Quando finalmente riesco a raggiungere Aran, che è scappato di corsa fuori dal pub, ormai siamo già arrivati a casa. Entrando per la porta d'ingresso che lui ha lasciato aperta, lo guardo mentre si rannicchia in un angolo del salotto, senza smettere di piangere, come in un tentativo disperato di farsi sempre più piccolo fino a sparire. Sta guardando un punto fisso di fronte a sé, tremando, mentre si culla avanti e indietro con le ginocchia strette al petto.
Osamu e Kazuna sono alle mie spalle, ancora fermi all'entrata, e a giudicare dalle loro espressioni devono essere ancora più confusi di me. Io mi avvicino al mio amico, sentendo un macigno esercitare sempre più pressione sul mio cuore, e mi accovaccio accanto a lui. Aran non mi sta guardando, continua a tenere lo sguardo fisso nel vuoto, e le sue lacrime non accennano a fermarsi.
«Aran,» con uno sguardo mortificato gli poso una mano sulla spalla, cercando di attirare la sua attenzione, «cos'è successo? Ti prego, dimmi qualcosa.»
«Daisuke,» sussurra, «Daisuke sta piangendo. Non l'ho mai visto piangere. Sta piangendo, mi sta guardando, e- e non può aiutarmi. Non può aiutarmi, non può fare niente.» Un singhiozzo lo scuote. I suoi occhi sono terrorizzati, lucidi e consapevoli più che mai. Non ho mai visto una persona esternare un tale dolore; e fa male. Fa un male cane vederlo così, e fa ancora più male la consapevolezza di non sapere come aiutarlo.
«Aran, sono qua. Respira. Ti prego, respira, concentrati sulla mia voce. Sono qua. Sono qua.»
Lui sembra sentirmi e, lentamente, il suo respiro sembra farsi più regolare. Mentre continua a dondolarsi avanti e indietro come un bambino indifeso, mormora: «Come ho fatto a dimenticarmi di una cosa simile...»Cercando di capire a cosa possa star facendo riferimento, tutto ciò che mi viene in mente è la notizia alla radio che hanno passato prima. E ricordandomi del fatto che Aran è stato adottato, la pressione che il macigno esercita sul cuore non fa che peggiorare.
«Quell'orfanotrofio... era un posto davvero piccolo. Poche stanze per tantissimi bambini. Pochi dipendenti sottopagati e ancora meno sorveglianza.» Un altro singhiozzo lo fa sobbalzare, scuotendogli la schiena. Istintivamente gli afferro la mano, disegnando piccoli cerchi nel vano tentativo di donargli di conforto. «C'erano questi due ragazzi che erano particolarmente violenti. Non avevo idea del perché. Erano un concentrato terrificante di rabbia e violenza. Quando erano in turno, io e gli altri bambini-» I suoi occhi si chiudono, serrandosi, e la sua espressione si fa ancora più sofferente di prima, «io e gli altri bambini diventavamo degli oggetti. I loro sacchi da boxe. I loro giocattoli sessuali. Non avevano alcuna pietà. Valevamo meno della sporcizia. Non avevano alcuna pietà, Rintarō, alcuna pietà.»
Sentendo i miei occhi iniziare a farsi lucidi, rafforzo la presa sulla mano di Aran. Lui, dopo una breve pausa per riprendere fiato, continua con la sua storia, gettando fuori in un solo fiato tutta la sofferenza di cui si è fatto carico in questi anni. «Ho sempre avuto questo amico immaginario a farmi compagnia, in quel lurido posto. Quando avevo bisogno di lui, Daisuke era là. Mi aiutava a distrarmi, passava il tempo con me, era sempre al mio fianco. Il suo nome non significa forse "colui che aiuta"?» Sbuffa una breve risata amara, che però non fa altro che peggiorare la situazione. Le sue labbra si curvano ulteriormente verso il basso e i suoi occhi si fanno ancora più sofferenti, continuando a piangere. «Non ho mai parlato molto con gli altri bambini. Daisuke è sempre stato il mio unico amico. Anche quando i miei genitori mi hanno adottato lui continuava a stare con me, non mi ha mai abbandonato. Da che era frutto della mia fantasia, è diventato una presenza reale. Una costante della mia vita. Mi ha- mi ha aiutato a dimenticare tutto il dolore che ho patito in quell'orfanotrofio. Letteralmente. Mi ero dimenticato di tutto questo, fino a quando non ho sentito quella notizia, prima...» Lui alza la testa verso di me, guardandomi con occhi supplicanti, e non mi rendo conto di star piangendo anch'io finché una mia lacrima cade sulla sua mano. «Come si fa a dimenticare qualcosa del genere, Rintarō? Com'è possibile?» Si accascia su di me, singhiozzando più forte di prima. Io lo stringo fra le mie braccia, piangendo con lui, facendomi carico di tutto il dolore di cui si è fatto carico da solo negli ultimi undici anni.
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THE NEW BROKEN SCENE, osasuna
Fanfiction❝ La storia un quaderno dalla copertina nera, uno stereo che non vuole stare zitto, e una rondine di ghiaccio che impara a volare. ❞ ▬▬▬▬▬ 𝕱𝖆𝖓𝖋𝖎𝖈𝖙𝖎𝖔𝖓 :: 𝖑𝖔𝖓𝖌. : ̗̀➛ Rintarō è un giovane e promettente mangaka a cui la vita ha, semplicem...