capitolo 4;

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E ci metti una vita a capire
E ci metti una vita a cambiare
A decidere chi sei, a decidere cosa farai.
E ci metterai più di una vita a capire perchè quegli
occhi, in quel momento, sembravano
gridarti tutto l'amore del mondo.

Mi portai una mano davanti alla bocca cercando di non urlare, ma fu praticamente impossibile.
"NO!" urlai senza volerlo davvero.

Quando un ragazzo si girò sorpreso nel vedermi, mi portai una mano sulla bocca, cercando di tapparmela.

"E tu che cazzo ci fai qui?" disse sempre lui, girandosi totalmente.
Anche altri ragazzi nella stanza si girarono, sorpresi e scoccati nel vedermi li.

Io scossi la testa, gli occhi umidi dalle lacrime, sempre con la mano sulla mia bocca.
Non sapevo cosa dire, non sapevo come giustificare la mia presenza sbagliata in quella stanza.

"Allora? Ti ho detto cosa ci fai qui!" sbottò il ragazzo venendomi incontro.
Io continuai a rimanere immobile nella mia posizione, non ero nemmeno in grado di muovere un solo muscolo.

"Cazzo, ti avevo detto di chiudere la porta a chiave!" urlò un altro ragazzo.

Tutta la situazione era surreale, come se non fossi lì, come se fosse tutto quanto un sogno o meglio dire, incubo.

Quel ragazzo era lì, con le ginocchia sul pavimento e il volto rivolto verso il soffitto, come se fosse in preghiera mentre il suo volto era ricoperto di sangue.
Sembrava una scena di un film horror, i suoi vestiti malridotti e macchiati di rosso, il tremolio del suo corpo, i capelli arruffati e bagnati di sudore, i suoi occhi chiusi e le sue labbra serrate.

E il ragazzo in piedi di fronte a lui, con il cappello blu calato in testa e la testa leggermente piegata e a lato faceva paura.

Reggeva una pistola grigia in mano, saldamente puntata contro il ragazzo a terra e l'altra mano era infilata nella tasca.
Aveva un atteggiamento tranquillo, come se tutto quello fosse normale.
Era da brividi.

Fu lo stesso ragazzo con la pistola in mano a parlare "Prendetela."

Il panico, che già era completamente impossessato di me, aumentò ancora di più a quelle sue parole tanto fredde quanto crudeli.

No, non poteva succedere, non di novo.

Feci un passo indietro e andai a sbattere contro il muro "No vi prego, non di nuovo" urlai portandomi le mani davanti..

*flashback*

"DOVE SONO PEATER E MIO MARITO?!" urlò mia madre tra i singhiozzi "ANJELIE!"
"Robby, hai fatto fuori quegli altri, vero?" chiese l'uomo con la voce familiare
"Si capo" disse un altro

"Ecco a te la risposta, e ora dimmi dove cazzo è la mia roba!" sbraitò "Ti do tre secondi, dopo di che me la dovrò cercare da solo."

Non sentii nessun verso o suono provenire da mia madre. Ma poi improvvisamente cominciò ad urlare.

"Uno" disse l'uomo non considerando i suoi urli isterici.
Ma mia madre non reagì, continuò ad urlare e basta.

Mi presi la testa fra le mani, dovevo fare qualcosa. Strinsi saldamente al mio petto l'arma.

Alzati Anjelie, prendi coraggio e alzati.

"Due"

Salvala.

"Tre"

Ora o mai più.

"SONO QUI!!" urlai tra i singhiozzi uscendo da dentro la dispensa.

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