THE AWAKENING

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Nulla.

Attorno a lui non c'è assolutamente nulla.

Una luce bianca proveniva dal soffitto.

Disteso sul freddo pavimento, un ragazzo stava riprendendo conoscenza. Cercò di alzarsi, ma un forte dolore alla testa gli e lo impedì. Un movimento alla sua sinistra attirò la sua attenzione, ma quando volse lo sguardo ciò che vide fu solo il suo riflesso, proiettato da un enorme specchio che ricopriva l'intero muro. Continuando ad avvertire quel movimento attorno a lui, il ragazzo iniziò a guardarsi in torno, ma l'unica cosa che riuscì a vedere era sempre e solo il suo riflesso, così capì che la stanza dove si trovava era coperta di specchi.

Non sembrava esserci via di fuga, ma il ragazzo continuava a cercare con lo sguardo. Dopo un bel po' di tempo passato a guardarsi attorno, le pareti iniziarono a non sembrare più tutte uguali, e il giovane uomo riuscì a vedere una specie di corridoio, anch'esso ricoperto di specchi.

Riuscì a rialzarsi con molta fatica, poiché la testa era ancora dolorante. Iniziò lentamente a camminare verso quello, che lui credeva essere un corridoio, sperando che i suoi occhi non l'avessero ingannato, e per fortuna essi non avevano fallito, adesso quella stradina, che prima sembrava invisibile, da più vicino si vedeva perfettamente, ma per sicurezza controllò tutta la stanza, in caso ci fosse un'altra uscita ancora più nascosta, ma non trovò nulla.

Si fermò all'inizio del corridoio e, sospirando pesantemente, imboccò quella via che sembrava infinita. Passò un bel po' di tempo dall'inizio del suo cammino, e il ragazzo non vedeva nient'altro che il suo riflesso.

Delle domande continuavano a tormentare la sua mente.

Dove sono finito?

Chi mi ha portato qui?

Perché non ricordo più niente?

Erano queste le domande a cui cercava una risposta, ma sembrava non trovare una spiegazione plausibile a ciò che stava vivendo in quel momento.

Per quanto quella situazione sembrasse inverosimile, il ragazzo si pizzicò il braccio, credendo che con quel gesto il corridoio di specchi svanisse, e che lui si sarebbe ritrovato nel suo comodo letto, pronto a prepararsi per un'altra stancante giornata di scuola, ma niente di tutto ciò accadde, lui era ancora lì, in quel corridoio freddo, da solo, continuando a camminare, senza sapere quando sarebbe arrivato alla fine di quegli specchi così fastidiosi.

Passò una mezz'oretta a camminare e ancora il paesaggio non era cambiato, era sempre uguale. Perlomeno la strada non era completamente dritta, alcune volte dovette scegliere il percorso da fare, decidere se andare a destra o a sinistra o proseguire dritto, trovandosi alcune volte di fronte ad un vicolo cieco, che costringeva il poverino a tornare in dietro e percorrere un'altra via.

Si fermò per la stanchezza, ormai era quasi un ora che vagava come uno spettro in cerca di pace. Si sedette con la schiena poggiata su qualcosa di ruvido.

Inizialmente non si accorse di nulla, ma poi una domanda gli sorse spontanea...

Ma gli specchi non sono tutti lisci?

Così voltò il capo e si rese conto che dietro di lui non c'era uno specchio, ma bensì una porta d'acciaio ruvido. Si alzò di corsa per aprirla ed uscire da lì, ma quella spessa anta non aveva nessuna maniglia.

Il ragazzo rimase immobile a quella visione, pensò anche di provare a buttarla giù, ma era troppo dura per scalfirla.

Stava per arrendersi, quando si accorse che al centro della porta c'era un incisione, il giovane la lesse.

"Who are you?"

Era l'unica cosa scritta.

Il ragazzo rimase interdetto, non capendo cosa fare. Dopo pochi minuti decise di rispondere, ancora un po' perplesso.

"M-mi chiamo..."

"Mi chiamo..."

"Eichiro"

"Kaii"

E dopo quella risposta la porta si aprì da sola, rivelando una altro corridoio non particolarmente lungo, in lontananza poteva già intravedere un portone.





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