Ehi stai calmo, non è mai stato testato. Probabilmente.." disse Miry ma fu subito interrotta dal secondo alterego "Probabilmente un paio di cazzi! Sto altare di merda non funziona, sto stronzo qui ha rapito Roberta, l'ha maltrattata per farmi venire fin qui ad accompagnarlo in una spedizione con il fine di evocare sto coso che alla fine non c'è. Forse perchè non esiste?! Sono tutte fisse vostre e della vostra DINASTIA. Perchè diavolo dovrebbe esistere questo Okeanos se alla fine non ci sono prove?!" Io, e non so loro, inizia a sentire un fischio provenire dal cielo molto leggero, quasi impercettibile. Incuriosito, alzai lo sguardo. Aguzzai la vista. Ma niente, non vedevo niente. "Ascolta Davide, innanzi tutto abbassa i toni della voce e risparmia questo turpiloquio" "Turpi-che?" Il fischio si faceva sempre più forte ma sempre molto leggero "Turpiloquio. Sarebbe il linguaggio scurril-" sempre più forte. Iniziai ad intravvedere un pallino in cielo. Grigio? O era nero? Non lo sapevo. Troppo lontano. "Senti tu non mi dici cosa davo fare! Mi stai sul cazzo, puttanella" sempre più forte "Ehi ma che diamine ti viene?! Perché ce l'hai con me?" Sempre più vicino "Beh ad esempio per il gonnellino" Il pallino si faceva sempre più grande. "Sei arrabbiato perchè ti ho fatto vestire con un gonnellino?!" Il fischio era sempre più fitto. Il pallino iniziò ad assumere la forma astratta di un grosso macigno. "Cazzo ti costava a dare anche a me un gonnellino?! Se non hai nemmeno un intelligenza plausibile da..." era sempre più vicino. Stava... STAVA CADENDO SU DI NOI! "Era un cazzo di gonnellino?!" Con tutta la forza che avevo nelle braccia spinsi i due litiganti che caddero giù dall'altare. Io mi feci rotolare verso destra e caddi giù. Il macigno cadde provocando un frastuono incredibile. Miryam e Davide lo guardavano spaventati e col fiatone per la paura. Io ero troppo debole per compiere anche il più piccolo dei movimenti in quel momento. Avevo perso troppo sangue e a causa del fulmine mi faceva male un po' tutto il corpo. "C-che diavolo è?" "N-non lo so..." Rispose Miryam a Davide. Ci furono lunghi attimi di silenzio. Inquietanti. Confusi. Finché il macigno non si illuminò di una luce argentea-azzurra. Inizió a levitare. Era di dimensioni davvero grandi. Forse alto poco meno di me. "È..." disse Miryam "È bellissimo!" Disse Davide infatuato da quella luce così bella nonostante le luminose ore mattutine.
"Finalmente ci siete riusciti.." proveniente da sotto la scalinata interruppe il mistico momento. Il macigno si spense e ricadde, provocando un frastuono minore rispetto a quello precedente. Miryam mi guardò un attimo e poi si rigirò di scatto per vedere cosa stava accadendo. Strillò con la faccia spaventata. Davide pure si girò di scatto a guardare giù. Storse le sopracciglia, spalancò gli occhi e spalancò la bocca dallo spavento misto alla confusione. Mi lanciò un ultimo sguardo durato qualche millesimo di secondo e poi si precipitò a scendere le scale con Miryam che urlava "EHI?! COSA DIAVOLO AVETE FATTO?! LASCIATELI!". Rimasi solo, affianco al macigno. Cosa stava succedendo? Di chi era quella voce? Dovevo sapere. Provai a mettermi in piedi. Caddi. Riprovai. Ricaddi. Optai che era meglio trascinarmi fino alle scale. Così feci. Ero molto lento. Dietro di me lasciavo una scia di sangue in piccole chiazze. Dannato me e a quanto ero stato incisivo a farmi quel taglio. Arrivai sulla rampa di scalinate. Mi affacciai ancora da allungato. La scena che vidi era parecchio cruda. A terra, alla fine della scalinata, giacevano sgozzati ed in una pozza di sangue, tre indigeni. Uno dei tre era colui che mi guidó in sala da pranzo un paio di ore prima. Due uomini incappucciati "controllavano la situazione". Uno dei due teneva fermo con un coltello alla gola sia Miryam che Davide. Il secondo, appena mi vide, sorrise nell'oscurità del cappuccio. "Eccolo li, il signor Abrams. Oppure dovrei dire.." Alzó il braccio e tese la mano. Sul suo palmo iniziò a crescere una sfera. Era nera. Sembrava fatta di acqua. Luminosa. Tendente al viola. In meno di un secondo si fece grande quanto un pallone da basket. Partì dalla mano e arrivó a colpire le scale che si trovavano a qualche centimetro dal mio naso con la velocità di un proiettile. Ci fu un'esplosione, abbastanza potente da distruggere, solo in parte, quel pezzo di scalinata e da farmi volare via e farmi precipitare da tutti i dieci metri di altezza dove mi trovavo. "NO!" Urló Miryam che fu zittita da uno strattonamento da parte del aggressore. Caddi sulla sabbia incandescente. Tossivo. Avevo sabbia negli occhi e nella bocca. Per qualche attimo mi si tolse il respiro. La figura si avvicinò lentamente, facendo rumore con i suoi scarponi neri. Si accostò al mio corpo. Era vestita di nero. Dal cappuccio alle scarpe. Felpa nera (che non so come la teneva con quel caldo), pantaloni neri, scarpe nere. La stessa cosa l'altra figura. Si rannicchiò su di me. Con una mano afferrò i miei capelli e mi alzò la testa. Faceva male. Ma non avevo la forza di contrastare. Con gli occhi socchiusi cercai di intravvedere la faccia. Ma poi, prima che ci riuscissi, si tolse il cappuccio. "O forse dovrei dire mio caro alterego?" Capelli neri e corti. faccia molto colorita e, oserei dire, abbronzata. Sulla cinquantina. L'iride di un nero impressionante ricopriva tutto l'occhio, facendo sparire del tutto la parte bianca dell'occhio. "Cos.. chi.. come.. come sai chi sono? Chi sei?" "Ahahahahah... come non sai chi sono? Non hai mai letto la tua cicatrice sulla pancia?"

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