Selene
Cucinare era più difficile del previsto. Non ero mai stata attenta alle lezioni che mi aveva dato Aura. Presi la carne e la misi nella pentola a bollire sul camino. Era venuta una strana zuppa di carote, cipolle, verdure varie e carne. Anche se aveva un odore buono, non osavo adsaggiarla.
Ahala e Ramon erano andati al lago a pescare, ma non erano ancora tornati. Raramente portavano a casa del pesce.
Namti stava sempre per fatti suoi, diceva di star allenarsi nei boschi, ma non gli credevo. Tuttavia tornava sempre per l'ora di cena.
Destiny non si vedeva mai, scompariva per giorni. Ma io sapevo dove trovarla. Passava il tempo a "meditare" (se si poteva chiamare così) in un tempio abbandonato sulla roccia. Il luogo non era troppo distante dalla casa dove vivevamo ormai da ben due anni.
Dopo esser sfuggiti a Senior Black (così lo chiamava Destiny) salendo a bordo di una nave, non sapevamo dove stessimo andando, non avevamo una meta.
Una tempesta ci aveva colti alla sprovvista e il mattino dopo ci eravamo ritrovati su una spiaggia di sabbia rosa. Della nave restava poco. Non sapevamo dove vi trovavamo, ma dopo giorni di cammino nell'entroterra, eravamo arrivati ad un villaggio. Le case erano ben costruite e sul tetto di una sventolava una bandiera azzurra con un fiore di loto dorato. Non osammo parlare con quella popolazione, che ci osservava con occhi sgranati.
Avevamo trovato quella casa abbandonata e ci eravamo stabiliti lì. Era una fattoria, ma le staccionate di legno dei recinti erano in parte cadute. Il tetto dell'abitazione aveva un buco dal quale entrava la pioggia, perciò Ahala dovette impegnarsi per aggiustarlo.
Ramon, invece, aveva curato le ferite di Destiny e quella che avevo sul braccio.La casa si trovava tra due boschi, ed un sentiero tra gli alberi portava ad essa.
Non volevamo avere contatti con la popolazione di Avreadel (così si chiamava il luogo in cui ci trovavamo) quindi non andavamo mai al paese.
Il vecchio tempio nel quale il Leader trascorreva il suo tempo era su una alta roccia, più una montagna. Ci si arrivava salendo tante scale.Impugnai il mestolo. Dovevo assaggiare quella "zuppa". Avevo catturato un solo coniglio quella mattina. Gli animali si vedevano di rado perché si erano ritirati nelle loro tane. La neve stava per arrivare.
Mischiai la zuppa. Delle bolle si erano formare sulla superficie e scoppiettavano mentre le verdure galleggiavano.
Mi portai il mestolo alla bocca, ma mi fermai, rimanendo come in attesa. Avevo ripetuto tante volte quel gesto. Aspettavo che Aura mi sgridasse, dicendomi che non era ancora pronto. Ma lei non avrebbe parlato quella volta. Era morta da anni ormai. Chiusi gli occhi per un attimo.
Sangue, i demoni neri che dilaniavano le carni, le urla, i cadaveri.
«Dive è Destiny? Dove è Destiny?» la voce di Leida mi tornó alla mente.
La spada trafisse il corpo di Aura e la vita la abbandonò. Io non avevo fatto nulla. Ero rimasta a guardare.
Un mobile di legno tremó, un brivido mi percorse la schiena mentre tremavo per la rabbia e la paura. Il mestolo voló contro la porta che in quel momento si aprí.
L'uomo dai lunghi capelli rossi schivó l'oggetto. Ahala mi fissò e con fare scherzoso disse, osservando la zuppa:« Che c'è, non è buona?»
Sospirai. Mi ero fatta prendere da un'altra crisi.
«Tutto bene?» mi chiese poi Ahala.
Mi alzai da terra. «Si. Sto bene.»
«Oggi niente pesce.» sopraggiunse Ramon, con una canna da pesca in spalla.
«Forse perché i pesci hanno paura di te.» Ahala incroció le braccia al petto.
«Sei tu che li spaventi! Parli in continuo e non stai mai fermo! La pesca richiede silenzio! »
«In verità sei tu che non riesci a smettere di parlare.» le labbra di Ahala si poegarono in un mezzo sorriso.
«Certo, tu mi provochi!»
Da quando quei due parlavano così tra loro?
Sorrisi guardando Ramon e Ahala discutere.
Il Guardiano dai capelli rossi era sempre più divertito.
Una bionda chioma superò l'uscio della porta. Il ragazzo aveva un arco di legno in spalla , mentre in mano teneva una corda alla quale erano legati degli animali. I suoi occhi azzurri non trasmettevano più la solita brezza marina, da molto eran diventati di ghiaccio. Quando Namti entrò nella casa, calò il silenzio. L'arciere scaraventó sul tavolo i tre conigli e la pernice che aveva catturato e si levò l'arco dalla spalla, posando lo sulla superficie lignea.
Si sedette lentamente su una sedia di fronte. Io, Ahala e Ramon ci guardavamo tra noi. Namti prese ad accarezzare le piume della pernice, osservando l'animale.
«Namti...» disse Ahala.
«Hai preso un bel po' di roba!» esclamò Ramon.
«Sei tornato.» dissi. Namti mi rivolse un breve sguardo prima di tornare ad accarezzare la sua pernice.
«L'inverno sta arrivando. Bisogna richiamare Destiny, farà freddo. » disse l'arciere con parole fredde e distaccate. Da molto non osavo abbracciarlo. Era diventato strano. Si era come chiuso in sé stesso. Ma io non avevo smesso di amarlo.
«Tu hai visto Destiny ultimamente?» mi chiese Ahala.
«Sai che non viene mai.»risposi.
«Dici che è ancora lassù?» disse Ramon.
«Probabile. Ma io non vado a chiamarla stavolta. Ci sono già andata l'altro ieri. Tocca a te Ahala.»
«No. Veramente io ci sono andato ieri. Quindi tocca a Ramon.» rispose Ahala.
«Cosa c'è da mangiare?» chiese Namti, lentamente, con la sua nuova voce glaciale alla quale nessuno di noi si era ancora abituato.
«Ma non è vero! Io ci sono andata ieri. Tu non ci vai mai!» ribatté la maga, guardando in cagnaesco il ragazzo dai capelli rossi.
«Io non mi faccio le scale anche oggi!» dissi. I gradini erano troppi e molti di essi cadevano a pezzi.
« Ma perché Destiny insiste ad andare lì? Qualcuno può dirle di smetterla? Io non andrò a chiamarla! Che scenda lei!» si lamentó Ahala.
«Sai bene che Destiny sta male.» gli ricordó Ramon. «Sta peggio di tutti noi.»
Vi fu un momento di silenzio. L'unico rumore era quello della zuppa che bolliva in pentola. Namti la osservava.
«Quindi? Chi va?» chiese allora Ramon.
«Ahala. » dissi
«Selene. » disse Ramon.
«Selene.» disse Ahala.
Avevamo. Risposto tutti allo stesso tempo e in pochi secondi mi ritrovai fuori casa.
Sospirai e mi incamminai per il sentiero.Le scale di pietra erano ripide e impiegai molto per arrivare in cima.
Le piante rampicanti erano avvinghiate intorno alle antiche colonne del tempio. Alcune di queste erano a terra, spezzate, i capitelli rovinati. Il vento soffiava forte e giocava con la lunga chioma ramata di Destiny. La sua armatura bianca e dorata era splendente. Destiny insisteva per mantenerla sempre pulita.
Il Leader sedeva su un grande capitello. Teneva le gambe incrociate e le mani appoggiate sulle ginocchia.
Misi un piede dopo l'altro, attenta a non inciampare sui massi.
Destiny percepí i miei movimenti e giró il capo di lato. Nei suoi occhi ambrati vidi tutta la sofferenza che provava dentro di sé.«Destiny.» dissi.
«senti questo silenzio, Selene. Questa è pace, vera pace. »
«La pace non esiste, Destiny.»
Rimase in silenzio.
«Lui mi sta cercando, lo sento.»disse poi.
Lui chi?
«Di chi stai parlando?»
«Senior Black mi troverà prima o poi.»
«Ne sei sicura?»
«Mi ha vista. Certo che mi sta cercando. Ma io non mi muoverò da qui. Lo aspetterò.»
«E che farai?»
Il Leader guardó la maschera dorata che aveva di fronte. Il taglio profondo la attraversava, aveva inciso il metallo, ma non lo aveva penetrato.
«È da tanto che non ti vediamo.» Era dimagrita e l'armatura le pesava. I capelli le eran cresciuti in quei due anni. «Perché non scendi e pranzi con noi?»
«No.»
«Ti farebbe bene.»
«No.»
Mi rassegnai. «L'inverno sta arrivando. Farà freddo e a casa c'è il fuoco. Pensa alla mia offerta.»
Non rispose, continuando a guardare la maschera dorata.
Scesi il primo gradino delle scale. Ci avrei messo il doppio del tempo che avevo impiegato per salire.
« Penso di avere un piano.» Disse Destiny ad un tratto. Mi bloccai.
«che piano?»
« Forse potremmo combattere Senior Black, ma non da soli.»
«E cosa hai intenzione di fare?»
«Non lo so ancora. Ma ho un piano.»
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Light yourself: Gocce Di Eterno Splendore
Fantasy[𝕀𝕟 𝕔𝕠𝕣𝕤𝕠] 𝕊𝕖𝕔𝕠𝕟𝕕𝕠 𝕃𝕚𝕓𝕣𝕠 «Non ti lascerò mai, Manfredi. Mai!» mi disse, afferrandomi per un braccio. La sua stretta era forte, possessiva. «Uffa! Dovrò sopportati per un periodo di tempo troppo lungo» mi lamentai, senza staccare...