13. Attempt at goodness.

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Minuti, ore, giorni.

Non sentivo Mike dal giorno del suo compleanno.

Qualche giorno dopo avevo anche deciso di chiamarlo e scusarmi ma non appena ho sentito la sua voce aldilà della cornetta non ne ho avuto il coraggio, o meglio, avevo capito che non sarebbe stato corretto nei confronti del mio migliore amico, perciò ho riagganciato subito.

Quando ci incontravamo per caso facevamo finta di non vederci, se ci trovavamo entrambi al Liberty Diner, lo stesso.

Stava diventando una specie di tortura, ma non potevo evitare che questo accadesse.

L'avevo fatto per lui, per dargli una possibilità, per fargli capire che non sarei potuto essere io il centro della sua esistenza più di quanto non lo fossi già stato.

Tentando di autoconvincermene, ho affrontato così i giorni successivi, ovviamente, tentando di non frequentare troppo i luoghi dove avrei facilmente potuto incontrarlo, come la palestra.

Era passata una settimana dal suo compleanno e mi ero quasi completamente isolato.

- "Quasi?! O ma dai non scherziamo. Il rapporto più intimo che hai avuto in questi ultimi sei giorni è stato con il tapis roulant!" La mia vocina interiore (che ho appena deciso di chiamare Ivy vista la quantità di volte che entra in gioco nel mio racconto), come avrete appena capito, non era molto contenta del mio modo di gestire questa situazione, anzi, era piuttosto arrabbiata. -

Tra le tante cose, come lei, anche la mia amata segretaria, non appena mi ha visto mettere piede nel mio ufficio ha deciso di elencarmi tutti coloro che avevano chiesto di me in quel breve periodo di pausa che mi ero preso, compreso il mio capo, e poi ha pensato bene di metterci la ciliegina sulla torta chiedendomi se Mike fosse andato in vacanza visto il suo silenzio stampa di, come dicevo, una settimana in cui non chiamava ogni cinque minuti.

Con lei ero riuscito a sorvolare la questione, ma non potevo sparire completamente per tutti, dovevo far credere che per me fosse tutto normale, perciò ho preso il telefono e ho chiamato Ted.

«Ted Smith» ha detto lui rispondendo alla mia chiamata.

«Brian» mi sono affrettato a rispondergli.

Lui, come immagino voi, dopo qualche secondo di silenzio, con una voce incredula, ha chiesto di quale Brian si trattasse.

«Indovina un po' idiota.. Sono io» gli ho risposto, già scocciato per averlo dovuto chiamare.

Ted mi ha risposto che non mi aveva riconosciuto perché era la prima volta che lo chiamavo.

Effettivamente non aveva tutti i torti, era come se lui ed Emmett mi fossero capitati tipo pacchetto completo una volta preso Mike.

Comunque, gli ho risposto che era il suo giorno fortunato, ma lui voleva fare il bambino capriccioso e mi ha risposto che con me non voleva parlarci.

"Vedi tu che mi tocca fare" ho pensato immediatamente.

Poi gli ho chiesto cosa avrebbe fatto quella sera e poiché non aveva ancora in mente nulla, gli ho detto di farmi sapere se gli andasse di vederci.

«Io e te?» Mi ha chiesto lui indeciso.

«Sembri sorpreso» gli ho fatto notare.

«Beh no, sarei sorpreso se vincessi alla lotteria, se un'asteroide colpisse la terra o se si scoprisse che Elton John è etero. Io sono attonito.» Mi ha risposto lui cantilenante.

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