Capitolo 5

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Pov. Clarke

Non so come ho fatto a rifiutarla, la sua voce, la sua mano, così morbida, mi toccava quasi con devozione, ma quando ho sentito la sua voce, tremendamente eccitante ordinarmi di andare da lei, ho preso quel briciolo di autocontrollo che mi era rimasto e l'ho usato per fuggire da quella stanza. Non sentivo tutto questo misto di emozioni da non so quanto tempo, oh Lexa, cosa diamine mi hai fatto.

Pov. Clarke

Dopo il turno vado da Octavia per vedere come sta, e mentre cammino per le strade buie mi ritorna in mente il tempo trascorso con Lexa, socchiudo gli occhi, godendomi quel tempo, solo nella mia mente, e sento in modo quasi nitido i suoi occhi sul mio corpo, mi guardava come si guarda un'opera d'arte e lei non è da meno.

Lexa è simile a una dea, mordo un labbro al pensiero di dipingerla su una tela, e tenerla solo per me, gelosa di tutta quella bellezza. Mi corrono nella mente i suoi occhi infuocati, le sue pupille dilatate dall'eccitazione, la sua pelle che rispondeva a ogni mio tocco, penso a ogni suo sguardo carico di lussuria e qualcosa, qualcosa che nemmeno io so catalogare, non so cos'era, ma era magico e devo rivederla o potrei impazzire.

Sospiro forte a tutte quelle immagini e metto la chiave nella toppa; si Octavia mi ha dato un paio di chiavi di riserva per qualsiasi emergenza.

Entro, ed è tutto buio, sorrido al fatto che è riuscita ad alzarsi per andare a letto. Cammino in punta di piedi cercando di non fare scricchiolare il pavimento, sono le 2:00 e non voglio svegliarla.

Entro in camera da letto e la vedo con la testa schiacciata sul cuscino, illuminata solo dalla televisione che faceva dei giochi di colore sulla pelle di O. Ruoto gli occhi quando vedo che sta vedendo un programma sulla lotta, che testa dura che è.

Mi spoglio, e sfiorando la pelle della mia schiena mentre mi levo il reggiseno, sento la mano di Lexa che mi accarezza la schiena e tutto mi torna in mente, oh sarà una lunga notte. Mi metto il pigiama e scivolo sotto le coperte, cercando di dormire con il dolce rumore del respiro di O.

Pov. Lexa

Esco dal privé, sto andando a fuoco, cerco i suoi occhi in quella stanza piena di gente, c'è gente che beve, gente che balla e gente che si bacia animatamente ma di Clarke, di quel diavoletto con le ali, di lei nessuna traccia.

Esco dal locale sconfitta, ricordando come Clarke mi ha fatta impazzire, la sua voce roca rimbomba nella mia testa, mentre le sue mani corrono sulle mie gambe e a quel pensiero sussulto, come se fosse ancora li, a continuare la sua dolce tortura, perché non ho visto solo malizia nei suoi movimenti, non ho sentito solo eccitazione, ho sentito di più, ho sentito una scintilla, un fuoco d'artificio, ogni volta che la nostra pelle si sfiorava, ogni volta che i nostri occhi si cercavano; si perché i nostri occhi non si incontravano, si cercavano, timidamente, senza dare nell'occhio, ma io e Clarke, in quella saletta, ci cercavamo in ogni modo.

Vengo risvegliata dal clacson del mio autista e salgo sull'auto quasi imbambolata pensando ancora a lei, e ripenso ai dettagli, ogni minima cosa, penso ai muscoli delle sue gambe, del suo addome, mentre si muoveva su di me, penso ai suoi boccoli che si sono mossi mentre si inginocchiava tra le mie gambe, i suoi occhi pieni di lussuria, le sue mani affusolate che in alcuni punti si stringevano di più nella mia pelle, la sua voce roca che ogni tanto tremava, mentre il suo corpo si muoveva sul mio, a cercare contatto, a cercare un minimo di sollievo, e le sue labbra, oh le sue labbra che a ogni singola strofa mi facevano letteralmente impazzire.

Lascio cadere la mia testa all'indietro e sospiro. Devo rivedere Clarke, ne va della mia sanità mentale.

Pov. Clarke

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