Capitolo 3;

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Avevo come l'impressione di averlo già visto,
come se quegli occhi, quel volto e quei lineamenti
fossero a me familiari, come se li conoscessi da una vita.
Come se lo avessi già incontrato, nonostante non lo
avessi mai incontrato prima d'ora.


Poggiai la mano sulla maniglia fredda della porta e la tirai giù, facendo si che la porta di casa si aprisse.
Misi un piede fuori dalla porta e mi girai verso casa "Io esco" dissi.

Non mi aspettavo che Andrew mi rispondesse in quel momento, d'altro canto non mi aveva quasi considerato per l'intera giornata, quindi mi meravigliai molto quando sentii la sua voce dura dal fondo del corridoio rispondermi.

"E dove diavolo pensi di andare a quest'ora?" tuonò comparendo dalla penombra del corridoio.

Reggeva in mano una bottiglia di birra mezza vuota e in cucina cen'erano molte altre sparse vuote, aveva passato quasi l'intero pomeriggio a bere e fumare per un motivo a me sconosciuto.
Quell'uomo non lo avrei mai compreso, era troppo enigmatico e freddo nei miei confronti e, quando sentii quelle parole, mi meravigliai davvero di quel suo finto interesse verso i miei confronti.

Non gli era mai importato quando e con chi uscissi, anche se uscivo ben poco da quando mi ero trasferita li da lui, quindi non comprendevo davvero il motivo di quelle sue parole.

"A casa di una mia amica" risposi normalmente, cercando di nascondere il mio fastidio nel tono di voce.

Andrew continuò a camminare o meglio dire, a barcollare verso di me, sempre con la sua bottiglia in mano che sembrava stesse per scivolargli dalle dita.
"E a chi l'hai chiesto?" disse continuando a camminare.

Arricciai la bocca e feci un passo indietro, poi un'altro fino ad arrivare completamente fuori di casa.

"Te lo sto dicendo adesso e comunque sto facendo davvero tardi" mi giustificai.

Andrew poggiò una mano sullo stipite della porta di casa, come per reggersi e mi guardo rabbiosamente "E se io te lo impedissi?"

Spalancai gli occhi "Co-cosa? E perchè dovresti? Credo di avere il diritto di uscire, sono grande."
Lui sogghignò "Oh davvero? Ma tu vivi a casa mia e, fin quando tu sei qui, io detto legge."
Continuai a guardarlo sorpresa.
E da quando in qua lui mi parlava in questa maniera? Proprio oggi che dovevo andare via lui aveva avuto la brillante idea di diventare improvvisamente 'protettivo' o 'autoritario' nei miei confronti?
Questo non era tollerabile, no.

"Senti Andrew, a me non mi interessa come la pensi, ciao." sbottai girandomi e cominciando a scendere i tre gradini davanti alla porta di casa.

Continuai a camminare per il viottolo di casa, stringendomi il più possibile la giacca al petto per evitare il freddo di quella serata.
Sapevo che alle mie spalle c'era Andrew, ma non sapevo che era esattamente a pochi metri da me.
Fu proprio quando mi richiamò che me ne accorsi.

"Forse tu non hai capito, ora torni dentro e fai quello che devi fare." sibilò lui.
Mi girai innervosita verso di lui "Cosa? Se intendi pulire, ho già pulito. Se intendi i compiti, li ho già fatti. Se vuoi che cucini, non c'è nemmeno un broccolo in frigorifero quindi non saprei nemmeno cosa fare! E ora lasciami stare, devo andare."

Lui mi guardò minaccioso e, con un gesto brusco, lanciò la bottiglia di birra ancora piena alla sua sinistra, facendola sfracellare contro l'asfalto duro.

Sussultai quando il rumore del vetro che andava in frantumi mi arrivò alle orecchie.

"Ti ripeto" disse lui facendo un ulteriore passo verso di me "Ora tu vai dentro e fai quello che devi fare."
"No!" sbottai alzando leggermente la voce "Io non torno dentro."
"Non azzardarti ad alzare la voce con me!" sbraitò lui e, senza darmi il tempo di ribattere, alzò la mano in aria e la fece scontrare duramente contro la mia guancia, facendomi cadere di peso contro il suolo freddo.

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