Capitolo 7. Come prima (pt.2)

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Tolgo gli spilli dal bordo del vestito e li ripongo sul porta spilli legato al mio polso. In seguito, afferro il corpetto e lo fisso lungo il bordo della gonna con gli spilli, poi posiziono il tutto sotto la macchina da cucire.

Faccio attenzione a non far raggrinzire la stoffa e man mano tolgo di nuovo gli spilli. Una volta aver unito insieme i due pezzi mi alzo in piedi per andare a cercare una cerniera invisibile. Aggrotto le sopracciglia non appena mi rendo conto che non ci sono più cerniere invisibile, cosa davvero strana dato che il laboratorio viene rifornito ogni settimana.

Chiudo il cassetto e vado verso alcune scatole poste contro la parete. Leggo le etichette poste su di esse per cercare di capire dove possono essere queste maldette cerniere. Mi abbasso sulle ginocchia e apro una scatola. «Ehi Kailee!» alzo la testa dalla scatola e punto lo sguardo sulla porta del laboratorio. «Ma dove sei finita?».

Mi sporgo leggermente di lato per farmi vedere. «Sono qui!» sollevo un braccio e nel mentre cerco di non perdere l'equilibrio. Gli occhi chiari di Wendy si illuminano e un dolce sorriso scalda il suo viso. «Ho una brutta notizia, purtroppo» mormora iniziando a tirarsi le punte dei capelli. «Devo soffermarmi qui in accademia, devo aiutare con l'allestimento di alcune aule. Hai presente che sabato ci sarà un'esposizione fotografica, quindi tutto il corso di fotografia è occupato».

Annuisco in risposta cercando di capire quale sia questa brutta notizia. «Ecco vedi, dovendo stare qui non posso accompagnarti in centro. Ma ho già risolto!» esclama sorridendo a trentadue denti.

Mi siedo sulle ginocchia e faccio cenno a Wendy di proseguire. «Se per te non è un problema, Aaron è disponibile ad accompagnarti» continua, dondolandosi sui talloni.

«Va benissimo. Quando dovrebbe venire?» chiedo alzandomi in piedi e dirigendomi verso la macchina da cucire. Wendy non risponde subito, afferra prima il cellulare mormorandomi che sta controllando gli ultimi messaggi.

«Tra dieci minuti sarà qui» afferma sollevando lo sguardo dallo schermo del cellulare. «Ora devo proprio scappare, ho lasciato Teador McCall che sistemavano alcuni faretti. Ci vediamo a casa!» detto questo si volatilizza senza darmi il tempo di salutarla. Rimango con il braccio sospeso in aria e mormoro un: «Ci vediamo a casa» che sfuma via con lei.

Controllo l'ora sul cellulare per poi decidere di riporre via il vestito, lo finirò un'altra volta. Per fortuna la consegna è prevista per il venerdì prossimo, dandomi così ancora una settimana per terminarlo.

Posiziono il vestito sul manichino con il mio nome per poi coprirlo con un telo in cotone. Afferro la mia borsa e mi avvio al di fuori dell'accademia per poi fermarmi in cima alle scalinate. Inizio a dondolarmi sui talloni e a lanciare diverse occhiate allo schermo del mio cellulare.

Per ammazzare un po' il tempo, mi perdo a creare dei disegni immaginari tracciando i lineamenti delle persone.

Nel momento in cui mi abbandono ai miei pensieri perdo la concezione del tempo. Smetto di controllare l'ora sul cellulare e mi dimentico anche del perché controllavo con insistenza l'ora.

Vengo trascinata nella realtà quando un'auto nera parcheggia proprio davanti ai cancelli dell'accademia, e il suono del clacson si insinua nelle mie orecchie con insistenza. Sbatto un paio di volte le palpebre e allungo la testa un po' davanti per mettere a fuoco la situazione.

Mi risveglio totalmente dal mio stato di trance e scendo frettolosamente le scale, rischiando più volte di ruzzolare a terra.

Arrivo a pochi passi dall'auto con un po' di fiatone, arpiono la maniglia della portiera e la apro. «Tu non sei Aaron» è la prima cosa che dico. Rimango ferma sul posto, con una mano posata sul bordo della portiera e l'altra che stringe la tracolla della borsa.

Sto fra le stelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora