I giorni volavano al ospedale.
Le settimane volavano.
I mesi volavano.
Harry oramai era in grado di muoversi.
Louis passava tutto il sto tempo in ospedale, anche fuori orario. Tra loro cerca una di quelle complicità che sono rare da incontrare in una coppia. Una complicità alla quale bastava una parola per scoppiare in una risata eterna, bastava sfiorarsi per capire che non era opportuna un azione, bastava un silenzio per suscitare una carezza, bastava una lacrima per comporre un abbraccio. Affrontavano le crudeltà di quel ospedale assieme perché ormai avevano capito che qualsiasi cosa facessero assieme diventava meno brutta, diventava un occasione di passare del rampo con altro, di conoscerlo, di avvidinarsi. Passavano le giornate parlando di tutto ciò che gli piaceva e ciò che odiavano, ridevano alle banalità che avevano in comune, Louis leggenda libri ad Harry, Harry raccontava storie a Louis, ascoltando musica, cantando musica. Le loro voci erano perfette: quelle di Louis sapeva essere acuta e pungente, ma allo stesso tempo molto dolce; quella di Harry era profonda e persuasiva; ma quando le univano erano meglio di qualsiasi opera classica, di qualsiasi cantante pop, di qualsiasi urlo rock. Erano più di un suono: diventavano una promessa che parola dopo parola veniva scolpita nel loro cuori.
Poi arriva il momento della giornata preferito da entrambi: la passeggiatina quotidiana. Louis prendeva sotto braccio Harry. Lo guidava con la sua voce. Gli spiegava ogni movimento che doveva fare. Gli raccontava tutto quello che vedeva. Harry amava sempre di più quelle parole. Ad Harry piaceva più il mondo visto in gli occhi di Louis che quello che si ricordava, magari era la sicurezza che gli trasmetteva del braccio stretto al suo, quel tono disponibile sta di fatto che Harry non pensava a niente in quel momento, non sognava niente, non voleva un futuro, voleva solo quel presente: accanto a Louis, accanto alla sua voce.
Avevano la loro panchina quotidiana nel giardino sulla quale si sedevano ogni giorno per minimo un ora. Lì iniziavo a parlare. Louis viveva conoscere Harry, voleva sapere il suo passato ma non osava perché sapeva che gli faceva male. Allo stesso tempo non voleva parlare di se stesso perché anche per lui era un pessimo periodo, appena lasciva l'ospedale, appena non era più accanto ad Harry, subito un incubo lo terrorizzava: da quando Eleanor aveva notato un cambiamento in Louis aveva iniziato ad insistere per fissare una data per il matrimonio nella speranza che quella cosa li avrebbe fatti riavvicinare, ma Louis non voleva più lei. Non voleva sposarla. La aveva amata, almeno, questo era quello che aveva pensato prima di conoscere Harry. Così ogni volta si trovava a dover trovare scuse per non decidere il giorno.
"A cosa pensi Harry?"
Louis aveva la testa appoggiata alla spalla di Harry. Erano seduti sulla loro panchina. Un tiepido pomeriggio di marzo.
"Che la piccolezza di questo posto, attraverso i tuoi occhi mi piace."
"A me non piace molto. Infatti devo dirti una cosa."
"Devo avere paura?"
Louis sorride e Harry senti quel sorriso.
"Ho parlato con il dottor Antonof. Gli ho chiesto come considerava le tue condizioni. Mi ha detto che le fratture sono guarite completamente. Ma ovviamente non puoi forzarle. Allora io gli ho chiesto se potevo portarti fuori per provare dal affrontare il mondo esterno. Lui mi ha chiesto se ero pronto a prendermi questa reponsabilità. Quindi io Louis Tomlinson ti chiedo se ti va di affrontare questo mondo, e io Louis Tomlinson giuro che se acconsentirai io sarò sempre altro fianco per aiutarti." Chiese con foce gonfia come se stesse facendo un offerta di matrimonio.
"Davvero faresti questo? Cioè tu mi daresti il tuo tempo. Ti porteresti cure di me fino a questo punto?"
"Harry..." Louis sollevo la testa dalla spalla per alzarsi e subito risedersi delle ginocchia di Harry, poi prendendo tra le sue mani il visto pallido del angelo che aveva difronte continuò "Harry, io non ti do il mio tempo, io ti do la mia vita. Io non ti do i miei occhi, io ti do tutta la mia fantasia. Io non mi prendo cura di te, io ti porto via con me. Io Harry ...io non riesco più a ..."
"Baciami."
Louis a quella richiesta fu trafitto da una fitta allo stomaco che non gli guarì mai più, ma il dolore lo provava solo quando era lontano da Harry. Come una infinita voglia di lui. Un incolmabile voglia di lui.
Socchiuse gli occhi.
Lentamente si avvicinò a quelle labbra sottili che da tempo, tanto tempo desiderava assaggiare.
Le loro labbra si sfiorarono, poi si baciarono lentamente per poter assaporare profondamente ogni singolo millimetro dell'altro. Senza neanche pensarci dopo pochi secondi entrambe le bocche si aprirono per permettere alla altro di persuaderlo.
Nulla. Non c'era più nulla tra loro. Non c'era più nulla intorno a loro. Solo loro abbracciati, seduti su una panchina che aveva visto tutti i giorni quei due ragazzi cercarsi, avvicinarsi, sfiorarsi ed infine unirsi in quel bacio infinito.
"Lo prendo come un si."
Disse Louis staccandosi a malincuore.
Harry rispose stringendo la mano tra i capelli di Louis, riavvicinandolo per continuare quel bacio perfetto."Allora siamo pronti?"
La mattina seguente Louis sorridendo entrò nella stanza di Harry. Era presto rispetto al solito, ma l'idea di portare Harry al mare lo riempiva di estasi che gli impediva di aspettare un secondo di più.
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You were my eyes
Fanfiction"sapevo che il tuo desiderio era troppo grande perchè un stella cadendo lo esaudisse. Così ho deciso di essere io la stella, ho deciso di cadere io per te."